Solo nelle scellerate fantasie di inconsolabili nostalgici dell’epoca aurea dell’hard rock americano (i Seventies, tanto per chiarire…) si poteva vagheggiare nel 2019 un nuovo album degli Angel.
Invece, vent’anni dopo l’episodica riunione dell’effimero “In The Beginning” (allestita senza troppi clamori da Frank Dimino e Barry Brandt) e qualche mese oltre il 40° anniversario dell’uscita di “Sinful” (1979), autentica pietra miliare pop-metal, ecco risorgere il gruppo dei “Faraoni in seta bianca”, citando un mio scritto di ere geologiche fa, apparso sul Rockerilla nel 1983.
Perché emozionarsi tanto alla notizia di questa storica, quantunque incompleta rifondazione? Ebbene, il quintetto di Washington D.C. emigrato a Los Angeles, sfortunatamente una meteora del rock a stelle e strisce, esordì con un autentico tripudio di innovazione stilistica nel 1975, l’omonimo “Angel”, su Casablanca. Perorava la causa persa di un’eretica “contaminazione”, fra gli slanci trasformistici del progressive, per sua stessa definizione un genere libero dagli schemi, ed il rimbombante suono da “arena” del rock duro, naturalmente riconducibile a strutture più rigide.
Gli Angel sono stati il prototipo definitivo del pomp-rock americano, meno debitori verso i modelli prog inglesi rispetto ai pur fondamentali Styx e Kansas, e più originali degli stessi Legs Diamond, efficacissima risposta d’oltreoceano ai Deep Purple. Brani imponenti per magnitudine sonica come “Tower” e “The Fortune”, immortalati nei primi due albums, ne sono la chiave di lettura.
Nonostante uno spettacolare apparato scenico che si avvaleva di peculiari trucchi illusionistici ed il primato fra i gruppi rivelazione nel referendum della rivista Circus (1976), dove precedevano Boston ed Heart (entrambi destinati a ben superiore risonanza), gli Angel non decollarono mai verso un successo altisonante.
Nemmeno la svolta verso un suono più immediato e senza troppi ornamenti estetizzanti dei successivi “On Earth As It Is In Heaven”, “White Hot” e “Sinful” servì ad incrementarne le quotazioni commerciali, così il “Live Without A Net”, doppio dal vivo del 1980, divenne l’epitaffio degli originali musicisti “angelici” e dei loro Casablanca Years (titolo del cofanetto che racchiude la loro discografia 1975-80, edito da Caroline nel 2018 – nda).
Ma il loro testamento artistico è assolutamente significativo, nonostante lo scioglimento avvenga proprio agli albori del decennio che segnerà il boom dell’hard melodico e del glam metal negli U.S.A. : una generazione di musicisti che nel suono come nell’attenzione verso la “posa”, non sarebbero mai stati tali senza l’azione pionieristica degli Angel.
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Venendo ai tempi nostri, avvisaglie della rinascita giungono da Frank Dimino; rigenerato in un gruppo di Las Vegas, Vinyl Tattoo (con Oz Fox degli Stryper), nel 2015 torna definitivamente “in sella” come titolare di un album su Frontiers dal titolo profetico, “Old Habits Die Hard”…Nel rampante brano d’apertura, “Never Again”, l’assolo di chitarra è opera dell’iconico chitarrista degli Angel, Edwin Lionel “Punky” Meadows.
L’anno successivo è la volta di Meadows nel realizzare “Fallen Angel” (Main Man Rec.). E’ la prima opera “solo” di un chitarrista che per convinzione nei suoi Angel, seppe rifiutare proposte di unirsi prima ai New York Dolls, quindi ai Kiss del post-Frehley (facendo infuriare Gene Simmons). Senza dimenticare che Punky iniziò la propria carriera addirittura nel 1968 con l’LP dei Cherry People, gruppo pop che doveva rappresentare una risposta americana all’epocale british invasion.
Dimino restituisce il favore cantando nella versione bonus di “Lost And Lonely”, probabilmente il pezzo di matrice Angel più evidente dopo la loro scomparsa, d’inconfondibile identità melodica.
Il sodalizio “Punky Meadows & Frank Dimino of Angel” torna ad esibirsi dal vivo e con questa sigla nel 2018 pubblica un EP (Deko/Main Man) che ripropone le citate “Never Again” e “Lost And Lonely”, oltre all’inedita “Tonight”.
Il passo successivo è riappropriarsi del nome Angel con l’inconfondibile logo simmetrica, sebbene solo chitarrista e cantante si ripresentino della formazione originale. A ben guardare, non è poco, perché si tratta dei ruoli essenziali di ogni R&R band, inoltre fra i compositori del pregiato repertorio “angelico” manca solo Gregg Giuffria, ormai agiato uomo d’affari…
Un’assenza che indubbiamente pesa, perché a mio avviso si tratta del miglior tastierista di sempre dell’hard rock U.S.A., capace nei momenti topici di riecheggiare iperboli Emersoniane. Rilevante è anche la perdita di Barry Brandt (considerato il “motore” degli Angel da Dimino), un drummer mai riconosciuto per il suo reale valore, emulo delle possenti figurazioni ritmiche di John Bonham. Defezionario infine il bassista Felix Robinson (eppure nella line-up di “Fallen Angel”), che aveva sostituito Mickie Jones (al tempo di “White Hot”), quest’ultimo prematuramente deceduto nel 2009.
ANGEL: “Risen” (Cleopatra, 2019)
Nel nuovo sestetto, Punky reca con sé un secondo chitarrista, Danny Farrow, ed il collaudato tastierista Calvin Calv (già con gli Shotgun Symphony negli anni ’90); entrambi avevano suonato in “Fallen Angel”, mentre la sezione ritmica è formata da Steve Ojane (basso) e Billy Orrico (percussioni).
Con Punky e Frank a dirigere le operazioni, non sorprende che il nuovo album, “Risen”, si riallacci allo stile più essenziale privilegiato dagli Angel a partire da “On Earth…”, quando lo stesso chitarrista si dichiarò stanco di “castelli e temi mitologici” che caratterizzavano gli esordi.
Sebbene una replica di “Angel Theme” (epilogo con diversi arrangiamenti dei primi due album), inauguri i solchi di “Risen”, le mosse successive, “Under The Gun”, “Shot Of Your Love” e “Slow Down” confermano la scelta di un hard a fuoco rapido, corroborato dagli assoli concisi ed eleganti di Punky e dalla voce di Frank che non ha perso il gusto di stentoree acrobazie, marchio di fabbrica di uno dei cantanti più ingiustamente sottovalutati di sempre.
Le tastiere di Charlie Calv rivestono essenzialmente il ruolo di un corposo e raffinato background senza avvicinare i momenti egemonici di Giuffria, ma anche il successore del magistrale Gregg vive il suo momento di gloria, nel brano più nostalgico e forse più avvincente della collezione, quel “1975” che si ispira palesemente alle origini del gruppo.
Avviene nella maestosa overture, un fulgido mix sinfonico fra “Can’t Keep From Cryin’” degli American Tears di Mark Mangold e la leggiadra “The Fortune”; come in quest’ultima, le tastiere sfumano nel raffinato arpeggio di Punky e tutto il brano sfoggia intensità passionale, eccedendo solo nell’inciso “sussurrato” da una voce femminile…
I Nuovi Angeli hanno altre frecce al loro arco, a partire dall’impetuosa “We Were The Wild”, fra gli episodi spiccatamente heavy, con un riff roccioso che ricorda i loro epigoni Dokken, mentre “Desire” cattura l’approccio più vintage, con indizi rivelatori quali l’organo Hammond ed i trascinanti intrecci vocali tipici del pop-metal definitivo di “Sinful”.
Da segnalare anche “Punky’s Couch Blues”, un energico incrocio fra arena rock e hard blues, matrice quest’ultima sempre presente nell’opera degli Angel, in brani affini agli Aerosmith dei Settanta, basti ricordare “Big Boy” e “Under Suspicion”.
A suggello di “Risen”, l’ultima cavalcata spetta ad un perenne cavallo di battaglia qual’é “Tower”, in una nuova versione che ha l’unico torto di esser fin troppo fedele all’originale, ma che conferma gli Angel 2019 ancora degni di confrontarsi con uno splendido passato, su tutti un 68enne Dimino in gran forma!
Non solo nella copertina che ripropone il classico appeal dei musicisti in veste bianca, “Risen” è quanto di più vicino si poteva immaginare allo stile rappresentativo degli Angel, ed in quest’ottica è tutt’altro come-back rispetto a “In The Beginning” (dall’anima Zeppeliniana insolita per loro e abusata altrove…). E’ probabilmente appesantito da una durata eccessiva e da qualche episodio in tono minore, peccato originale da quando la durata del CD ha raddoppiato i tempi di un classico LP, ma si tratta di un lavoro concepito e realizzato con grande dignità e senso delle proprie radici, costellato da lampi di autentica emozione per ogni consapevole fan degli Angel. Una band cruciale per lo sviluppo dell’heavy anni ’80. In Terra…come in Paradiso!
Angel Mania, cosa scrivemmo negli Anni ’80…
In quell’epoca, gli autori del Blog che state leggendo erano in avanscoperta sulle pagine Hard’n’Heavy di Rockerilla, più o meno tollerati dalla maggioranza new wave, ed in seguito ancora affiancati sotto l’egida di Metal Shock.
Con il boom del metal di Los Angeles a tinte glamour di Motley Crue e Ratt, ne approfittai subito per rievocare i loro precursori Angel (vedi articolo pubblicato su Rockerilla nel luglio 1983). Tanto per ribadire incrollabile fedeltà all’”Helluva Band”, ecco che con il primo numero di Metal Shock (aprile 1987, con l’ormai storica Ozzy cover) inauguriamo anche la rubrica “Shock Relics”, già anticipata in fase embrionale su Rockerilla.
Il “ponte ideale” fra passato, presente e futuro del rock duro è sempre stato alla base del nostro Credo musicale. Ovviamente, anche in questo caso, non potevano mancare gli Angel…In allegato trovate le inconfutabili testimonianze di quegli anni!
Il disco più vicino come spirito a Risen, a mio modesto parere, è proprio Sinful, ovviamente fatte le debite differenze tra le due epoche storiche. Trovo che canzoni come Shot Of Your Love, Desire, Don’t Want You To Go abbiano proprio quell’innocenza melodica di quell’album, che sempre a mio avviso, rappresenta il pop metal nella sua più vera essenza. Era tanto che una novità del settore non mi esaltava così tanto. Grazie Angel, e grazie Beppe.
Ciao Alessandro, la tua opinione ha delle basi oggettive (al di là dei giudizi personali): innanzitutto “Sinful” era l’album di studio con cui gli Angel si erano congedati, dunque la loro ultima “tendenza”; logico assecondarla, anche perché gran parte della stampa schierata a favore l’aveva accolto come il loro classico pop-metal. Secondo, nella riunione di “Risen” é (purtroppo) assente Giuffria, a cui erano inevitabilmente dovuti gli spunti più sinfonici (che rimpiangiamo, nonostante le qualità di “Risen”). Grazie
Appena uscito l’album mi sembrava un poco frammentario ma dopo diversi ascolti mi sento di dire che si tratta di un buon album. Gli Angel ci sono gli Styx ed i Kansas pure sento la mancanza di un nuovo lavoro dei Legs Diamond di cui ricordo la meravigliosa retrospettiva su Rockerilla. Come al solito non ne sapevo nulla per cui all’epoca è stato un piacere fare questa scoperta. Un caro saluto da Carmelo.
Ciao Carmelo, come saprai é imminente l’uscita del nuovo album degli Styx, “Crash Of The Crown” la data prevista é domani, 18 giugno. Speriamo sia all’altezza del glorioso passato, senza pretendere gli stessi vertici. Un pò come nel caso degli Angel di “Risen”. Grazie
Ricordo un vecchio articolo su Metal Shock sulla storia degli Angel, grazie al quale mi comprai una loro raccolta. Lieto di rileggerti Beppe, la tua recensione del Top Metal Album era sempre una luce. Merito tuo se seguo i Dream Theater dal primo album.
Giampaolo, fa piacere che si rifacciano vivi i lettori di un tempo. Mi è capitata recentemente sotto mano quella recensione. E’ del 1989; a proposito di quell’anno, stai “sintonizzato” che a breve ci saranno sorprese. Ciao, grazie
Assolutamente!!!
Beppe, toglimi per cortesia se puoi una curiosità: sto ascoltando il bel live “Zappa in New York” , una canzone si chiama Punky’s Whips e nella introduzione FZ menziona proprio il chitarrista degli Angel; come mai?
Ce l’ha con lui o che?
Grazie
Si, Baccio. Zappa ironizzò pesantemente nel pezzo che citi, su una presunta “infatuazione” del suo batterista Terry Bozzio per le labbra di Punky (la posa fotografica incriminata credo che appaia all’interno della copertina del disco). Interrogato a riguardo, Punky dichiarò che non si sentiva provocato da quell’episodio, ben conoscendo lo stile satirico di Zappa. Avevano anche concordato di salire sul palco assieme (non ricordo se avvenne) per smentire qualsiasi animosità. E’ stata pubblicata anche una foto che ritrae gli Angel con Frank. Ciò che riporto è tratto da un’intervista a Meadows, che a mio avviso rispose in modo alquanto signorile alla questione, senza altro aggiungere da parte mia. Ciao!
Beppe ha descritto, come sempre perfettamente, il disco che risulta molto più coerente rispetto al precedente ma seppur nettamente superiore alla qualità media del periodo (ma per quello purtroppo non occorre poi molto!), ritengo sia un lavoro molto al di sotto dei loro standard tenendo conto, però, che questi difficilmente potevano esser finanche eguagliati. Sperando di non esser tacciato di empieta’ da Beppe, trovo più “attraenti” i solisti di Meadows e Dimino…
No Enrico, nessuna “empietà” quando le affermazioni sono ben circostanziate. L’importante è conoscere la materia e non spacciare amenità…Padronissimo tu di preferire gli album solo di Frank e Punky, che hanno i loro momenti, certamente. Non esiste un divario inequivocabile fra questi lavori e “Risen”, a favore dell’uno o degli altri. Rispetto alla produzione Casablanca degli Angel, non si può negare che “Risen” soffra il paragone ma non mortifica affatto la reputazione dei nuovi Angel e resta un bel disco. Ciao
Grandissima questa retrospettiva in occasione del loro rientro! Disco più che onorevole direi. Bellissimo inoltre rivedere queste pagine da Metal Shock (Shock Relics era una rubrica splendida) con dischi del passato recensiti che avrei imparato ad amare solo anni più tardi 😉
Sono riuscito ad ascoltare questo lavoro un mesetto fa. Concordo a pieno con la recensione, compreso il fatto che sia un tantino troppo lungo. In ogni modo, questi ragazzini hanno fatto uscire uno dei migliori lavori del genere dell’anno scorso.
“Risen” non può eguagliare ciò che hanno rappresentato gli album degli Angel degli anni Casablanca, ma potendolo assimilare senza fretta, sono convinto che difficilmente avrebbero potuto fare di meglio, dopo tanto tempo. Nel panorama dell’attuale hard rock melodico, gli Angel restano un gruppo di spicco. Anche noi ci ripresentiamo molto più, modestamente, a distanza di decenni…Grazie a voi che ci leggete.
Dal mio punto di vista un grande ritorno!
La classe non è acqua…
Uno dei pochi album di rock melodico(sempre che sia il termine corretto) dei giorni nostri che meriti effettivamente più ascolti.
Ciao Beppe e Giancarlo..
Mi aggrego al coro di coloro ai quali siete mancati come il pane,dopo la vostra dipartita dal mitico Metal Shock,anche perché chi vi scrive era cresciuto con le vostre recensioni su Rockerilla.
L uscita dei vostri scritti sue suddette riviste generava forte emozione,ancora prima che uscisse il numero tanto che andavo gia in fibrillazione giorni prima.
Riavervi con noi significa collegare un ponte temporale da quegli anni gloriosi ad oggi..
Un grande abbraccio ad entrambi.
Paolo
Grande Beppe! Ritrovarti per me è tornare giovane e rivedere gli articoli e le copertine d’epoca una emozione. Conservo ancora con cura i pochi numeri di Hard’n’Heavy e i primi trenta di Metal Shock.
Grazie e in bocca al lupo! Un abbraccio
Che piacere immenso tornare a leggerti, Beppe!!!
Grazie Fabrizio! Speriamo di rispondere degnamente alle aspettative di chi ancora ci sta leggendo…Un caloroso saluto a tutti i REVENGE