google-site-verification: google933a38d5a056903e.html
ALBUM & CD

Groupies + Musica = 200 Motels

Uno sguardo dentro un'epoca che non tornerà attraverso 200 Motels

C’è stato un tempo in cui la musica che ci circondava era così tanta e così di grande qualità che scambiarsi i vinili era una necessità, più che una scelta. I cd non si sciupano, se non da soli quelli più anziani, ma il vinile era e resta delicatissimo : una estrazione dalla busta errata, un vizio eccessivo nell’appoggiare le dita sui solchi, un metodo approssimativo nel pulirli dalla polvere… e il disco diventava un pezzo di plastica inutile per chi aveva orecchie delicate e odiava i crack durante gli ascolti. Perché vi ricordo questa banalità ? Perché ricordo perfettamente ogni volta che un disco mi tornava a casa e dopo una sequenza di bestemmie irriferibili mi sedevo a pensare dove avrei trovato i soldi per ricomprarlo. E come avrei punito il malfattore.

Ricordo il mio The times they are-a changin’ che rientrò alla base con un graffio che rovinava l’intera prima facciata; sta ancora lì, a fianco al sostituto, a imperituro ricordo di come si possa essere così deficienti da mettere un disco in mano a quel tipo che, a Dio piacendo, non incontro più da oltre quarant’anni.

Un altro disco che tornò a casa rovinato fu quel 200 Motels di Zappa che avevo ascoltato solo un paio di volte. Il tipo che me lo chiese lo tenne con sé per oltre un mese, una sorta di rapimento, ma devo ammettere che non soffrii più di tanto dal distacco. Non lo avevo apprezzato. Anzi, a dire il vero non mi era proprio piaciuto : troppi dialoghi, canzoncine buffe di cui non capivo lo scopo, qualcosa di orchestrale, nulla dello Zappa che avevo imparato a conoscere.

In realtà non trovavo estratti strumentali che attirassero la mia attenzione e poi, a dirla tutta, non ci avevo capito un beneamato cazzo della storia che il disco voleva narrare. Sì, certamente, sapevo che era la colonna sonora di un film che non avevo visto e che non avrei avuto modo di vedere se non alcuni anni dopo, ma proprio per questo e per la poca attrattiva, lo avevo accantonato e non sentivo la mancanza nel periodo di latitanza dalla mia libreria. Voglio fare definitiva ammenda e confesso per la prima volta che lo avevo comperato anche perché conteneva un libretto che speravo mi avrebbe rivelato chissà quali misteri ed un poster che mi era sembrato bellissimo. Ma la musica no.

La superficialità con cui stavo entrando nella Grande Chiesa della Musica Zappiana non mi aveva neppure messo la pulce nell’orecchio spingendomi al confronto con il predecessore Fillmore East June 1971 uscito solo pochi mesi prima e che conteneva ben più di un indizio…molto di più… per la comprensione sia del film che della colonna sonora.

Il mio inglese assolutamente scarso di quei tempi mi impediva pure di seguire la storia delle groupies, degli incontri con le rockstars, dei mille tentativi di questi ultimi di farsele, ma sopra ogni cosa della incredibile carica umoristica che grondava dai dialoghi del Fillmore, specialmente nelle voci di secondo piano. Mark Volman e il socio Howard Kaylan non erano ancora per me due brillanti di quella era zappiana.

Poi, una sera che a Londra non c’era uno straccio di concerto che valesse la pena di essere visto, mi infilai dentro un cinemino di Soho con una platea da cinquanta posti o giù di lì a vedere, finalmente, 200 Motels. Uscii avendo capito qualcosina di più, ma capivo che molto mi sfuggiva ancora. Certamente la mente contorta dell’autore il suo approccio in parte approssimativo , in parte dilettantistico all’arte cinematografica, unita alla sua perenne necessità di dire e dare sempre molto e tutto insieme, lo rendeva un’opera…molto particolare. Ma se l’attitudine del maestro di sovrapporre e dare musica difficile, densa, piena di contenuti e stili ne ha fatto una caratteristica unica ed un genere musicale irripetibile, quello che Frank ha proposto da un lato visivo avrebbe meritato una maggiore applicazione. Non a caso molti progetti di film e opere teatrali che ha composto e organizzato in vita non hanno sostanzialmente mai visto la luce.

Il motivo per cui sono qui oggi a cospargermi il capo di cenere e ammettere di non aver capito fin da subito la bellezza ed il fascino di quella musica me lo dà la prossima uscita, in novembre, in versione superdeluxe dell’originale colonna sonora e, infine, del dvd del film di 200 Motels.

Aver imparato ad apprezzare quel disco e quella musica, ha significato, per me, aver imparato a riconoscere e ricostruire tutta la “continuità concettuale” che sta alla base della sequenza dei prodotti che, a un ascoltatore dedicato, possono apparire come un unicum, una scansione logica con un evidente filo conduttore…per quanto questo possa apparire folle in una discografia di quasi 150 titoli.

Una cosa, però, mi pare corretto specificarla : al di là della mia personale passione per il più grande compositore del secolo scorso, l’uscita di una edizione speciale di 200 Motels è uno sguardo dentro un’era particolare, un periodo in cui non esistevano i videoclip per come li intendiamo oggigiorno, in cui le varie arti, figurative, musicali, cinematografiche si confondevano e sovrapponevano senza non solo competizione ma addirittura nella speranza che l’una fosse di compendio all’altra; un’epoca in cui c’era chi donava la propria musica al cinema… e gli esempi sono millanta…Dylan, i Pink Floyd, le dozzine di cineasti di fine sessanta/inizi settanta e chi filmava pensando alla musica. In un momento di visione globale, mi permetterei di sgattaiolare dal recinto della pura musica e vi proporrei come esempio il montaggio datato 1966, e raramente raggiunto in seguito, delle musiche di Morricone con il film principe dei cosiddetti “spaghetti western”, Il Buono, il Brutto e il Cattivo, un esempio incredibile di come il montaggio sembri andare sempre di pari passo con le immagini, come se l’una fosse stata composta o filmata già con l’altra in mente. Un esempio di genio italico. Ma tornando alla nostra America del 1970/71, la cultura, il cambiamento, il sogno di rivoluzionare il mondo, di sotterrare il potere con una risata, di ironizzare sulla vita quotidiana e sulle sue pecche , di mettere il re al nudo era lo scopo per cui ci si alzava ogni mattina.

In quest’ottica il film deve essere visto e inquadrato, giudicato e soppesato, tenendo ben presente che, dato che si tratta di un autore estremamente creativo e prolifico, la musica non solo non è di contorno, ma pare essere lo spirito guida dell’intera idea.

Nel 1970 Zappa approdava per la seconda volta in Europa, un ambiente alieno per un americano… per quanto italo-americano… che gli aveva dato spunti per capire quanto limitata fosse la visione culturale del proprio paese. Laddove gli americani avrebbero festeggiato i primi duecento anni della loro storia, in Europa si respiravano, per chi lo voleva, millenni di storia e culture sovrapposte. Francamente non saprei dire se lo Zappa abbia mai veramente capito a fondo l’immensa differenza tra le due culture – in buona fede potrei ricordare sconvolgenti esempi di ignobile pensiero di certi musicisti americani che mi sono portato in giro per Roma un paio di vite or sono – ma sicuramente gli sarà stato elemento di riflessione. Su tutto porterei ad esempio la differente immagine dei musicisti americani, quelli della rivoluzione, approdati nella terra della “vera rivoluzione” che ispirò i testi, raramente utilizzati, di Holiday in Berlin.

Certamente la visione della religione per come la viviamo noi europei e noi italiani in particolare, è anni luce lontana da quella che gli americani hanno imparato a conoscere, fin dai tempi di Tammy Faye e Jim Bakker , i primi due televangelisti coinvolti in un scandalo tutto americano… sicuramente per Zappa il nostro Papa non era poi così distante dagli odiati Jimmy Swaggart o Pat Robertson o Jerry Falwell, i telepredicatori più noti. E fa specie, pensandoci bene, che Patti Smith avesse preso una sbandata per Albino Luciani… ma se avrete la voglia di approfondire, a giorni uscirà il film sullo scandalo dei Bakker, un film che arriverà in Italia con il nome di Gli occhi di Tammy Faye.

Abbiamo divagato… la storia di 200 Motels è molto più terrena. Le groupies avevano avuto un impatto sconvolgente sulla musica rock, dalle sorelle Plastercaster in poi e Zappa, che del sesso ha sempre avuto una visione estremamente ironica e dissacrante, non perse occasione per dedicare proprio a loro non solo una canzone, Road Ladies, ma un intero film, oltre a una serie di concerti che videro in Mark Volman e Howie Kaylan…Flo and Eddie, ex Turtles… il centro del fuoco. In quei due anni in tour, la musica in perenne evoluzione delle Mothers, ebbe nei dialoghi e nelle battute del duo uno strumento in più per mettere le dita negli occhi al sistema. Zappa in precedenza aveva già supportato una banda di groupies producendo loro l’unico disco noto; il gruppo era le GTO, le Girls Together Outrageously , guidate da Pamela Ann Miller, in seguito nota come Pamela Des Barres, e nel loro disco potevano vantare collaborazioni di rilievo come Davy Jones, Lowell George e Don Preston.

Le ragazze di strada, le groupies, diventano la scusa per mettere sullo schermo la storia di Larry the Dwarf, alter ego dello Zappa, interpretato da Ringo Starr e da una strana suora che altri non è che Keith Moon travestito. La Royal Philarmonic Orchestra di Londra suona in molti brani pur non essendo questo il primo esempio di musica orchestrale messa in piedi dal chitarrista.

Nel maggio del ’70 c’era stata una anteprima delle musiche di 200 Motels insieme alla LA Philarmonic condotta da tal Zubin Mehta; un connubio, quello delle musiche di Zappa e le grandi orchestre, che verrà portato avanti fino all’ultima rappresentazione pubblica con lo Yellow Shark.

Perché il film potrà apparire un insieme di scene apparentemente slegate ? Perché il denaro non fu sufficiente a girare altro che un terzo di quello che avrebbe dovuto essere anche se la musica, non di facile assimilazione, e la sequenza della medesima ci pare, oggi, decisamente compiuta.

Chi vorrà capirne i contenuti non potrà far altro che fare riferimento ai testi cercandoseli su Google, non solo per apprezzare la colonna sonora, ma per afferrare anche le scudisciate dei racconti che, in estratto, appaiono sul Fillmore 1971.

Testi non solo ironici, ma anche sagaci e tostissimi, roba che la Michela Murgia, lei ed il suo schwa, oggi, vi porterebbe in tribunale a spiegare… roba come Latex Solar Beef o Bwana dik, Magic Fingers, Daddy daddy daddy, Penis dimension, Shove it right in… già dai titoli mi pare che non nascondano nulla dei contenuti.

Un solo consiglio : se siete già usi allo Zappa ed a quello di quel periodo, tuffatevi nelle meraviglie dei sei cd , del cofanetto e del dvd del film e godetevi i brani bonus, anche se, lo sapete bene, già l’originale colonna sonora sarà più che sufficiente. Se siete dei novizi, non buttatevi ad ascoltare se non dopo aver accuratamente approfondito la storia, aver recuperato i testi completi, aver ascoltato con mente aperta il Fillmore East in precedenza.

Eno e Fripp avrebbero detto che questo è un… No pussyfooting.

Lascia un commento