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Ricordo Perfettamente

LA VITA E’ UN LUNGO ASSOLO

E' la chitarra il focus del rock and roll ? Forse no, ma certamente è lo strumento principe, quello che regna sovrano in ogni brano, che lo rende immortale. Ne ricordiamo i primi dieci che ci vengono in mente...per gioco...senza competizione.

Cosa colpisce in primo luogo nella maggioranza dei casi ascoltando un disco rock ? Banalmente direi un solo di chitarra. Certamente, le orecchie più raffinate e scafate, riusciranno a seguire contemporaneamente anche le tonalità del cantato, i tempi della batteria, la base del basso, il tappeto delle tastiere, la melodia e le armonie.

Ma credo di non sbagliare se indico in un assolo di chitarra, il primo metro di giudizio o la prima cosa ad emergere di primo acchitto. Poi, ad ascolti ripetuti, il quadro musicale che abbiamo davanti prenderà sicuramente tonalità sempre più complete. O perlomeno questa è la sequenza che avrei dato come corretta quando ero un giovane appassionato, affamato di note, di quelle note che non avrei mai saputo suonare in vita ma, spero, imparato con il tempo a distinguere e definire pur non essendo un musicista.

Devo dire che se da una parte ho sofferto molto nel non aver mai potuto tentare di riprodurre la musica che ho amato, dall’altra ho sempre pensato che un ascolto da “non musicista” mi abbia spesso aiutato nel giudicare in modo…direi terzo… quello che, per lavoro o per passione, ho ascoltato. Con il tempo mi sono accorto, difatti, che il musicista, qualsiasi sia il suo strumento, ha un approccio troppo spesso così tecnico e parziale dal distoglierlo, alla lunga, da un ascolto senz’altro meno competente ma di sicuro più “vergine”, più semplice.

Avendo lavorato in giornali, radio e televisione, mi rendo perfettamente conto di avere un giudizio condizionato in quello che vedo o sento o leggo. E dato che l’anzianità incipiente mi impedisce di permettere a chi mi sta vicino di seguire serenamente da lettore o ascoltatore o pubblico televisivo evitando i miei commenti sulle luci sbagliate, su un vestito eccessivo, su un conduttore strabordante, su audio scadenti in tv…oppure su impaginazioni andate diversamente da come il grafico se le era immaginate o su le piccole difficoltà della diretta radio o su l’odioso, per me, vizio di leggere testi preconfezionati, capisco perfettamente di essere una delle peggiori persone con cui passare una serata davanti alla tv o dare un’occhiata a un periodico.

Un tempo mi venne insegnato che il pubblico dei tre media di base, pur non avendo una preparazione specifica, PERCEPISCE PERFETTAMENTE che qualcosa non va, anche se spesso non si rende conto del perché. E la differenza tra un professionista ed il comune pubblico sta solo nel rendersi conto del perché. In sostanza : chi lavora in tv vede immediatamente le magagne – e se è un rompicoglioni come me, inizia a sbuffare e lamentarsi con chi non abbia saputo intervenire – mentre chi non ci lavora le percepisce allo stesso modo anche se non si rende esattamente conto dove stia l’errore… e di conseguenza, soprattutto, non rompe i coglioni come fanno quelli come me.

Tutto questo ragionamento per arrivare a sostenere che io, da ascoltatore non tecnico, ho amato e continuo a farlo con passione una serie di assolo di chitarra che, in modo basico, reputo speciali, ognuno a suo modo, pur non rendendomi conto del perché lo siano da un punto di vista tecnico.

Qui, oggi, vi elencherò i primi dieci solo che mi hanno accompagnato in questi decenni, con le motivazioni di un non musicista che spero non faranno imbestialire chi, meglio di me, potrebbe darne un giudizio completo. Ho scelto quelli che, con una definizione forse azzardata, io ho definito “solo con una progressione”, scegliendo quelle lunghe esibizioni che hanno segnato sicuramente un punto fermo nei rispettivi generi, e che mi regalano tutt’oggi emozioni e pelle d’oca se ascoltati con attenzione ed il volume giusto.

Inutile ricordarvi che questi sono dieci esempi assolutamente parziali, che non rispecchiano altro che i miei gusti personali, che non appena avrò smesso di scrivere me ne verranno in mente altri cento, che ho accantonato anche dei medesimi esecutori altri semplicemente più brevi o meno fondamentali, per me, ma sopra ogni cosa che non possono che essere una milionesima parte della bellezza che la nostra musica ci ha regalato. Prendete quindi queste mie passioni giusto come un omaggio a chi ha saputo toccarci il cuore utilizzando sempre le stesse, poche, sette note ma in una sequenza che solo i grandi avrebbero potuto mettere insieme.

COMFORTABLY NUMB – David Gilmour / Pink Floyd

La prima volta che vidi eseguire dal vivo questo assolo, rimasi a bocca aperta. L’ascolto del disco da cui proveniva non mi avrebbe mai potuto preparare alla incredibile cascata di note e di immagini che il concerto dei Floyd regalava. Chi possiede il Dvd dal vivo del concerto di Wembley, ricorda perfettamente come quel solo rappresenti l’apoteosi di quegli spettacoli. Purtroppo le telecamere non sono ancora sensibili come l’occhio umano e la valanga di luci che il grande fiore composto di specchi che cala dal soffitto della Arena aprendosi e che negli stadi usciva dalle spalle del gruppo per alzarsi e invadere il palco non avrebbero mai e poi mai potuto neppure andare vicino a quello che gli occhi vedevano mentre le orecchie venivano carezzate dalla chitarra di Gilmour. Quello che è stato immortalato lì è un caos luminoso che non è paragonabile alla vista reale. E’ questo per me uno dei solo definitivi, nel loro genere, che impacchetta e condensa tutto il meglio di quello che quel gruppo in quel momento poteva esprimere. Un crescendo nobile, melodioso, condito dalle armonie delle tastiere di Wright , che impreziosisce e rende immortale quel brano e che è così perfetto da costringere il solitario (e per me viscido) Waters a chiedere al suo chitarrista di replicare non solo la sequenza di note ma la tonalità di Gilmour, perché darne una interpretazione personale sarebbe al tempo stesso vile e criminale. Il karma che si prende la sua rivincita . Bellissimo, raro, perfetto.

A MILLION MILES AWAY – Rory Gallagher

Il brano, il mio preferito di Rory insieme a Shadow play, è tristemente autobiografico. E se non lo era al tempo in cui venne composto, lo divenne in seguito, quando Rory si autodecompose allontanandosi dal suo pubblico, diventando ancor più timido e chiuso, insicuro, probabilmente solo. Ho sempre trovato la tonalità della vecchia Fender di Gallagher assolutamente affascinante ma in questo brano pare avere un suono ancor più melodioso e quasi implorante. Il lungo assolo, la cui melodia non mi ricorda, per una volta, il classico stretto riferimento blues, cammina a braccetto con la reale solitudine di chi si trova abbandonato a galleggiare all’interno di un posto affollato. Forse sarà colpa dei racconti che Donal, il fratello, mi riferì sull’ultimo periodo di Rory, fuggito dalla sua città e rintanatosi in un piccolo appartamento di Londra, con unico compagno un musicista da pub con cui passava serate a suonare brani acustici, come se fosse in attesa della inevitabile fine, che questo assolo mi si è attaccato addosso, nella sua versione, a mio parere, più bella : quella di Irish Tour 74. Dall’inizio alla fine la tristezza melodiosa di quella chitarra ti prende per mano e ti accompagna per nove minuti indimenticabili.

MAGGOT BRAIN – Eddie Hazel/Parliament Funkadelic

Quando il comandante di quella folle accozzaglia funk rock che erano/sono i Parliament o Funkadelic, come alternativamente amano etichettarsi, George Clinton, chiese al suo chitarrista principe, Eddie “Smeero” Hazel di suonare quel lunghissimo solo, dopo un paio di tentativi che non avevano convinto il bassista, Clinton gli disse di “suonare come se gli fosse appena morta la madre!”. Voleva un suono lento, prolungato, ma triste e grondante emozione. Hazel partorì uno dei solo più copiati e riproposti da quasi tutti i solisti di colore. Se Hendrix era l’orgoglio della negritudine, Clinton ne rappresentava l’immagine colorata, folle, contrapposta al suono bianco duro e rock. Hendrix era ed è ancora la massima icona per la musica popolare nera, l’uomo che ne aveva sdoganato il gusto di piacere ed essere adorato anche dal pubblico bianco, fino ad allora confinato in apprezzamenti di facciata.

Il solo di Maggot Brain, che divenne poi il soprannome di Hazel è incredibilmente hendrixiano, un tributo all’immensa icona, ma fondato su una linea melodica che scorre su una sequenza di sette note che ne rappresentano il riff di base. Su quelle note ripetute con lentezza si snoda una cascata di distorsioni e wah wah che sorprende fin dal primo ascolto. Digitando Maggot Brain sul tube troverete decine di versioni, tutte bellissime, tutte omaggi a quell’ Eddie scomparso anche lui troppo presto. Le famose parole di Clinton : “Free your mind and your ass will follow” sono il viatico a un solo da storia del rock.

INCA ROADS – Frank Zappa/The Mothers

Trovare un assolo, uno soltanto, nella discografia del mio idolo, tra centinaia di dischi, è impossibile. Ce ne sono due, però, che continuano a emozionarmi ogni singolo ascolto, tra i tanti : quello di Trouble every day da Roxy & elsewhere ma sopra ogni cosa la versione del solo di Inca Roads, un brano fantastico sotto tutti i punti di vista, preso da un concerto a Helsinki e pubblicato, come estratto, anche sulla versione in studio del pezzo che compare su One size fits all. Zappa è stato colui che introdusse Hendrix all’uso del wah wah e lui medesimo un esploratore di quel genere di suono, che personalmente prediligo e amo. Ricordo che il chitarrista del Perigeo, un’ottimo gruppo italiano, confessò in tv, decenni fa, che il suono del wah wah di Zappa era la più bella cosa che avesse mai ascoltato. Il solo di Inca Roads è una sorta di blues rallentato eseguito all’interno di un brano con forti tinte jazz, grazie al piano di quel mostro che fu George Duke. Inutile dire che ogni volta che lo ascolto perdo il senso del tempo e del luogo… e delle parole per descriverlo. Una perla, un esempio luminoso di “scultura d’aria”.

LOST ANGELES – Dave “Clem” Clempson / Colosseum

L’ultima volta che vidi Chris Farlowe presentare Lost Angeles con i suoi Colosseum, disse precisamente : “ Questa è una delle cose migliori che abbia mai composto!”. E la Lost Angeles che compare sul bellissimo Live! dei Colosseum è veramente un brano indimenticabile. Il gruppo era a tutti gli effetti un supergruppo composto da sei elementi non solo con un passato importante, ma dove ognuno di loro avrebbe potuto… come fecero, in effetti… essere leader di una propria band. La miscela di rock, jazz e musica progressiva eseguita da musicisti di prim’ordine era semplicemente imbarazzante tanto splendida era la musica che riuscivano a produrre. I Colosseum furono la chiave per permettere al Jazz contaminato dal rock di essere accettato commercialmente. Il brano che contiene una lunga introduzione delle tastiere di Dave Greenslade, sfocia in una sorta di blues dove Farlowe narra tutto il suo disgusto per la vita nella città degli Angeli che descrive come piena di smog e sotto scacco di potenziali terremoti, piena di macchine , di milionari solitari, di mancanza del sole necessario. Ma quello che per me lo rende memorabile è il luminoso assolo di Clem Clempson, delicato, distorto, sfociante in un wah wah coinvolgente e sempre più veloce : una sorta di cavalcata resa incredibilmente perfetta dalla batteria di quello splendido Jon Hiseman, l’uomo che tutte le classifiche tendono a dimenticare. Ascoltare Lost Angeles è una avventura che non riesce a stancarmi.

HEAR MY TRAIN A-COMIN’ – Jimi Hendrix Experience

Non può esserci una classifica di pezzi con assolo indimenticabili che non contenga un brano di chi ha modificato il corso della musica rock diventando “Il” punto di riferimento per chiunque abbia mai preso in mano una chitarra : impossibile evitare di fargli riferimento. Per chiunque. Hendrix pur nella sua brevissima produzione ha scolpito brani di chitarra che lo hanno reso immortale. Per me, forse anche per una passione che nasce da ragazzo con la scoperta di Axis e poi di Electric Ladyland, il solo cui sono più attaccato è quella devastazione del blues elettrico che ha nome di Hear My Train A-Comin’ e che, estratto da un concerto e pubblicato su Rainbow Bridge è l’apoteosi del suo stile che si concretizza nel più tagliente blues elettrico che abbiate mai ascoltato, da allora. La caratteristica del suono di Jimi era che praticamente non abbandonava mai la chitarra anche durante il canto; tra tappeto sonoro, ritmica e solista, gli undici minuti del brano sono una esperienza che rivive ad ogni ascolto fino alla esplosione finale dove le note alte e il wah wah esaltano la versione perfetta di quel brano. Spettacolare.

SOMETIMES I FEEL SO UNINSPIRED – Steve Winwood / Traffic

Parlando di grandi solisti, difficilmente si arriverebbe a citare Steve Winwood, sicuramente passato alla storia per la sua voce inconfondibile, per le sue composizioni immortali e per le sue esibizioni pianistiche. Eppure, dopo la separazione delle strade di Winwood e Dave Mason, il giovane Steve decise di farsi carico anche delle parti di chitarra evolvendo il proprio stile fino ad arrivare a episodi di assoluta qualità. E’ il bellissimo doppio dal vivo On The Road che contiene alcuni assolo che meritano estrema attenzione : dalla ritmata Light Up Or Leave Me Alone, alla misteriosa Shoot Out At The Fantasy Factory dove l’abilità è indubbia, alla finale e per me luminosa Uninspired. Nella versione dal vivo, siamo nel 1973, la melodia del brano, molto bello e dedicato ad un amore difficile, si impreziosisce di un lungo assolo dove la melodia e le armonie create non necessitano di una tecnica speciale per fare del pezzo un gioiello. Non sempre la tecnica, la velocità, le centinaia di note sparate in sequenza sono necessarie per incastonare una perla…o almeno così la vedo io.

THE LAST DAYS OF MAY – Donald “Buck Dharma” Roeser / Blue Oyster Cult

In buona fede non credo che la versione più bella di questa storia “noir” sia mai stata pubblicata su disco. Sicuramente è parte di un video che dovrebbe risalire ad un tour del 1981 ed è facilmente reperibile sul Tube. Il fascino della storia di un traffico di droga finito male, con un occhio pietoso ai ragazzi che credevano di far denaro e goderselo, viene reso prezioso dal doppio assolo che questa versione davvero speciale propone. Il primo è dello scomparso Allan Lanier, tastierista e seconda chitarra dei Blue Oyster Cult che inizia la lunga punteggiatura solista del brano, introducendo un assolo delicato, perfetto direi, di quel grande e misconosciuto solista che è Roeser, uno che di un gusto raro fa il suo punto di forza, senza mai strafare in gigionesche gare di velocità, seppur la coda del suo assolo, il crescendo finale prima dell’ultima strofa cantata, è tutta da assaporare.

MY GENERATION – Pete Townshend /The Who

Nei dischi dal vivo, dal 1970, Live At Leeds pare essere una citazione obbligatoria. Bellissimo nella sua fantastica confezione originale (…copertina apribile con due tasche : una per il vinile ed una per foto, copie di fatture di danneggiamenti ad hotel, lettere di rifiuto di case discografiche, contratti di vario genere) il primo disco dal vivo dei The Who è passato alla storia come la celebrazione di un gruppo nato come tale e divenuto, per qualità dei quattro componenti, un vero e proprio supergruppo : The Who erano quattro maestri capitati per caso sotto il medesimo tetto. Di questa registrazione ne sono uscite, a pezzi e bocconi, almeno quattro versioni sempre più complete, per la dannazione dei collezionisti : dai sei brani originali ai quattordici della seconda edizione ai trentatrè dell’ultima ma con un brano in meno rispetto alla seconda versione… E se il basso e la batteria di Entwistle e Moon sono da oscar con un Moon a volte fin troppo debordante, se Daltrey mostra di essere stato una delle voci più potenti del rock inglese, è Pete Townshend l’incredibile tessitore di ritmiche e armonie sfocianti in brevi, secchi, affilati assolo che rendevano la sua tecnica davvero rara e unica. E’ a mio parere la versione di My Generation, trasformata in un lungo medley di sette altri brani, citati e ripresi fino ai quindici minuti totali a fare di questo brano una pietra miliare del rock. A lungo The Who sono stati indicati come “i padrini” del punk anche se della basilare semplicità del punk, qui, non c’è proprio niente; è forse dovuta al senso di devastazione, alla ribellione, alla forza primitiva del loro rock che l’immensa tecnica dei quattro è stata affiancata alla rozzezza…e diciamolo…alla semplicità dell’impatto di taluni gruppi punk. Per me ascoltare per intero la versione de luxe, quella a 33 brani, di Live at Leeds è una esperienza rinnovata, tanto difficile è assuefarsi alle cento citazioni che debordano da ogni loro brano. E non ci restino male gli appassionati ma neppure il recuperato Live At Hull , dal medesimo tour, può competere con la forza di Leeds.

WHO DO YOU LOVE – Gary Duncan / John Cipollina / Quicksilver Messenger Service

Se amate la chitarra solista e i classici cinque, dieci minuti non vi bastano mai, non potete non possedere, amare ascoltare le gloriose cavalcate soliste di John Cipollina e Gary Duncan i due solisti dei Quicksilver Messenger Service. Il secondo album dei QMS è il da sempre osannato Happy Trails il frutto della fortuna di avere il proprio leader chiuso in galera per droga e avere a possibilità di dar sfogo al blues psichedelico che ha reso indimenticabili i primi Quicksilver. Rilasciato poi per fine pena Dino Valenti, il gruppo non tornerà più su quelle vette soliste e acide che Valenti non amava. Ascoltare Happy Trails è fare i conti con 50 minuti di duelli solisti, intrisi di blues ma debordanti la nascente psichedelia californiana. Qui non c’è un brano da sottolineare ma un intero disco che toglie la voglia di elettricità con una versione mai più raggiunta in qualità del classico Who Do You Love di Bo Diddley.

Dieci ricordi vi avevo promesso, ma come detto all’inizio di questo scritto, buttando giù nomi e brani mi sono venuti in mente altri nomi che meriterebbero di venire ascoltati… la Great White Buffalo di quella forza della natura che è Ted Nugent, oppure la Intro alla Sweet Jane dei due gemelli ricusati da Reed, Dick Wagner e Steve Hunter, oppure ancora la acidissima, jazzata, debordante Larks’ Tongues in Aspic/Starless dei King Crimson di quel genio pazzo che è Robert Fripp, oppure ancora i voli dei due altri gemelli Duane Allman e Dicky Betts negli Allman Brothers Band… ma mi fermo qui. Vi avevo detto che sarebbe stato un elenco del tutto incompleto, parziale, di vecchi ricordi… figurarsi se poi mi mettessi a snocciolare quelli più recenti. Magari un’altra volta, ragazzi… no ? Nell’attesa tirate fuori voi i vostri primi dieci assolo del cuore… lunghi e ben distesi, però.

10 Commenti

  • Gaetano ha detto:

    Cia Giancarlo, COMFORTABLY NUMB su tutti (parere personalissimo). Vidi a i Pink a Roma il 12 luglio 88 al flaminio e conclusero il concerto proprio così. Ricordo che purtroppo l’amplificazione in quell’occasione non fu utilizzata al meglio perchè ebbero l’ordine di tenere i volumi “bassi” a causa del panico scatenato negli abitanti del quartiere qualche giorno prima dal volume dagli U2.

  • Roberto ha detto:

    Ciao Gian Carlo, ecco la mia selezione
    Frank Marino -Poppy Real live
    Ryan Mcgarvey – Mystic Dream
    Gov’t mule – No Need to suffer
    Gary Moore – Empty rooms live stockolm 1987
    Pink Floyd – Confortably numb ( Live)
    Roy Buchanan – wayfaring pilgrim ( live at rockpalast
    Too slim e the taildraggers – Hell’s half acre
    Neil Young e Crazy Horse – Hurricane ( Live)
    Larry Miller – Cruel old world
    Leslie West – Theme from an imaginary western (Live Night of the Guitar)

    • Giancarlo Trombetti ha detto:

      Alcuni dei tuoi non sono niente male…io ho scelto assolo lunghi, anche per evitare di soffrire tagliando fuori qualche migliaio di cose meravigliose 🙂

  • Vin Spinola ha detto:

    Jimmy Page out?!?

    • Giancarlo Trombetti ha detto:

      Avrei voluto mettere un solo del 72 su una versione dal vivo di How many more times… ma avevo detto dieci e solo lunghi assolo… un divertimento mica una classifica… 🙂

  • Adriana Romano ha detto:

    Ecco la mia sofferta selezione in ordine cronologico di conoscenza:

    E. Van Halen Running With the Devil
    T. Nugent Alone
    F. Zappa Black Napkins
    L. Reed Intro a Sweet Jane
    Skorpions Polar Night
    F. Marino Rock Me Baby
    F. Zappa Water Melon in Easter Hay
    O. Osbourne Orchid
    Prince Purple Rain
    J. Satriani Made of Tears

  • Adriana Romano ha detto:

    Pensavo fosse più semplice scartare assolo di chitarra cui sei legata, comunque mi sono divertita

  • Davide Ferretti ha detto:

    Bravo Giancarlo. Hai ricordato Who Do You Love con Cipollina e Duncan ( il fratello di Cipollina, Mario, è stato per molti anni il bassista di Huey Lewis ) ma soprattutto Clem Clempson in quel disco inarrivabile ed in quel brano straordinario che è Lost Angeles. Dici Hiseman dimenticato da tutte le classifiche…perché Clem ? D’accordo per SW poco ricordato e conosciuto come chitarrista. Di FZ poi non saprei proprio dire. Forse il solo con wah-wah di Willie The Pimp ma soprattutto quello su Muffin Man da Bongo Fury ( assolo pazzesco con quella “ scalata “ che sembra non finire mai….e la grande presentazione della band sul finale ). Grazie.

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