Non sempre l'accesso all'opinione è segno di democrazia : nel suo nome sul web vengono perpetrate follie quotidiane.
Non sempre ci si siede davanti a una tastiera sapendo esattamente dove si vuole arrivare. Certe volte ascolti qualcosa in radio e ti viene l’idea. Oppure sono le tue stesse selezioni che ti fanno tornare in mente episodi dimenticati e di cui ti viene voglia di raccontare… a volte sono le fesserie che leggi sui giornali o peggio ancora sul web, quelle che ti fanno prudere le dita dalla voglia di mandarli tutti proprio lì…e che poi una pacifica ondata di ‘sti cazzi ? Finisce con il ricoprire. Perché oramai chi ha un pochino di buonsenso frequenta poco i social e se lo fa con la voglia di passare un po’ di tempo, si arma di pazienza perché lì si trova davvero di tutto e ti ritrovi a dar ragione a Umberto Eco che aveva detto che…” “I social network danno diritto di parola anche a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre hanno lo stesso diritto di parola dei Premi Nobel”. Non esiste argomento che si salvi, non ricordo di aver letto qualcuno che chiedesse lumi, si mostrasse ignorante su un particolare argomento. Una sensazione di imbecillità assoluta che riesce ad avvolgerti, circondarti, sopraffarti. E non esiste nessun consiglio del buon Oscar Wilde che possa salvarti dallo sfacelo dell’idiota di turno che insiste a spiegarti ciò che sai perfettamente, o che non ti interessa neppure sapere, o che stai tentando di capire; un gigantesco “me lo ha detto a mio cuggino” che finisce con il fagocitare qualsiasi commento dettato dal buonsenso. O dalla conoscenza.
Questo su argomenti importanti. Figuriamoci su futilità come la musica. Realisticamente, applicando alla lettera le parole di Eco, il web ha dato la possibilità a chiunque di esprimere la propria opinione ed il proprio parere. Che questo sia formato su basi ignote o che non abbia alcuna attinenza con la realtà, non importa. Maledetta democrazia. E così, tu che con estrema difficoltà, con il passare degli anni, hai cercato da questo paese lontanissimo dal cuore della musica che ami di farti una base su cui i tuoi gusti ed il tuo lavoro potessero collimare dando un senso alla vita e alla professione, ti ritrovi leggere le…recensioni… di Pasquale Frastulli, meccanico agricolo pugliese o di Antonella Ceccardi, parrucchiera montana, entrambi nati nei tardi ’90 che ti spiegano, senza mai aver abbandonato la propria città d’origine, come è nato il tal fenomeno o come tizio abbia registrato il suo disco. E questo insieme di parole, di concetti, di verbi spesso gettati alla rinfusa senza il rispetto della cara vecchia consecutio temporum o amore per il condizionale, verbo oramai in disuso, ha valore di “fonte” per chi si avventura nei meandri di Google senza armarsi preventivamente di spirito critico e sia dunque privo di difese.
A dire il vero io in fondo preferisco la Ceccardi di turno al tipo che, avendo scritto gratuitamente su un qualsiasi spazio web o peggio ancora su di un periodico, millanta avventure mai vissute e incontri mai effettuati, racconta di musiche che conosce per averne ascoltato il supporto e descrive interviste colte sul web e tradotte in malo modo a suo uso e consumo per i suoi… lettori affezionati.
Perché in fondo, definirsi giornalista specializzato perché il tuo nome compare occasionalmente in neretto in calce a un foglio pare non essere esattamente come presentarsi come medico chirurgo solo perché a carnevale ti eri travestito da George Clooney in E.R. Medici in prima linea. La differenza non viene colta. Peccato. E ancora mi sfugge la ratio, la motivazione di tutto questo, non comprendo dove stia il piacere del sentirsi definire “grande vecchio del giornalismo musicale” essendo un onesto vigile urbano o un cassiere di supermercato che quando torna a casa diffonde con il suo impianto musica e poi sceglie di scriverne, gratuitamente, per… no , non afferro, mi spiace. Non colgo la manustuprazione mentale evidente che gratifica il proprio ego.
Attenzione però : non sono turbato personalmente per il diffondersi di esperti o “divulgatori musicali” o giornalisti che non hanno la più pallida idea di come ci si iscriva all’Ordine…tanto, per quel che vale, in effetti… sono turbato perché questa marea di improvvisazioni ha profondamente modificato non solo la fruizione delle fonti da parte di chi, in buona fede, voglia ampliare le proprie conoscenze, ma sopra ogni cosa perché il dilagare di “professionisti” che lavorano gratuitamente ha scavato un solco non ripristinabile in chi, in quel mestiere, ha creduto e investito, lo ha scelto in sostanza, investendo su reali o supposte caratteristiche.
Un po’ come se voi vi trovaste nella necessità di dover sistemare la vostra auto e lungo strada trovaste dozzine di meccanici pronti a intervenire a gratis. Cosa fareste ? E poco importa se la vostra macchina, dopo cinquecento metri si dovesse fermare definitivamente.
Forse sto invecchiando malamente, forse non riesco più a fare spallucce e andare oltre, forse, semplicemente, il dolore di aver creduto in un lavoro , averci messo il cuore, averci lasciato una quarantina e passa dei tuoi anni lavorando professionalmente con la musica degli altri, finisce con il passare in secondo piano davanti ai crimini che vengono perpetrati nel nome della democrazia digitale. E vedere che bravi appassionati, che meriterebbero un qualcosa di quello che l’editore di turno si mette in tasca… e smettetela di credere che lavorino tutti in parità o in perdita per l’amore della divulgazione !… come premio possano essere messi da parte perché poche centinaia di euro non valgono chi conosce argomento e lingua italiana e che, proprio in virtù di quella odiosa democrazia e confusione di fonti, ci sono dozzine di ragazzini pronti a sostituirli…tanto il giornale si vende lo stesso o il sito raccatta comunque pubblicità. Il vecchio detto che “un uomo vale quello che lo paghi” non esiste più, le fonti si confondono, la sicurezza di trovare informazioni quanto più sicure possibili svanisce.
Gli americani hanno una bella immagine per descrivere certa schifezza che ti trovi in mano talvolta : if you pay peanuts, you get monkeys, dicono… se paghi noccioline ottieni scimmie. Figuratevi quando non paghi proprio.
Vi domanderete perché sia così incazzato, no non depresso, proprio scoglionato. Perché da poco è passato l’anno e ovunque sono stato aggredito dai dieci, venti, cinquanta dischi più belli del 2021. E questo è un esercizio che non sono proprio mai riuscito a comprendere. Non che qualche decennio fa non ci sia cascato, ma adesso, con la moltiplicazione delle opinioni tutto pare essere diventato una marea di coglionerie cui è impossibile sfuggire.
I “famosi giornalisti” pubblicano addirittura le loro liste degli anni precedenti, gonfiando il petto per far vedere come fossero avanti nei tempi indicando nomi che oggi emergono, anche se mi sfugge da dove visto che la musica non la si acquista più… certo, perché una delle discipline di questo sport è l’arrivare primo nello scoprire un nome, un gruppo; che poi sia un gruppo australiano, tu viva a Corigliano Calabro e non possa che averlo letto su un giornale anglosassone è secondario… e questi esegeti delle note si contorcono nell’elencare oggi nomi ignoti, pescati chissà dove, ascoltati chissà come (…ma i soldi dove li prendono per ascoltare tutto, che fanno nella vita ?) appena alternati a qualcosa di noto, giusto per dare un pizzico di sale al tutto.
Gli ignoti invece vanno in genere sul classico. Escono Maiden/Purple/Springsteen/Prince e mazzi vari ? Ecco che le scelte cadono lì : meglio andare sul sicuro. Poi, che entrambe le categorie di soggetti dimentichino interi settori artistici, sorvolino su nomi e uscite solo perché fuori dei loro interessi o ritenuti vecchi e dunque irrilevanti, non importa. Quelli sono i migliori dischi dell’anno passato e voi dovete crederci.
Così, quest’anno, grazie al covid e alla vita in cima a un cucuzzolo, ho deciso di capire chi cazzo fossero alcuni nomi ricorrenti, per dare un profumo di aggiornamento ai miei gusti, per non sembrare sempre indietro al tempi che corrono. Vado sul web e inizio a cercare, non sempre si trova tutto, ma almeno qualche estratto è possibile beccarlo; mi sono scritto una decina di nomi ricorrenti, a caso, senza conoscerne le produzioni e procedo con la ricerca. Trovo XXX ascolto un pezzo, due; mi sembrano identici ai Maiden. Passo a YYY …boh…a me ricordano..ma sì, sono i Metallica. Cerco ZZZ ci metto solo un minutino di più, poi mi dico…maccheccazzo questi sono identici agli Eels… poi un disco di blues elettrico, uguale a milioni di altri ma senza le composizioni… e poi una voce growl con due o tre batterie, ma forse è una sola chissà, davanti a un muro di suoni che farebbe sciogliere le mie Klipsch mi fa cambiare immediatamente traccia.
Alla fine sono frastornato. Mi chiedo che senso abbia spendere denaro per ascoltare chi suona in modo simile a certi classici senza averne assolutamente la medesima qualità compositiva. Nessuna, mi rispondo. Penso a quei poveri cristi che leggono, che si fidano, che sono come spugne pronte a infilarsi le manine in tasca e mi ricordo di come ero io, cinquanta anni fa, quando leggevo che il primo BOC mostrava in copertina una simbologia nazista o che lo stesso Lou Reed lo fosse, quando mi spiegavano che Led Zeppelin III era la prova della fine della creatività del gruppo e che i Traffic mostrassero la corda perché lo dichiaravano in Sometimes I feel so Uninspired, oppure ancora che John Mayall era finito con A Hard Road. E capisco che in fondo la colpa è nostra, del fatto di essere italiani, di vivere lontanissimi dai confini dell’Impero, di essere presuntuosi e saccenti e che la Musica, noi, l’abbiamo sempre e solo vista da molto lontano e che chi ha provato a cercare di fare un mestiere, oggi, vale e-sat-ta-men-te come la parrucchiera di cui sopra perché esiste quella cosa che provocatoriamente Gaber definiva “quella cosa sporca che ci ostiniamo a chiamare democrazia!”.
Che ci meritiamo un sito di uno sconosciuto recensore che in inglese e italiano viene preso come “fonte certa” e che massacra di tutto, specialmente i grandi nomi, secondo i propri gusti e viene citato come si trattasse della Accademia della Crusca musicale. Il fatto che le schede siano visibilmente state scritte da mani diverse (e non potrebbe essere altrimenti!), che le opinioni siano gettate lì prive di giustificazione artistica e temporale, esattamente come defecare nel proprio bagno di casa, pare non colpire nessuno. Neppure chi ti dice, fin troppo spesso : ma lo dice anche Scaruffi…
E’ per questo che non solo non provo, ma non ci penso nemmeno a darvi una manciata di nomi perché non servirebbe a niente, vi confonderei le idee e in fondo non farei altro che dirvi quello che “a me è piaciuto quest’anno”, che nulla ha a che fare con ciò che è il meglio. E preferisco dirvi di fare un giro in un negozio di dischi, se ne esistono ancora, o di passare un’oretta su Amazon e cercare dei bellissimi, quelli sì, classici che con poche lire potete portarvi a casa, sapendo che la musica che ascolterete è immortale, perché ha già venti, trenta, quaranta anni, forse più, ma suona come nuova e fresca, come appena incisa.
Perché è bene ricordare ciò che disse una volta David Gilmour, di professione chitarrista, oggi non in circolazione ma sempre attivo e lucidissimo e che ha la soddisfazione di vedere sul palco dell’ex amico bassista un tipo che suona i suoi assolo nota per nota… un qualcosa che mi ricorda e quasi conforta per tutto quello che ci siamo appena detti… beh, Gilmour disse : “Perché secondo me la musica di un tempo è migliore di quella di oggi ? Perché noi componevamo guardando avanti, oggi lo si fa guardando indietro.”.
Siete sicuri di voler sapere cosa vi suggerirei di comprare dei vecchi classici ? Pensateci prima di chiedermelo. E dato che sono, in fondo, bastardo dentro e voglio imporvi i miei gusti, vi concedo un budget di cento euro con cui acquistare quelle belle cose, se proprio non le abbiate ancora in casa sotto forma di pratici cd…
Jimi Hendrix – Electric Ladyland 12,99
Beth Hart & Joe Bonamassa – Live from Amsterdam 17,90
The Who – Woodstock 1969 9,40
Fairport Convention – Who knows where the time goes 15,10
Taste – Live at the Isle of Wight 14,90
B.O.C. – On your feet or on your knees 8,99
King Crimson – Red (2cd) 12,99
Quicksilver Messenger Service – Happy Trails 12,75
…e se vi avanzasse qualcosa… un Phish live, uno Sticky Fingers live degli Stones, il Colosseum Live, il Cow Palace degli Allman, un best degli Eels… e poi basta perché potrei andare avanti per un’oretta e dimenticherei senz’altro qualcosa che vi piace e che a me sfugge. E il gioco è bello quando dura poco.
Non ci si crede davvero a certa gente che si fa ancora prendere per il culo bevendosi e ripetendo quello che gli dicono poveretti e poverette varie, lei su tutti…
https://www.facebook.com/Per-gli-ennesimi-poveracci-di-T-HE-ART-Sonia-Giomarelli-%C3%A8-una-giornalista-100197199385634
Succede. Basta selezionare ed evitare. 😉
Anche il concetto che sarebbe valido per tutti e per i gusti di tutti in ogni genere, solo quello che ha passato la prova del tempo, quindi nomi e dischi più o meno storici oggi, di almeno qualche decennio di età, è assai sballata… anche perché spesso era roba che fece giustamente il botto, vero, fin da subito, vendendo un casino, facendo il pienone ai live… certo, altre epoche anche, la gente ascoltava bene, dopo aver speso per forza per comprare un disco o CD (lo scrocco e “pirateria” era al massimo roba da poche copie l’anno per ogni gruppo di amici del paese o città che si scambiavano qualche titolo rispettivamente comprato originale e lo copiavano per risparmiare un pochino, magari solo la roba e band che piacevano un po’ meno, quelle che piacevano o incuriosivano molto venivano sempre prese originali se trovate e appena possibile), però col cavolo che aspettavano che fossero passati lustri o decenni per vedere se fossero diventati “classici”, anzi, un tempo tutto succedeva molto velocemente, basta dire che in 10 anni o poco più si sono sviluppati tutti o quasi gli stili di metal principali esistenti ancora oggi, dall’heavy e dintorni al thrash al death al black al prog…
Poi non è che massacra e spara cazzate sempre su tutti, anche solo tra i nomi famosi e storici, alcuni li ama in realtà Scaruffi, come tanta altra gente, magari in particolare su hard rock e metal ha molti pregiudizi, spara cazzate, fa dietrologie assurde ecc., non si diverte a stroncare proprio tutto quindi ripeto.
“Che ci meritiamo un sito di uno sconosciuto recensore che in inglese e italiano viene preso come “fonte certa” e che massacra di tutto, specialmente i grandi nomi, secondo i propri gusti e viene citato come si trattasse della Accademia della Crusca musicale. Il fatto che le schede siano visibilmente state scritte da mani diverse (e non potrebbe essere altrimenti!), che le opinioni siano gettate lì prive di giustificazione artistica e temporale, esattamente come defecare nel proprio bagno di casa, pare non colpire nessuno. Neppure chi ti dice, fin troppo spesso : ma lo dice anche Scaruffi…”
Qui non ho capito bene… prima della citazione del suo nome, leggendo, io ovviamente (come tanti altri penso) ho pensato subito a lui, ma invece per caso ti riferivi forse ad altro analogo? Perché il finale di questo passaggio è ambiguo appunto, secondo me… ma penso parlavi proprio di lui.
Io devo dire che per quello che ho visto negli anni, lo trovo come tanti altri un poveretto e ovviamente per la quantità di roba nel sito non può neanche aver scritto (e ascoltato) tutto lui, anche perché era già pienissimo di tutto di ogni genere già lustri e lustri fa.
Però attenzione di nuovo al solito, i gusti sono insindacabili per tutti, personalissimi, anche a parità di competenza, esperienza e tutto le opinioni e preferenze, i punti di vista su qualsiasi cosa non sia oggettiva (su tutto quindi, la qualità, che non c’entra con vendite, successo, fama tra le masse o meno né nulla del genere ovviamente), possono essere anche agli antipodi tra persone diverse. Mai creduto in chi fa discorsi “diplomatici” tipo “non mi piacciono ma ammetto/mi rendo conto sono validi” o addirittura “… sono assolutamente validi/geniali/grandi ecc.”, per me è ridicolo, non può esistere a meno di schizofrenia, se un gruppo o disco o musicista non ti piace e interessa o addirittura ti fa schifo, come fai a trovarci e ammettere “oggettivamente” qualità? Al massimo se di successo non puoi negare quello, le vendite, il guadagno, i fans che hanno, ma che c’entra zero ripeto con il giudizio inevitabilmente soggettivo sulla qualità, che è l’unica cosa che spinge ad ascoltare qualcosa, almeno per persone normali che vogliono piacere dalla musica e non darsi arie ascoltando o dicendo di apprezzare anche quello che invece non piace o fa proprio schifo.
Poi dire prima che la musica non si compra più (vero, e tantomeno i nomi fuori dai soliti noti), e poi domandarsi, in modo pare serio, dove trovi tanta gente tutti i soldi per ascoltare di tutto e quanto spendono ecc., fa ridere… via, non penso non sai che ascoltano tutto sul web, si trova quasi tutto (o almeno qualche pezzo anche nella peggiore delle ipotesi, se non il disco intero), difficilmente comprano il formato fisico o al limite acquistano cmq in modo legale pagando, il formato digitale del disco o dei singoli pezzi che interessano, poi chiaro che a parole danno ad intendere di supportare davvero tutto quello che apprezzano più o meno, di andare anche a vederli live ecc., ma è tutto finto, pose… quindi ripeto, non spendono proprio nulla.
Il fatto in sé che uno nella prima parte o anche primissime settimane del nuovo anno, pubblichi sul suo sito o rivista, la lista (sua e dei vari scribacchini) di quelli che ritiene i 10 o 20 o quelli che vuole, dischi migliori dell’anno precedente è sempre esistito, al massimo nel numero di febbraio se non gennaio, venivano pubblicate le liste sulle testate cartacee anche 30 e più anni fa, anzi, quelle dei lettori che avevano mandato il referendum, perché quelle dei redattori magari anche nel numero di dicembre. Non è assurdo in sé, è difficile che esca proprio gli ultimi giorni dell’anno un disco, o addirittura diversi, che ti sconvolge e ti fa cambiare la classifica che hai ormai fatto durante ascolti tutto l’anno, anche perché da sempre le etichette e band, di primo piano soprattutto, cercano di non uscire (anche per quel motivo, forse) verso l’ultimo scorcio dell’anno.
Il problema è chi ci metti, ma lì va detto che i gusti ripeto sono insindacabili, che poi uno trovi sempre un po’ ridicole (ma sempre esistite, appunto) le classifiche e cose del genere nell’arte, che non è sport e cose simili, concordo ma è tutt’altro discorso e tutti almeno qualche volta le abbiamo fatte o facciamo (per dischi, band, musicisti, concerti ecc.).
Eco spiegò poi subito dopo, perché tanti lo fraintendevano a loro uso e consumo (per esempio tutti i partiti per attaccare come sempre il M5S, il web tutto ecc.), che non voleva dire che il problema sarebbe il web in sé né tantomeno la libertà di parola, opinione, critica ecc. come sancita dall’Art. 21 della Costituzione, ma una cosa un po’ più sottile e profonda, esistente da sempre e che il web al limite aveva solo, inevitabilmente, amplificato un po’, ma dando allo stesso tempo la possibilità democratica appunto vera e non per pochi, di potersi esprimere, e tra milioni di comuni cittadini ignoranti, cialtroni, egocentrici, presuntuosi ecc., magari ce ne sono poi di quelli che potrebbero distruggere su vari argomenti specifici o discorsi generali, tanti presunti “esperti” raccomandati o meno che sono sempre in tv (mezzo a senso unico rispetto al web, la gente non può replicare subito alle cazzate e sullo stesso mezzo), sui giornali e ovunque.
Tornando alla musica, ovviamente le cazzate oggettive, mancanza di esperienza, parlare come se si fossero vissute proprio direttamente le certe cose, fenomeni, tempi d’oro di generi, band ecc., quando magari si è nati anni o decenni dopo e anche da tutt’altra parte del mondo, sono una cosa, ma i gusti e criteri personali rimangono per fortuna insindacabili, ognuno ha la stessa dignità di altri, non ci sono “mostri sacri” per fortuna, di nessun tipo… c’è chi schifa o non è interessato cmq da sempre ai “Pinfloi”, chi agli Zeppelin, chi ai Queen o Hendrix o chiunque altro, così è se vi pare…
Tra l’altro allora, ci sono da sempre anche quelli che sostengono che chi vuole fare critica musicale, giornalismo ecc. deve necessariamente conoscere in senso proprio la musica, la teoria, suonare almeno uno strumento (o cantare), e ovviamente io personalmente ritengo una cazzata anche questa, quasi nessuno lo è stato nella storia, anche tra i più grandi al mondo nel settore. A meno, ovvio, che uno non voglia scrivere in un certo modo, su riviste o pubblicazioni varie prettamente didattiche, dove si parla della tecnica specifica e teoria in un certo modo, allora chiaro, sennò non potresti farlo proprio, per un tipo di pubblico analogo, perché non potresti interessargli o spareresti solo cazzate da far sbellicare gli appassionati e/o musicisti proprio.
Peccato che nel mare di cose ovvie e sacrosante per chiunque – anche tra alcuni giovani e giovanissimi per fortuna – abbia minimo cervello, senso della realtà e magari anche un pochino già di cultura ed esperienza e si renda conto, pure leggendo occasionalmente sul web le cose varie (sì vero anche nel cartaceo ormai da lustri soprattutto, ma non paragonabile per ovvi motivi al mondo, delirio, leccate a caso interessate o meno del web), del delirio e non-sense totale a cui ormai siamo arrivati da tempo, si butti tutto e consideri come discriminante principale e indice di competenza il fatto che uno lo faccia di lavoro o comunque lo paghino.
Non è detto che uno non abbia potuto ascoltare il mondo e vivere in un certo modo, a parità di età/esperienza almeno, anche scrivendo per hobby (come quasi tutti anche un tempo sulle riviste, in Italia e non, se si parla soprattutto di quelle hard/metal), per non parlare della passione o meno che proprio non c’entra nulla, anzi, è più sicuro che uno ce l’ha se non fa le cose per soldi o altri interessi, ma solo per pura passione e al limite ego (che hanno anche quelli pagati, eccome, anzi forse di più proprio per quello sentendosi “riconosciuti” in un certo modo).
Ma a parte che i soldi possono minare la libertà e obbiettività per ovvi motivi (se uno stronca o tratta tiepidamente sempre come meriterebbe quasi tutto da anni, soprattutto roba italiana, le band ed etichette continuerebbero a mandare roba e chiedere rece? O continuerebbero addirittura a fare pubblicità se prima la facevano, sulla rivista o sito X, a pagamento ovviamente, se poi i loro dischi e band venissero stroncati quasi sempre? E se allo stesso tempo i lettori, per il cartaceo almeno che ha costi ecc., sono troppo pochi per mantenere la testata, come andrebbe avanti?), ma poi va specificato che a volte non è detto che siccome i singoli scribacchini non prendono soldi sui siti e si accontentano appunto dell’ego, dei ringraziamenti e condivisioni delle loro leccate a tutto e tutti di solito, a dischi che in realtà per il 90% mai comprerebbero di tasca loro (poi ormai quasi tutte le etichette e band mandano files o link per l’ascolto, non il CD o altro fisico), allora non guadagna nulla in qualche modo nemmeno chi è a capo del sito o rivista, quelli spesso ancora oggi guadagnano eccome, alcuni ci vivono proprio. Poi ci sono anche quelli in completo conflitto d’interesse fisso, almeno riguardo un casino di band, cioè che hanno sito di recensioni e allo stesso tempo agenzia di promozione/comunicazione per musica, per le band ed etichette quindi, e anche altro, a pagamento ovviamente, quello è il loro lavoro vero infatti. Come potranno mai trattare male o far trattare male da altri scribacchini sul loro sito, band ed etichette che allo stesso tempo pubblicizzano… potrebbero farlo una volta, poi quelli di sicuro non comprerebbero più promozione da quella persona, quindi tutto è bellissimo, capolavoro, originale e blabla, voti tutti dall’8 in su e delirio totale.
La competenza ed esperienza e tutto nella musica o altro, non dipende di certo dal lavoro ordinario che uno fa (e vale anche per chi suona, tra l’altro, nell’hard/metal poi è pieno da sempre di hobbysti o semi-professionisti, spesso tra i migliori e più artistici e liberi, personali, proprio perché non devono vendere tanto per forza per viverci), e nemmeno come uno scrive, zero proprio, anche perché ci sono laureati, magari letterati anche, che però per necessità non avendo trovato un lavoro in linea con i loro studi devono fare tutt’altro.
Forse anche qualche altro appunto potrei fare, ma il più importante e cavolata maggiore secondo me – ripeto, in mezzo a varie altre cose e concetto di base sacrosanto – è quello, il discorso paga/professionisti o meno ecc., e notando al limite un’altra cosa giusto per la cronaca, ma credo in realtà l’abbiano capito in tanti e anche gente della sua esperienza: è solo illusione, non sopravvalutate il seguito, spesso inesistente o quasi, della marea di “recensori” in giro soprattutto sul web ripeto (nonostante potenzialmente per ovvi motivi con bacino di utenza occasionale o meno, enormemente maggiore del cartaceo, perché è gratis e per tanti altri motivi), anche quando sembra ci siano decine di reazioni o centinaia, o visualizzazioni della rece o articolo o quello che sia, grandissima parte sono i componenti della band stessa e loro amici vari (veri, virtuali, chiunque), lo stesso per eventuale etichetta che ha pubblicato il disco, eventuale agenzia di promozione che si occupa della band, e ovviamente tutti gli amici, contatti, conoscenti ecc. dell’autore stesso che tenta di pubblicizzarla il più possibile tra di loro e ovunque. In pratica i lettori “veri” indipendenti sono pochi o nessuno ormai per quasi tutta quella gente, anche o soprattutto in ambiente web appunto paradossalmente, e inoltre pure tra chi legge per caso o meno, occasionalmente o sempre, uno o più di quei poveri cialtroni assortiti, bamboretti nati ieri, interessati vari, egocentrici persi, semi-analfabeti e via dicendo, mica tutti poi concordano o non trovano alcuna cazzata, incoerenza ecc. nella rece o altro di turno.
Caro Alessio, grazie per aver dedicato così tanto tempo alla lettura delle nostre cose e ancor di più, credo, alla risposta alle medesime. Gli argomenti che poni, tue visioni personali, sono così tanti che se dovessi mettermi a rispondere punto su punto mi servirebbero ben più della ventina di cartelle dattiloscritte che tu hai inviato… 🙂 per cui mi permetterò solo di sottolineare un punto, per me fondamentale : certamente, essere pagati per fare un qualsivoglia lavoro è essenziale. Limitandoci al mestieraccio che facciamo, già di per sé l’esistenza di una dicotomia tra professionista e pubblicista è illogica. Lo era forse quando per i secondi si intendeva inquadrare figure di soggetti già iscritti ad altri ordini e che “pubblicavano” : medici, avvocati, ingegneri, che non avrebbero potuto essere iscritti ad altro ordine. In questo modo, però, si è creata una figura e si è dato accesso a una quantità enorme di giornalisti che poi venivano sfruttati all’interno delle redazioni come se fossero professionisti. Ben venga allora la cancellazione di un ordine inutile se non riesce a distinguere chi si procaccia da vivere con UNA SOLA PROFESSIONE ed è dunque professionista, da chi lo fa occasionalmente. Quanto a chi crede di fare una professione, ma fa altro, non vedo necessità di specifica ulteriore. Un barista che scrive resta ed è pagato per fare il barista. Lo farebbe se il proprietario del bar non lo pagasse ? Non credo. Un uomo vale ciò che viene pagato. E di sedicenti professionisti è pieno il mondo soggetti che non hanno neppure idea della differenza tra collaborazione e redazione… pochi giorni or sono ho visto casualmente su un social una simpatica foto di un gruppo di sedici bei giovani che cenavano tutti insieme. Sotto si indicava : “Cena dei redattori di XXX”. Ecco : se quel periodico avesse davvero sedici ragazzi a lavorare IN REDAZIONE, ne avrebbe avuti quattordici in più di quanti ne avevo io al tempo di MS. E’ evidente che si trattasse di collaboratori… e la differenza è immensa, come lavoro, come preparazione specifica, come risultati, come occupazione. Questa è una piccola prova di come si confondano troppo spesso le acque, di come, per gratificare alcuni, si dia o CI SI DIA una qualifica che non qualifica…non so se mi spiego. Molti scrivani mettono nel loro CV : redattore di… quando magari non sono neppure mai entrati in sede.
Tu dici che dai uguale credibilità a chi scrive professionalmente a chi lo fa per diletto. Ti chiedo : tu andresti da un dentista che opera a tempo perso ? O preferiresti un muratore bravo e simpatico che manovra gli attrezzi con apparente competenza ?
Quanto alla credibilità… beh… io non comprerei mai un libro di un italiano, nato e cresciuto a…boh ? Pavia?… che avesse 50 anni o molti meno e mi raccontasse la vita degli Allman Brothers o di Hendrix o dei Maiden… nati, morti e vissuti quando lui stava ancora in cantiere di mamma o fuori da poco. La differenza tra chi vive e respira una storia è incomparabile con quella di chi la impara leggendo qua e là o cercando su Google quanto scritto e vissuto da altri. Ecco perché raramente un italiano, un francese o un polacco, se vuoi, non dovrebbero spiegare ciò che altri hanno raccontato altrove. Perché l’esperienza è una cosa e riportare vite altrui , un’altra. Si finisce sempre con lo scegliere ciò che più ti fa comodo ed adattarlo ai propri scopi. Chi in Italia voglia scrivere libri, lo faccia parlando di soggetti che ha vissuto veramente e che hanno casa a Bologna o Roma. Più facile e utile per tutti noi. A meno che non abbia avuto possibilità di vivere e seguire in prima persona, in tal caso la storia cambierebbe. Questo il mio parere.
Spero di aver chiarito la mia posizione. E spero che qui si chiuda lo scambio epistolare, piacevole ma difficile da continuare a seguire. Grazie.
Ah, il live dei B.O.C. lo posseggo sia su album che in CD, ho sempre adorato, a parte la musica, quella fantastica, misteriosa ed evocativa copertina, un capolavoro nel capolavoro. Un saluto.
Certamente. E poi in offerta a due soldi… 🙂
IL condizionale, verbo ormai in disuso?
Beh… a solo sentir parlare in televisione, leggere i commenti sui social, ascoltare le bestialità del parlare quotidiano, direi che sarebbe necessario iscriversi al “Club del congiuntivo e della grammatica ” per salvaguardare il nostro idioma… 🤐
Sì, ma il condizionale è un modo verbale, non un verbo.
…ma davvero ? aspetta che me lo segno 😀 😀 😀 grazie ignoto amico, non avevo mai immaginato che fosse un modo verbale e non un verbo… grazie davvero. Ti prego se troverai altri refusi fammeli notare perché troppo spesso sfuggono nello scrivere ed un correttore di bozze, qui nel blog, non lo abbiamo… e persino la Treccani lo conferma : “Il condizionale è un modo finito del verbo, che ha due tempi: il presente (detto anche condizionale semplice) e il passato (o condizionale composto). Presente: Cosa non farei per te! Passato: L’avresti detto che era così antipatico?”. Adoro il condizionale passato 🙂
Della serie La pagliuzza e la trave. Non è il caso di tromboneggiare con Eco e la Treccani. semplicemente, prima di spernacchiare l’universo mondo, è il caso di accertarsi di non pestare qualche merdina.
La saluto, mi stia bene.
Caro maszana… sarai mica ungherese? No. Gli ungheresi hanno sense of humour… ti ringrazio di nuovo per la simpatia e la competenza. Nel rinnovarti l’offerta per correttore di bozze… sono sicuro che in pochi giorni ne impareresti i simboli di riferimento…ti saluto caramente. Does humour belong in music ? Non nel tuo caso.
Caro Giancarlo
oltre ai complimenti per la bella disquisizione, condivido la tua scelta di beth hart e bonamassa insieme , ma consiglio anche qualsiali live di Bonamassa a chi piace il blues e dintorni. Se avanzano due lire anche qualcosa dei black country communion , magari piace sentire gente che sa suonare….
complimenti ancora e condivido appieno il “trombetti” piensiero.
Ho dato un budget di 100 euro… che di questi tempi non è da buttare 🙂 ho preso un po’ di nomi interessanti, ma casuali. Se DAVVERO dovessi mettermi a consigliare, secondo i miei gusti, una lista di acquisti, dovreste vendere un rene per prenderne la metà… 🤣🤣🤣
Joe Bonamassa sarà contento di essere ” ottavo tra cotanto senno”
Macché …ho messo alcune offerte attuali di Amazon secondo i miei gusti e in modo del tutto casuale. Non a caso non c’è un solo Zappino 🙂 immagino che ognuno abbia le sue wishing list… però Beth & Joe è un bel disco.
È vero, manca Zappa… e nel collage delle riviste mancano Muzak e Gong, che in copertina ospitò Frank in più di una occasione. Il tuo riferimento a BOC e Lou Reed “nazisti” riporta certo a kritici d’antan (quelli dei Kiss con la SS, ) ma uno si potrebbe anche chiedere se sia meglio avere i Bertoncelli o le Ceccardi
Il collage è da web… sai quante testate mancano ? Sui giudizi di certi fogli, firmati da certe teste sorvolo. A volte mi sento un signore…