Si può sopravvivere senza i bootlegs ? Solo se non sei un appassionato di musica dal vivo.
Di religione strettamente zappiana, avrei dovuto non solo evitare ma odiare i bootlegs, le registrazioni non ufficiali. Chi condivide la mia religione sa perfettamente che il Maestro non solo odiava ma arrivò persino a pubblicare ben tre box di vinili che intitolò Beat The Boots per mostrare al mondo che mentre lui diventava pazzo rincorrendo la qualità sonora e la minuziosa puntigliosità con cui registrava in studio o produceva gli estratti dal vivo, sconsiderati mettevano in circolazione musica che lui non riconosceva come sua. Pur essendola.
E invece no. Non solo ho tradito la mia estrazione religiosa ma ho collezionato centinaia di bootlegs anche e specialmente dello Zappa. Tutto, però, ha una sua ragione ed una storia che cercherò di raccontarvi in breve.
Nei miei mid-teens…in sostanza verso i quattordici, quindici anni… ero una spugna vuota pronta ad assorbire qualsiasi informazione riguardasse la mia passione. Leggevo di tutto, senza capire che il 90% di quello che leggevo erano bischerate, opinioni personali buttate lì o semplici malvagie traduzioni di ciò che i redattori dei giornaletti del tempo scopiazzavano dalle fonti originali. Ma poco conta, nonostante purtroppo l’influenza che certe pubblicazioni siano riuscite ad avere sui miei coetanei e nonostante che determinati fenomeni siano nati, pompati e cresciuti in questo paese proprio grazie all’apprezzamento di certi che erano riusciti a lavare il cervello all’acquirente locale con decine di ripetuti apprezzamenti di musicisti che, in fondo, avremmo potuto serenamente trascurare.
Saltuariamente, nelle mie antiche letture, incontravo un termine che non era propriamente di immediata comprensione; ricordate sempre che stiamo parlando di ere geologiche fa. Bootleg era una parola che non esisteva neppure nel dizionario Hazon, che indicava nei bootleggers i produttori di alcool illegale nell’era del Far West. Difficile collegarla immediatamente al vinile, ma è esattamente da lì che venne raccolta ed adattata. Ricordo perfettamente che la prima volta che la notai era riferita a un disco che veniva indicato come “il primo bootleg mai prodotto” ; era The Great White Wonder di Bob Dylan. Ricordo anche che un giorno, un tizio, decise di spiegare in breve ai giovani lettori che i bootlegs erano prodotti illegali, distribuiti in modo illegale, venduti in modo illegale, senza pagamento di alcun genere di diritti d’autore, in copie decisamente limitate.
Iniziai a chiedermi come fosse possibile distribuire e vendere qualcosa che non doveva esistere, ma il fascino che quella definizione ebbe su di me fu assolutamente immediato. Pensate poi che cosa sarebbe potuto accadere a uno sfegatato fan degli Zeppelin – il loro primo album era stato uno dei primi quattro 33 giri che mi comprai alla loro uscita – sapendo che un disco a nome Live On Blueberry Hill era anch’esso indicato come uno dei primi bootlegs prodotti : la caccia era iniziata !
Se solo mi fossi fermato un attimo a riflettere in quella estate del 1970, avrei capito che le possibilità di ottenere una copia delle poche stampate a Viareggio, tramite l’unico negozio di dischi seppur di qualità, erano limitatissime. Ma mi dedicai ugualmente a massacrare di richieste il titolare. Il tipo era un appassionato di Jazz e aveva intrecciato rapporti con etichette dedicate sia negli Stati Uniti che i Giappone e ottenere qualcosa non sembrava impossibile.
Ci vollero mesi, ricordo, ma un cartone bianco, con appiccicata sopra una fotocopia gialla e due vinili dal peso spropositato a cura di una etichetta ignota…tale T.A.K.R.L. acronimo per The Amazing Kornifone Record Label ottenuto a prezzo di un rene… entrava ufficialmente nella mia camera. Il suono era ottuso, rimbombante, poco chiaro, con continui scratch del vinile, ma per la prima volta potevo ascoltare gli Zeppelin dal vivo, una emozione sconvolgente, che ricordo ancora con una nostalgia profonda. Vedere ed ascoltare la mia musica dal vivo era un piacevole incubo ricorrente ma età e disponibilità economiche (tutto il budget era destinato ai dischi) mi impedivano di rincorrere sempre i miei sogni. Inoltre da lì a pochissimo l’Italia venne praticamente bandita dalla musica dal vivo grazie alle nostre intemperanze politiche fino al recupero del 1979 con i concerti di Patti Smith e del decennale (!) di Woodstock e ricordo che ebbi appena il tempo di vedere due o tre cose, di nascosto e con immense difficoltà, prima di finire in quel limbo che ci costrinse a rincorrere i nostri sogni all’estero. Ricordo Zappa, Sabbath, Reed, Tull, Santana… poi il nulla o quasi.
Ricorrere ai bootlegs era dunque una mera questione di sopravvivenza. Iniziai a collezionarne di ogni genere per quanto potessi permettermene. Li conservavo… e li conservo ancora… con un amore ed una cura che non destinavo ai “semplici” vinili non comprendendo (ancora) che sarebbero anch’essi divenuti rari e di valore con il tempo. La passione con cui li portavo a casa era paragonabile al dinamitardo che maneggiava la nitroglicerina e metterli a fianco a quelli ufficiali, pronti per essere ascoltati o esibiti, un gusto difficile da raccontare.
Sì, certamente, riuscii pure ad aggiudicarmi una copia del Great White Wonder, di No Commercial Potential, dell’ LA Forum 1970, di Passed Over Rolling Thunder e di cento altri di cui sentivi parlare nel passaparola; i giornaletti erano del tutto all’oscuro quasi sempre. I bootlegs, nel frattempo, miglioravano, diventavano più curati, con copertine via, via sempre più simili agli ufficiali, le “etichette” si moltiplicavano, le fonti cui attingere non erano più i microfonini nascosti sotto la giacca… è bene ricordare che all’estero è meglio sgozzare una mezza dozzina di suore o violentare ragazzine delle elementari piuttosto di farsi beccare a registrare un concerto… ma special radiofonici, registrazioni rubate o copiate da qualche sessione di registrazione ed iniziarono persino a nascere leggende sulla abilità degli originali bootleggers statunitensi che si dicevano in grado di anticipare certe uscite ufficiali di mesi, se non di ottenere e diffondere materiale che non avrebbe mai visto la luce ufficialmente.
Gli esempi sono molti, ma così, su due piedi, mi vengono in mente giusto un paio di esempi : il Potatoland degli Spirit, il Black Album di Prince, il Leatherette di Zappa, le Dylan/Cash sessions… ovviamente in epoche diverse.
In buona fede non ricordo neppure con certezza cosa sia oggi infilato dentro agli scaffali del mio studio : sono decenni che non prendo più un bootleg in mano. Ogni tanto, recuperando un disco d’epoca, mi ritrovo con qualcosa in mano di cui non avevo assolutamente più memoria… e mi commuovo. No, non scherzo, perché quando hai mille lire in tasca alla settimana e un vinile costa 2300 lire o 3500 se di importazione e un bootleg può costarti quanto tre o quattro dischi ufficiali, l’acquisto di ogni pezzo di plastica è una esperienza memorabile. Ricordi il giorno, il luogo, gli amici con cui condividere, ricordi persino l’umore che avevi quel giorno. Sembra incredibile a chi non lo abbia mai provato ma io ricordo perfettamente cosa mi passava per la testa quando ascoltai per la prima volta No Commercial Potential, ricordo di quando mi misi a centellinare The Hurricane Carter Benefit dopo essermi lasciato con la fidanzatina del tempo.
Non sono in grado di giudicare se e quanto la diffusione dei bootlegs possa aver tolto in fama e denaro agli artisti “colpiti” dalle loro uscite; onestamente mi è sempre parso folle sostenere che rovinassero il mercato. Ho sempre pensato all’acquirente di un illegale come a un superfan, uno cui avere tutto il possibile non fosse mai sufficiente, uno che avrebbe persino collezionato caccole o mutande sudicie dei suo idolo, uno che già aveva tutto e probabilmente in più copie. Sì, Frank…ti ho tradito… spesso, anzi moltissimo… ma in quei solchi ho quasi sempre trovato cose che non avrei mai e poi mai potuto ascoltare altrove : brani alternativi, prime esecuzioni, miscele di brani uniti per la prima volta, assolo irripetibili… musica bellissima, accompagnata dal dolore di non esserci stati in quel momento.
Poi arrivò il cd. E con esso la estrema facilità di riproduzione, di diffusione e di moltiplicazione dei supporti. Con il cd, le mie migliaia e migliaia di registrazioni su cassetta dal vivo, prima generazione o originali, diventavano di facile accesso. Quello che avevo accumulato negli anni con scambi fitti con dozzine di appassionati in tutto il mondo, solo favoriti dall’iniziale aiuto del primo web, diventava buono per moltitudini di appassionati.
Il cd costa un decimo, se non meno, del vinile ma soprattutto è facile da riprodurre al contrario della tecnologia utilizzata per stampare i 33; chiunque, da casa, può farsi a suo rischio e pericolo la sua filiera, la sua etichetta, i suoi dischi.
Non è un caso che alcuni sopravviventi noti negozi di dischi si siano oggi fatti i propri prodotti o semplicemente abbiano scelto di riprodurre alcuni classici molto diffusi anche tra gli ufficiali : i bootlegs dei dischi ufficiali divenuti introvabili. Ecco, se con il vinile, il prodotto acquistato aveva comunque una sua ragionevole ragione di esistere, con il cd si moltiplicano le possibilità di acquistare il medesimo prodotto con nome diverso e confezione diversa…ma sempre lo stesso. Ci vuole attenzione : obbligatorio far riferimento alla data di registrazione e al luogo, perché oggi le ristampe sono centinaia.
Ma un’altra cosa che ricordo con una certa emozione è stata la prima volta in cui una mia registrazione originale diventava un bootleg… no, non mi sono mai messo a produrli, sto troppo bene fuori di galera, ma so per certo che c’è stato chi abbia fatto una sua linea di prodotti, restando ai confini della legge… sul filo del rasoio… utilizzando anche mie registrazioni. Mi spiego meglio : in questo ameno paese, le leggi sono fatte per essere interpretate. Ed esisteva, credo non più, anzi sicuramente modificata, una legge che liberava i diritti di pubbliche esecuzioni dopo vent’anni. In sostanza, anche se il modo in cui avevi ottenuto quelle registrazioni era illegale, dopo vent’anni tutto veniva sanato e potevi farle uscire. Bastava pagare la Siae e nessuno ti avrebbe cercato con i cani lupo. Qualcuno ancor più coscienzioso arrivava ad aprire un conto corrente, a versarci una piccola quantità di denaro destinata all’avente diritto in caso di richiesta di danni : una percentuale dormiente, in pratica. Oggi credo che quell’asticella sia stata portata a 40 anni.
Ed ecco perché all’estero non godiamo di grande fama; perché i bootlegs italiani pare fossero ricercati e disponibili con facilità. Oggi, che esistono centinaia di etichette in grado di distribuire e stampare classici o nuovi bootlegs, noi siamo caduti in disgrazia persino nell’arte della falsificazione… mentre etichette tedesche, giapponesi, statunitensi, un po’ meno gli inglesi… hanno conquistato fette di mercato stampando eccellenti cose che un vero appassionato non può non possedere. E mentre in questo paese gli accordi per i broadcast radiofonici o televisivi (se ne esistono ancora dopo che ho smesso, personalmente, di organizzarli… un po’ di autogratificazione è doverosa, ogni tanto …) includono negli accordi che la voce del presentatore vada a “sporcare” i brani parlandoci sopra senza lasciarli puliti, all’estero di trasmettono ore e ore di concerti ed eventi senza una parola a rovinarne l’ascolto…come se, volendo, potesse essere impossibile per un milanese farsi fare una copia di uno show radiofonico della BBC e poi…
Niente più suoni ottusi e gracchianti, adesso i bootlegs su cd suonano spesso quasi come un disco ufficiale anche se, magari, la provenienza è un file scaricato da internet. Oggi i grandi gruppi che sono spesso in tour, forniscono essi stessi il link per scaricare il concerto del giorno prima; in modo che chi assista a uno spettacolo, con pochi soldini possa portarsi a casa il ricordo perenne di quell’evento la mattina successiva… è questo, caro vecchio Frank… se fossi ancora in questo mondo… il modo di …colpire i bootleggers…
Ma il fascino resta, niente da dire, ed anche se dei Grateful Dead o dei Phish non esiste più il bisogno di andare a stampare falsi d’autore, data l’immensa disponibilità di live ufficiali, se i Mule o decine di artisti ti mettono il download di qualità sul loro sito, è pur vero che nonostante l’accresciuto potenziale un live del tour del 1975 di Zappa con Beefheart , ad esempio, esiste solo nel leggendario El Paso… il cui folle produttore italiano faceva pubblicità al suo box doppio, splendido, finché “qualcuno” non è andata a bussargli alla porta, visto che il furbone metteva pure l’indirizzo di casa…
I tempi cambiano, è inevitabile, e il fascino di quei pesanti, vigliacchi, vinili dei primi anni settanta è svanito. Resta solo vivo, pulsante, ogni volta che ci ricordiamo di loro quando ci scivola la mano sopra a un prodotto che, anch’esso, fa parte di un’era che non esiste più, ma che scalda il cuore e risveglia le emozioni di chi li ha amati e acquistati con mille difficoltà.
A volte ci si domanda che ne sarà della nostra passione un giorno che anche noi andremo a vederci Jimi e Frank suonare in Paradiso. Nel mio caso spero che qualcuno che andrà a mettere le mani nel mio studio, prima di buttare tutto negli scatoloni, abbia la voglia di capire… e di imparare ad amare.
ALCUNI BOOTLEGS DA AVERE SE VI SONO SFUGGITI
Frank Zappa : El Paso / The eyes of osaka
El Paso è l’unica registrazione nota di qualità del tour con Beefheart; contiene inediti come Velvet Sunrise ed un boogie improvvisato, più Apostrophe mai eseguita altrove. Osaka è la testimonianza dell’unico tour giapponese con bellissime esecuzioni integrali di quello che poi uscirà su disco ufficiale, come Pink Napkins o il solo originale di Black Napkins.
Bob Dylan : Passed over rolling thunder
Bootleg fondamentale perché riportava il primo concerto elettrico di Dylan, anno 1965 con Bloomfield e Kooper; più estratti dai due tour di Desire e Blood on the tracks i dischi che personalmente amo di più dello Zimmerman.
Rory Gallagher : Calling hard
Eccellente qualità, live dal 1973 al 77 al 79, doppio, bella confezione.
Led Zeppelin : Cabala / Fillmore west 27/4/69
Cabala è “Il” box degli Zeppelin, la summa di tutto ciò che un appassionato poteva desiderare. Bello da ascoltare e vedere, eccezionale confezione che include un VHS; brani dagli Yardbirds a diverse outtakes rubate negli studi per capire come nasce un brano. Il Fillmore West invece è un radiofonico o soundboard di ottima qualità, con esecuzioni introvabili altrove come la Fresh Garbage degli Spirit e medley inediti.
Grateful Dead : Good Lovin / Make believe ballroom
Good Lovin è un bel box dedicato a Pig Pen, annata 1972/73 buona registrazione, bella confezione. Make believe è uno dei primi concerti poi usciti ufficialmente ma il radio broadcast qui suona incredibilmente meglio dell’ufficiale ! La intro di Bill Graham con la band che entra, strumento per strumento sulla presentazione è da brividi.
Jimi Hendrix : The story of Life
Se possederete questo box decuplo fatto con amore ed affetto da un vero appassionato, avrete tutto quello che Jimi meritava. Bellissimo. Solo un vero fan poteva compilarlo così.
BOC : Fantasy distillation of reality
Il primo bootleg mai fatto di band heavy. Quello che utilizzava nel titolo la frase usata per promuovere il gruppo. Anticipa il live ufficiale con esecuzioni da brividi.
Aerosmith : Look homeward angel
Identica analisi per gli ‘Smith : primo live che anticipa l’ufficiale per chi di loro aveva solo sentito parlare dei dischi in studio. Gran disco.
Dire Straits : Philadelphia 1980
Pompato a suo tempo da un paio di mensili italiani, il gruppo nel 1980 era davvero una cosa nuova e fresca. Il live non si capì mai se fosse stato prodotto dai responsabili del giornale stesso, ma era presentato come un disco promo da radio. Da cui è ovviamente registrato.
Quicksilver Messenger Service: Cavalry
Imperdibile per chi non si è mai accontentato di Happy Trails. Confezione discutibile ma contenuto eccellente e di bella qualità audio.
Leggendo questo bellissimo articolo, squarci di memoria mi riportano al mio primo concerto vissuto in prima persona:gli EL&P a Genova nel giugno del 1972.Aveno 16 anni e le 1500 lire per il biglietto, erano il frutto di giorni di privazioni, come la focaccia mattutina prima di entrare in liceo, e la coca pomeridiana. Due settimane prima i VDGG, avevano fatto la loro comparsa, ma mi potevo permettere solo un concerto, sigh. Ricordi nebulosi sulla performance, ma ricordo un ragazzo che con un mangianastri ed un microfono accanto a noi, registrava il concerto. Il palasport di Genova aveva un’acustica pessima, e chissà che “rumori” avra’ottenuto. Rimasi affascinato, ed a tutti i concerti che mi potevo permettere, portai il mio magianastri registrandoli. La maggior parte si tenevano al teatro Alcione di Genova, che aveva un’ottima acustica, per riascoltarli a casa, fino a consumarli. Genesis, Gentle Giant, Curved Air, Jumbo Osanna, Banco, sono ancora lì, ormai inascoltabili, assieme ai miei dischi ed ai ricordi di una giovinezza a cui sono particolarmente legato, e che i mei figli ogni tanto risvegliano, chiedendomi con, forse, una punta di invidia, com’era…
Gilberto… ammetto di aver infranto la legge primaria della presenza a un concerto finché il lavoro non me lo ha impedito… non sarebbe stato professionale… ma senza quel piccolo reato, gravissimo all’estero, avrei perso memoria di momenti splendidi della mia vita. Alcuni concerti, pochi, digitalizzati, li ascolto ancora oggi con nostalgia decenni dopo. Ti capisco. Grazie del tuo ricordo.
Ciao Gianfranco. Bellissimo articolo. Vorrei acquistare il decuplo di Hendrix. Sai darmi indicazioni? Grazie.
Credo che la soluzione più pratica sia frequentare discogs… buona fortuna 🙂
…ps : Giancarlo… 😉
Ma secondo te perché Jimmy Page non ha fatto come Fripp di inondarci con tutti i vari concerti collector club e via dicendo ?
Di fatto é l’unico rimasto fermo . É impossibile che non esistano altri nastri …
Page avrà un’altra visione dell’oggetto Zeppelin, forse. Penserà che 42 anni dopo, pubblicare una serie di concerti simili non serva al Mito… vai a sapere che ha in testa…
Grazie per l’articolo, mi hai riportato nella mia cameretta ai tempi del liceo, anche se ti posso assicurare che negli anni ’70 in Sicilia era ancora più difficile procurarsi il bootleg dei Grateful Dead sotto le Piramidi! Un unico appunto: perché nessun riferimento a Bruce Springsteen? Eppure il suo rapporto con i bootleg meriterebbe un articolo a parte. A presto. Gianfranco
Per il medesimo motivo per cui non ho citato un centinaio di altri nomi che avrebbero meritato… in questo genere di ricordi non puoi, è impossibile, citare tutto vai anche ad affezione e memoria. E anche se di Springsteen ho due o tre cose, forse quattro, onestamente, per gusto personale, avrei altre priorità. Grazie a te per aver dedicato un po’ di tempo ai nostri ricordi.
Io cominciai a collezionare bootlegs hard rock / metal all’età di 10 anni vi erano cataloghi negli anni 90′ con delle sezioni apposite . Anche alcuni cofanetti e devo dire erano di ottima fattura dove all’interno c’erano cd,spille,cartoline,magliette e adesivi. Posso dire che ho pezzi veramente molto rari soprattutto dei guns n’roses ho circa una sessantina di bootleg , dei metallica ho alcune canzoni di garage inc fatte nel box dove provavano che poi è uscito il doppio ufficiale
La passione è passione… anche se devo ammettere che i bootlegs di heavy rock sono più facilmente di qualità acustica minore se microfonici… per ovvi motivi.
Patti Smith, woodstock decennale 1979 che flash …i miei primi due concerti.
Per anni mi sono incazzato con le case discografiche che non capivano che le registrazioni live potevano essere una ulteriore fonte di guadagno per hardcore fans. Ho benedetto negli anni 90 Pearl Jam e Grateful Dead per avere messo in vendita messe di concerti. Poi é cominciato il diluvio.
Alcuni bootlegs li ho comprati ma nel complesso ho cercato di non spingermi mai troppo in là; i dischi in vinile costavano tanto .
Come hai detto tu per alcuni bootlegs ci voleva anche più di una libbra di carne ,
…bei ricordi bella musica .
Zappa l’ho visto tre volte compreso l’amabile concerto di Redecesio .
Beh dai ….adesso i Maneskin fanno sold out a San Siro 😂😂😂😂😂
Beh, direi che questo genere di ricordi personali servono anche a far tornare a galla i ricordi di chi legge. Oggi esistono molti metodi per ottenere quelle memorie dal vivo che un tempo potevi recuperare solo su vinile illegale. Il web è una fonte inesauribile di materiale per chi sa cercare. Il fascino, però, sta da un’altra parte. Stai lontano dai Maneskin, ché non si sa mai… 🙂
Grande Giancarlo, i bootlegs hanno sempre esercitato un grande fascino su di me, specialmente cercando materiale live degli Zeppelin; ricordo gli articoli di Tim Tirelli, grande esperto sul tema, su Metal Shock, oppure la Baker’s Dozen (cioè 13) su non so più quale sito inglese dove ognuno indicava i fondamentali e favoriti.
Cabala e Fillmore West 1969 celo!.
Una domanda di servizio visto che parli spesso di Viareggio: attualmente c’è un negozio di dischi che valga la pena?
Ha chiuso anche Mondodisco dove i proprietari non erano il massimo della simpatia, ma un ragazzo mi sembrava competente.
Un caro saluto
Baccio
Tim è un amico del blog, oltre che nostro personale… temo proprio che non esista più nulla sulla costa che meriti di esser visitato. So che c’è un nuovo negozio nella zona di Pietrasanta che si chiama Monolith e che mi dicono interessante; personalmente non l’ho ancora visitato ma lo farò.
Degli Zep ci sono ancora molti altri bootlegs da cercare ma ovviamente questo era solo uno stimolo a farlo…
Grazie Giancarlo, andrò a visitarlo; già si parte bene con il nome che mi ricorda un disco dei Kansas !
Sui boot degli Zep ci starebbe bene un Tuo articolo dedicato.
Solo qualche nome tra i + famosi: Live on Blueberry Hill, Destroyer, Listen to this Eddie ecc. ecc.
Impossibile avere tutto, difficile dare una “summa” dei bootlegs di chiunque… potrei sentirmi a mio agio solo con FZ… ma mi sa che ho già fatto… 🙂