Davanti a certe perdite non si è mai pronti perché per intere generazioni hanno davvero significato un riferimento nelle proprie vite.
Nonostante a volte sia necessario farlo, non amo proprio scrivere “coccodrilli”. Ciò che si descrive di quel passato lo si trova con un paio di click in rete e quello che si prova dentro è spesso, troppo spesso, difficile da raccontare. Perché che ci crediate o meno esistono persone per cui la Musica non è stata solo una compagna di viaggio, ma qualcosa che ti ha davvero cambiato la vita. E spiegare a chi vede nella musica un semplice companatico della propria è quasi impossibile dimostrarlo.
Non c’è modo di opporsi al tempo, l’orologio che ci portiamo sulle spalle ha una scadenza identica per tutti : a volte la sveglia suona un po’ prima, a volte poco dopo, ma suona comunque. Inevitabile quindi non pensare che questa catena di perdite si interrompa, che certi nostri eroi siano davvero immortali, che li avremo lì, sulle copertine dei nostri dischi per sempre, mentre loro se ne staranno in barca…come faceva Crosby… o in giro per il mondo a suonare…come faceva Beck.
E invece ci resteranno solo i solchi e immagini accuratamente scelte per impacchettarli. Ma è davvero tutto qua quello che chi se ne va ci lascia ? Un pacchetto di cd o una fila di album in uno scaffale ? Ecco, la differenza tra una morte “normale” e l’altra sta tutta qua : in quello che hai lasciato al mondo.
Jeff Beck e David Crosby non avrebbero potuto essere più lontani e diversi l’uno dall’altro, eppure rappresentano due aspetti di una vita che, consapevolmente o meno, ne ha cambiate milioni di altre. Sta tutto qua il “peso” di una mancanza : nella consapevolezza che tutto quello che ti è stato regalato e che ti aspettavi ancora che ti venisse regalato, improvvisamente si ferma.
Jeff Beck è stato forse tra i due o tre chitarristi che a mia memoria ricordi che non ha mai smesso di sperimentare, di crescere, di cambiare. La sua storia la potete trovare replicata in migliaia di post sui social che sembrano diventati adesso un’unica pagina mortuaria dove chiunque pare obbligato a ricordarti chi fosse lo scomparso; come se non ci fosse modo di saperlo altrimenti.
Ma non ho letto, se non in un paio di ricordi di suoi colleghi importanti, quanto Jeff sia stato fondamentale per lo sviluppo del suo strumento. Mai uguale a se stesso, ha scelto di evolvere il suo suono alla ricerca della Grande Nota, scivolando ogni tanto, ma mantenendo un profilo altissimo nel suo modo di suonare. Come ha scritto Warren Haynes : “…se non siete chitarristi, non lo potrete capire!”. Ed io non lo sono, ma ho capito, credo di averlo fatto, quanto importante sia stato per chi lo è o lo era. Ascoltare gli Yardbirds non è come ascoltare il Jeff Beck Group, come non lo è ascoltare le sue avventure con tutti i più grandi musicisti come Ian Hammer, Terry Bozzio, Vinnie Colaiuta, Rod Stewart, come non lo era entrare in un piccolo club londinese, il Ronnie Scott’s, e vedere seduti icone del nostro rock seguire attentamente quelle dieci dita che volavano su una tastiera tirando fuori note che, forse, non ascoltavamo così diverse dalle altre dai tempi di Jimi.
Per noi sono stati Page, Clapton gli eroi di quei tempi…solisti molto più famosi e con fortune decisamente più remunerative ma che si sono incorniciati dentro il proprio suono senza ricercare mai di andare oltre se stessi. Personaggi immortali, talvolta lontani dalla realtà dei semplici mortali… non Beck, che di fronte a una dodicenne che gli si presentò davanti dicendogli “sai, io suono il basso!”, rispose… “Vieni che proviamo a vedere come…”. Era Tal Wilkenfeld che insieme a Vinnie Colaiuta ha creato una delle sezioni ritmiche più incredibili in circolazione.
Ma sono proprio il commosso tributo dei chitarristi più incredibili che hanno versato lacrime virtuali sui social nel pensare a quante volte abbiano provato a inseguirlo sul suo terreno, magari superandolo in velocità, ma non in creatività. Una gara di cui noi siamo stati solo immobili spettatori per oltre cinquant’anni. A volte comprendendo, a volte no ma sempre sorpresi, affezionati collezionisti di Musica.
Croz, come da sempre i suoi amici lo hanno chiamato, è stato un compagno di viaggio diverso. Da lui non ci siamo mai attesi La Grande Nota, ma ci ha spiegato un tempo, una generazione, in cui si è creduto sul serio che tutto sarebbe cambiato, che il mondo avrebbe capito, che sette minuscole note spostando le molecole d’aria avrebbero rivoluzionato i mercati, la natura, l’amore, la guerra, il modo di vivere. Una generazione che avrà anche perso, ma che è riuscita a sopravvivere alla truffa delle droghe, inventando musiche così belle, incredibili, fantasiose, immaginifiche che ci hanno regalato sogni, speranze, obbiettivi in cui credere. E ci abbiamo creduto.
Ma non lo raccontate, perché non vi crederanno.
Non crederanno che la vostra vita possa essere stata non condizionata ma influenzata positivamente da…canzoni, armonie, racconti. In un mondo in cui oggi la musica altro non è che un contorno sciapito privo di fantasia e pieno di immagini risibilmente false e decodificate dal nostro passato, spiegare che i 120 secondi di Find the Cost of Freedom sono valsi più di qualsiasi trattato sulla vita e sul coraggio è impossibile.
David Crosby è stato il portabandiera di una generazione coraggiosa che, partendo dal nulla, ha saputo gestire e indirizzare da un folle quartiere di San Francisco milioni di ragazzi in tutto il mondo, imbarazzando il mercato, sorprendendolo con parole e gesti che sarebbero rimasti come immarcescibili oggetti d’Arte che ci siamo portati dentro fino ad oggi.
Certamente, le droghe, gli sbagli, le scivolate, le litigate, le ripetizioni… ma ciò che venne detto e fatto di bello è quello che è rimasto nel filtro delle nostre coscienze. E forse, come inconsapevoli fruitori lontani di un mondo che non ci apparteneva direttamente, abbiamo saputo capire quanto amore e amicizia erano nascosti anche nei solchi meno noti. Perché forse, se oggi fossi costretto a dare due nomi, due indicazioni definitive, non darei le cose più comuni ma due immagini cristallizzate di quello di meraviglioso che è stato : il Ronnie Scott’s di Beck e le non ufficiali PERRO sessions di Crosby, due cose che dovreste provare per tentare di capire quanto gli anziani come me abbiano perduto oggi. Ma sono certo che lo capiranno solo quelli della mia generazione.
Molto tempo fa ebbi modo di incontrare l’uomo seduto su un vecchio divano fuori di una casa di campagna; non era più quel giovanotto che avrebbe contribuito a provare a cambiare il mondo, ma un uomo di mezza età con una luce negli occhi diversa, piena di curiosità. Una domanda, di quelle stupide e prive di senso che ti escono dalla bocca quando oramai sei così preso dal carisma che gronda da chi hai davanti che non sai più cosa dici. Gli venne chiesto come avrebbe scelto di essere ricordato quando avesse smesso di cantare… “come il più grande cantante di armonie al mondo” fu la risposta immediata.
Lo farò, David.
Esposizione di RARA bellezza…
Grazie del dono
Adoro i commenti che mi adulano 🤣
Giancarlo,
se non me lo sono sognato Jeff Beck e Bozzio suonarono tanti anni fà al Bussoladomani di Viareggio, lasciando tutti noi a bocca aperta, c’erano anche i mitici Rick e Clive di MTV.
Sogno o realtà?
Non trovo nulla su Google
Credo di ricordare. In quel periodo però non abitavo in Toscana. Lo chiederò a Terry alla prossima occasione 🙂
Mi permetto di rispondere visto che ero a quel concerto. Era il 24 aprile 1990 al Bussoladomani di Lido di Camaiore per il tour di “Guitar Shop”.