La nostra personale versione dello svolgimento del tema sulla musicofilia... echissenefrega di Oliver Sacks...
Non so se vi ricordate la scena del contatto tra gli alieni e l’uomo in “Incontri ravvicinati del terzo tipo”. Per tentare di trovare un linguaggio comune venivano scelti cinque toni, in sostanza cinque note, cui l’astronave aliena avrebbe dovuto uniformarsi per trovare un punto di contatto; se ricordate bene dall’astronave proveniva, dopo alcuni tentativi, una sequenza musicale simile a una orchestra di fiati, unita all’utilizzo di colori. Il contatto era stato stabilito.
Non so se vi siate mai domandati perché venne utilizzata la musica e forse alla domanda ognuno di noi avrebbe una risposta differente da dare. Io penso che Spielberg, il regista, avesse compreso che la musica, le sette note, avrebbero potuto rappresentare l’unico elemento di contatto, dato che l’utilizzo delle parole umane era assolutamente da escludere. In un mondo che parla tra le sei e le settemila lingue diverse sarebbe parsa una follia individuarne una ed eleggerla a tramite unico. La musica no. Le sette note sono comuni a tutti ed a tutti gli strumenti, i fonemi e i suoni possono essere riportati su una scala che possa somigliare a un linguaggio.
La scelta del film di usare la musica come linguaggio universale fu dunque perfetta. E’ la musica che ha accompagnato l’uomo da sempre, come suono, come comunicazione, come unificazione. L’evoluzione della musica e della sua fruizione sono andate di pari passo con con la crescita culturale e con l’evoluzione stessa del pensiero delle civiltà che le hanno adottate. Non è un caso che laddove la musica sia stata bandita si è evidenziata una regressione dei costumi e dei rapporti umani; in Afghanistan, nel 1998, dai talebani vennero bruciati strumenti e materiali adatti alla produzione di musica. La giustificazione era una frase dal Corano dove a Maometto si attribuiva una dichiarazione secondo cui “a quelli che avessero sentito la musica e le canzoni in questo mondo, nel Giorno del Giudizio sarebbe stato versato piombo fuso dentro le loro orecchie”.
Questo gesto di follia non teneva presente delle note che avvolgevano da millenni anche quello Stato, dove non solo i vari gruppi etnici erano tenuti insieme dalla musica comune, ma dove i riti di matrimonio e circoncisione non potevano venir eseguiti senza la presenza della musica.
Purtroppo non ci si fermò a un semplice editto. “La musica è proibita nell’islam, ma speriamo di poter persuadere le persone a non fare queste cose, invece di fare pressioni”, ebbe a dichiarare poco tempo addietro al New York Times il portavoce Zabihullah Mujahid, portavoce dei talebani. Ma le “pressioni” erano già iniziate con la notizia dell’uccisione di uno dei più noti folksinger afghani, Fawad Andarabi. Solo la morte può fermare la musica.
Dimentichiamo adesso secoli di composizioni, accantoniamo centinaia di autori e facciamo finta che lo scopo di oggi sia confrontarsi esclusivamente con gli ultimi decenni, facciamo sei, in cui la musica ha in qualche modo cambiato il mondo e guardiamoci attorno. Senza confrontarci con i mille rivoli dei generi in cui siamo immersi oggi, senza sceglierne uno prediletto o uno strumento preferito, è impossibile non notare che dall’inizio dei sessanta, la musica popolare abbia progressivamente cambiato la moda, i modi di vivere, i rapporti tra i giovani, la comunicazione fino al punto da costringere il mercato, il sociale e la politica a prenderne atto, guardando non solo alle note ma anche al messaggio contenuto per non restarne travolti.
Cosa che è comunque accaduta. Perché la nostra musica si è fatta vettore di contenuti sociali e culturali che in precedenza erano veicolati solo dai mezzi di comunicazione e dalla politica con le dovute selezioni. Improvvisamente con la musica viaggiava anche una quantità di contenuti sociali, di indicazioni, di scelte che arrivavano a destinazione con una facilità estrema e mai immaginata in precedenza. Con l’evoluzione dei generi, con la loro mescolanza, con l’amplificazione del messaggio e l’immedesimazione immediata dei fruitore finale, qualsiasi mezzo diventava obsoleto, inutile, povero, sostanzialmente vuoto.
Quando sosteniamo che la generazione dei sessanta ha cambiato il mondo non stiamo utilizzando una iperbole, ma semplicemente mettendo sotto gli occhi di tutti come chi ha creduto per secoli di gestire il potere della comunicazione sia stato scavalcato agilmente da un’Arte che non era mai stata presa neppure in considerazione se non come puro intrattenimento. Improvvisamente e con una velocità esponenziale, alle generazioni di tutto il mondo un brano di pochi minuti poteva suggerire di cambiare il mondo ed il proprio futuro, di accorgersi della follia di una guerra o della corsa agli armamenti, di scegliere di decidere da soli per il proprio corpo, la propria vita, di donare un senso diverso alle parole “amore e libertà”, di individuare un politico falso, di scoprire religioni e libertà ignote. E, ahimè, anche di suggerire e favorire l’uso di droghe psicotiche in certi casi.
Per chi oggi abbia vissuto i passaggi epocali di quei primi decenni, tutto questo è chiaro. I colori dell’abbigliamento cambiavano, le gonne si accorciavano ed i capelli si allungavano, le donne si emancipavano e le scuole, le università, l’insegnamento non reggevano i ritmi dei mutamenti, la metrica della poesia cambiava, gli argomenti medesimi ed i punti da cui osservare l’oggetto si moltiplicavano. Il mondo era diventato un frullatore di idee, cultura, messaggi. L’estetica diventava una nuova arte e le copertine stesse che contenevano quel vinile che da piccolo si era fatto improvvisamente grande erano un gioiello dentro a un altro gioiello… basti pensare che negli Stati Uniti venne persino fatto il processo non solo ai contenuti ma anche all’estetica di quei prodotti, sostenendo, da parte di alcuni senatori e tra l’ilarità generale, che “le immagini psichedeliche di copertina veicolassero indicazioni ai ragazzi di far sesso, di darsi alle droghe, di comunicare tramite simbologie”… a riprova che quando il Potere mostra di non conoscere il campo di battaglia fa le mosse più errate che lo sconcerto gli possa suggerire.
E noi, in mezzo a tutto questo, come abbiamo reagito ?
Personalmente posso dire che senza la Musica, la mia vita sarebbe stata non solo diversa, ma sostanzialmente molto più povera, mancante di un elemento essenziale e sempre presente. Non si tratta di una passione, di un passatempo o di mero divertimento ma di una presenza continua ed essenziale in ogni momento della mia vita. La musica ha scandito la mia maturazione come uomo e l’ha accompagnata e consolidata; era lì non solo intorno a me ma anche nella mia testa durante ogni decisione importante, giusta o sbagliata che fosse, davanti a ogni bivio che mi si è posto di fronte. La musica è stato il ritmo del mio cuore, l’ossigeno dei miei polmoni, il sangue che è scorso nelle vene in ogni minuto del mio vivere. La musica che mi ha cullato è stata diversa cambiando come un arcobaleno a seconda del momento del mio essere, ma non si è cristallizzata legandosi a quell’attimo, è rimasta scissa, viva, affiancandomi nel passo successivo, pronta a ricordarmi dei precedenti.
La musica è stata pianto, dolore, riso e passione, riflessione e contrappunto, colore e compagna da sempre. Ho avuto la fortuna di aver avuto un padre che amava la musica e seppur nella sua diversità di approccio… ognuno ha il proprio colore, la propria nota… mi ha unito a lui nei momenti che abbiamo condiviso. E’ stata la musica a segnare una delle ultime cose che abbiamo fatto insieme, sempre lei a fissare gli istanti importanti. E’ stata la musica a unirmi ad amici e compagne.
Non so se queste parole avrebbero mai superato un esame, gettate giù così, senza pensare. Quel che so per certo è che rappresentano il succo di quello che le note hanno fatto per me dal primo urlo stonato lanciato alla mia nascita. Eppure, tutto sommato, guardando con un briciolo di ironia alla bellezza con cui la musica ci circonda, a quelle molecole d’aria che, spostandosi producono emozioni, viene in mente una dichiarazione sarcastica di uno degli uomini che ha contribuito molto a sostenermi nella crescita del mio gusto personale… in fondo dunque un compositore di musica non è altro che… “un tizio che se ne va in giro forzando la sua volontà su ignare molecole d’aria, spesso con l’assistenza di ignari musicisti”.
Tutto qua.
La musica è sempre stata l’unico conforto della mia vita, non esagero dicendo che, avendo sempre avuto fin da piccola il mal de vivre, la musica mi abbia spesso dato la forza di andare avanti e di ridare luce al buio della mia anima
La musica è la cura migliore per qualsiasi problema. Ogni volta che nella mia vita ho trovato un ostacolo è stata la certezza che mi ha distratto e accarezzato dal mondo.
Dimentica il male di vivere perché, come dice Zappa in un suo live… it’s so fucking great to be alive ladies and gentlemen…e se qualcuno non la pensa così è pregato di andarsene via dal concerto…
Ascolta bella musica sempre. E scrivici quando vuoi.
Sempre usata la musica per il mio lavoro (insegno inglese in un liceo). Sempre avuto riscontri positivi usandola in modo giusto e rendendo i miei studenti partecipi e non passivi fruitori. A 63 anni non finisco mai di imparare.
Outlaws-Ghost ridere in the sky…in tempo reale,stamattina alle 8,00 joe cocker-With a little help from my friends…e tra queste due canzoni ben 9 ore di musica,da zappa-apostrophe a dalla-caruso,passando dalla Average White Band a Ivan Cattaneo,Southern Rock,Steve Miller Band,Point Blank,Stevie Winwood e Pinok Floyd…devo aggiungere altro?Complimenti per la tua scrittura scorrevole che a tratti mi ricorda Carlo Massarini…un Grande Della Penna ed una Grande Persona!
Ummm… l’unica cosa che temo di avere in comune con il Massarini è la città di nascita. Per il resto, nonostante il tuo apprezzamento e paragone, direi poco o nulla, sia come gusti che come stile, tutto sommato… e… no : non ho mai letto Massarini neppure quando collaboravamo alle medesime riviste. Succede… 🙂 Grazie per aver letto, davvero.
condivido al 100%
e pensare che quando ero teenager mi dicevano “E’ solo una passione giovanile, da adulto ti passa”. Ora ho quasi 50 anni, è domenica mattina, e in famiglia si fa colazione con l’ultimo dei Manowar in sottofondo
🙂 e vai così Federico…
Se siamo quì a leggere il BLOG…..è evidente che abbiamo un comune denominatore e allora ribaltiamo il discorso…come fanno ad esistere persone che vivono la Musica solo come passatempo o mero divertimento?
Francesco…troppi ce ne stanno, specialmente tra le nuove generazioni. Gli anziani avevano un altro cuore ed un’altra predisposizione… purtoppo. Ciao… 🙂
quando scrivi diventi molto più interessante, direi migliore. Scrivi più spesso che magari si diventa migliori pure noi…
Aldo…chissà perché mi hanno sempre detto di scrivere… forse perché non volevano parlarmi di persona ? 😀 😀 😀 E comunque per migliorare noi ci vorrebbe una magia… un bacione.
Grande Giancarlo sempre ammirato e letto le tue perle !!
Beh, sono commosso… ma non insistere : non pago pizze a nessuno … 🙂
“Non si tratta di una passione, di un passatempo o di mero divertimento ma di una presenza continua ed essenziale in ogni momento della mia vita. ”
Parole SACRE. Potrebbe essere il mio epitaffio. Ci devo pensare.
Intanto grazie, come sempre. Questo blog è una perla rara.
Un po’ prestino per essere un epitaffio… e poi sarebbe tropo serioso. Io ne sceglierei uno tipo : “a tutte coloro che non mi hanno voluto… adesso è tardi, non sapete cosa vi siete perse!”. Grazie Egidio.
👏👏👏
🙂🙂🙂