Se l’intento degli agitatori punk era quello di togliere di mezzo i dinosauri del rock antidiluviano, il piano si è rivelato presto fallimentare.
L’illusione si è rapidamente dissolta all’inizio degli anni ’80 nella stessa Inghilterra, con il rilancio a tutto volume dell’heavy metal, ma la new wave non ha straripato nemmeno sulle Coste Americane, dove il cosiddetto AOR dominava a livello radiofonico e di vendite, legittimando il successo di Boston, Journey, Foreigner, REO Speedwagon, Toto, Styx e Survivor nel mercato più remunerativo del mondo.
In tale contesto si affacciavano gli Asia, quattro gloriosi veterani del progressive rock, che immediatamente conquistavano gli U.S.A. L’omonimo primo album, uscito nel marzo 1982, regnò per nove settimane consecutive in vetta alla classifica di Billboard, superando i record di ogni precedente debutto con oltre sette milioni di copie vendute; addirittura si ergeva a best seller dell’anno, succedendo ad “Hi Infidelity” dei REO Speedwagon (1981). Anche gli scettici dovettero riconoscere quanto durevole fosse l’amore del pubblico per i grandi reduci del rock classico dei Seventies.
La genesi degli Asia non contemplava però la volontà mirata di aggiornare la teoria vincente del “supergruppo”.
Le fondamenta erano gettate da John Wetton, bassista e voce melodica dalla timbrica inconfondibile, non a caso erede di Greg Lake nei King Crimson, con i quali aveva registrato in studio tre album fondamentali, fra il 1973 ed il ’74. Precedentemente era stato membro dei Family, in seguito con gli Uriah Heep ed in breve nei Roxy Music. Proprio con l’enfant prodige Eddie Jobson (tastiere e violino), suo compagno nei Roxy, aveva allestito nel 1977 una formazione “all star” del prog inglese, U.K., con il batterista degli Yes, Bill Bruford ed il chitarrista-virtuoso Allan Holdsworth. Esaurita quell’esperienza, Wetton decideva di tentare l’avventura solista con l’LP “Caught In The Crossfire” del 1980. Nei suoi programmi ce n’era un secondo che avrebbe coinvolto Steve Howe, prestigioso chitarrista degli Yes, ma il manager di entrambi, Brian Lane, li convinse ad estendere il progetto, suggerendo il nome “Asia” e l’ingaggio del tastierista Geoff Downes. Questi era già stato coinvolto con Trevor Horn, suo partner nei Buggles, proprio negli Yes di “Drama”, alla ricerca di un suono più moderno ed immediato. La prima recluta nel ruolo di batterista doveva essere il promettente Simon Phillips (in seguito celebre session-man), ma la scelta definitiva ricadde sul mitico Carl Palmer, pluri-vincitore nei rock poll del Melody Maker con gli ELP, ma reduce dall’infausta esperienza con John Nitzinger nei PM.
La Geffen si era già assicurata le prestazioni del nuovo quartetto, ancor prima del suo completamento. John Wetton, Steve Howe, Geoff Downes, e Carl Palmer si rifacevano però solo parzialmente alla formula dei loro precedenti storici, inoculando nel suono massicce dosi di rock melodico, ideale per cavalcare le onde FM americane. Ed è opportuno sottolineare come questo genere musicale prettamente yankee, già annoverasse fra i suoi titani gli inglesi d’esportazione Foreigner.
Illustrato da un’iconica copertina di Roger Dean, “Asia”, resta testimonianza di quanto di meglio offrisse il rock radiofonico negli anni ’80, con memorabili parti vocali ed esecutori intoccabili, layers di tastiere che regalavano estensione al suono e la sofisticata produzione – nell’arco di cinque mesi – di Mike Stone, già collaudato con i Journey.
Tali sono gli ingredienti di magistrali hits generate dalla coppia di compositori Wetton-Downes: “Heat Of The Moment”, “Only Time Will Tell” e “Sole Survivor”, ma anche di brani minori ed altrettanto piacevoli, manifesti di un rock levigato con malizia commerciale, ma di classe innegabile.
Istigati dall’enorme successo all’esordio, i musicisti si mettono ancor più al servizio della canzone nel secondo album “Alpha” (1983), dove accentuando l’inclinazione pop, si allontanano sensibilmente dal retaggio progressive. Stavolta il pubblico nostalgico di Yes ed ELP si mostra disilluso dal gruppo, che ancora riscuote successo (sia l’LP, al sesto posto, che il singolo “Don’t Cry”, raggiungono i Top 10 negli USA) ma nettamente inferiore al predecessore.
Addirittura il re finisce detronizzato; Wetton viene infatti sostituito proprio da Greg Lake nella tournée giapponese “Asia In Asia”, ma il nuovo assetto non appare risolutivo, ed all’inizio dell’84 si ufficializza la restaurazione del leader originale. Ormai il supergruppo dalla partenza lanciata diventa instabile, lo stesso Howe abbandona le sessioni di registrazione del terzo album in autunno, rimpiazzato da Mandy Meyer, ex-Krokus e soprattutto nei Cobra, promettente formazione di hard rock melodico con Jimi Jamison (poi celebre nei Survivor) alla voce.
Il successivo “Astra” (1985) si risolverà in un fallimento commerciale; peccato davvero, perché la chitarra di Meyer rinnova il suono con un taglio più deciso ed i singoli “Go” e “Too Late” avrebbero le carte in regola per riportare in alto gli Asia. Invece finiscono per sciogliersi, ed il tentativo di resurrezione con il chitarrista Pat Thrall, documentato dai brani inediti dell’antologia “Then And Now” (1990), non sortisce alcun effetto.
Perso il contratto Geffen, Downes inaugura un nuovo ciclo, inizialmente con Howe, Palmer ed il cantante-rivelazione John Payne.
Il tempo delle grandi arene è tramontato e le ambizioni sono ridimensionate a nucleo da culto del rock melodico, ma i rinnovati Asia iniziano benissimo con il quarto album di studio “Aqua”, del 1992. Non è qui che ci occuperemo delle ramificazioni del loro albero genealogico, se non per riaffermarne il livello espressivo di piena dignità.
Nel gennaio 2006, i componenti della classica line-up si ritrovano per organizzare il 25° anniversario dell’epocale “Asia”, che verrà celebrato con il tour mondiale del 2007, seguito da tre album di studio per la Frontiers a regolare scadenza biennale, “Phoenix” (2008), “Omega” (2010) e “XXX” (2012, proprio tre decenni dopo l’esordio), tutti realizzati dai membri originali Wetton, Howe, Downes e Palmer, con spunti di indubbia eccellenza. Dopo l’ulteriore separazione da Steve Howe, sostituito dal 26enne Sam Coulson, gli Asia giungono al canto del cigno, il pregevole “Gravitas” del 2014.
Ma nemmeno la scomparsa di Wetton tre anni dopo sembra aver scritto la parola fine sul futuro della formazione.
Oggi, il testamento musicale degli Asia dal vivo, viene sublimato in un box agiografico, “The Official Live Bootlegs Volume 1” (BMG), che già dal titolo fa pensare ad un probabile seguito, nello stile dei “Manticore Vaults” degli ELP. Come da tradizione ereditata dagli Yes, la copertina è opera del grande Roger Dean, mentre sono cinque i concerti presentati, tutti in doppio CD, registrati in epoche differenti: memorie dell’esplosiva ascesa (1983) e delle tournée di riunione, dal 2007 al 2010, ma sempre con il classico quartetto a recitare da protagonista.
ASIA: The Official Live Bootlegs Volume 1
Live At Kleinhans Music Hall, Buffalo, NY, USA, 3/5/1982
Nell’ormai avanzato tour del dilagante “Asia”, il concerto di Buffalo esordisce con un abituale atto d’apertura, “Time Again”, certamente fra i più dinamici dell’opera prima, mentre “One Step Closer” si riallaccia, nello sviluppo strumentale e nelle melodie vocali, alle loro radici progressive; si tratta infatti di uno dei primi brani delle sessioni di studio degli Asia, unitamente a “Cutting In Fine” (pomp-rock di prim’ordine), “Without You” e “Here Comes The Feeling”, quest’ultimo con assolo di Palmer, altro costante polo d’attrazione negli shows degli Asia, incurante dei più sintetici standard esecutivi degli anni ’80.
Probabilmente non a caso, i titoli citati sono tutti presenti nel Live alla Kleinhans Music Hall. Vi figura anche “Midnight Sun”, un pezzo d’atmosfera nei canoni più rappresentativi dell’AOR, anticipazione del secondo “Alpha”, che uscirà pochi mesi dopo, in luglio.
Peccato che in questa performance, esecuzioni strumentali di pregio siano penalizzate dalla voce di John Wetton, non all’altezza delle seducenti timbriche che gli abbiamo riconosciuto nella sua venerabile storia.
Il gran finale culmina nei due singoli di successo, “Sole Survivor” e soprattutto “Heat Of The Moment”, che aveva raggiunto il quarto posto assoluto della classifica di Billboard.
Live At Centrum, Worcester, MA, USA, 22/8/1983
Il secondo concerto di questa serie di Bootlegs faceva invece parte del tour di “Alpha”; infatti, accanto all’ormai classico repertorio di “Asia” (“Wildest Dreams” in apertura, “The Heat Goes On” ed “Only Time Will Tell”, sintomatici dell’efficacia di ogni brano dell’esordio), trovano spazio anche il nuovo singolo “Don’t Cry”, la stessa “Midnight Sun”, oltre ad “Eye To Eye” e “The Last To Know”; sono una conferma dell’arduo confronto con il primo album, ma anche di un follow-up fin troppo sottovalutato.
Nello show del Centrum di Worcester viene conferito maggior spazio ai saggi individuali; inizia Downes con un assolo di tastiere dal clima “spaziale”, più alla Jean-Michel Jarre che in chiave tecnicistica Emerson/Wakeman. E’ poi la volta di Steve Howe a cimentarsi in un personale tour de force di 16 minuti alla chitarra classica, che riunisce “Beginnings”, “Valley Of Rocks” e “Clap”, una medley delle sue escursioni soliste ben note agli estimatori del chitarrista, fra i più illustri del rock progressivo. Infine è la volta dell’ennesima tempesta ritmica di Palmer (“Here Comes The Feeling”), su cui è superfluo dilungarsi. Anche in questo spettacolo, “Sole Survivor” e “Heat Of The Moment” costituiscono in successione l’apogeo terminale.
Live At Credicard Hall, São Paulo, Brazil, 23/3/2007
Nella riunione celebrativa del 25° Anniversario di “Asia”, si ritrovavano i quattro musicisti che gli diedero vita, archiviando la pur interessante esperienza con John Payne.
Gli originali Asia si riproposero con una serie di concerti a livello internazionale, in USA, Gran Bretagna, Giappone e Sudamerica, nuova “terra promessa” per le rockstar, basti pensare alle folle sterminate che hanno accolto inaffondabili corazzate come AC/DC ed Iron Maiden. Nel concerto di San Paolo del Brasile, apprezzabile per la resa sonora più corposa rispetto ai Live dei primi ’80, non c’è ancora traccia del futuro album “Phoenix”, ma fattore più stimolante per i fans di vecchia data, i musicisti esibiscono nuove versioni di evergreen dei gruppi che li resero famosi, una formula vincente ribadita in seguito. Il primo assalto retrò è la celeberrima “Roundabout” degli Yes, in omaggio a Steve Howe che ne caratterizza l’inconfondibile preludio; più problematico emulare le immacolate polifonie vocali di Jon Anderson e compagni…Poi Wetton annuncia “Fanfare For The Common Man”, resa popolare dagli ELP; il rifacimento degli Asia è davvero competitivo e personalizzato dagli interventi della chitarra solista, mentre Downes, da sempre estimatore di Emerson, riecheggia all’organo Hammond un altro grande tastierista scomparso, Jon Lord.
Il supergruppo si misura anche nel remake di un’altra pietra miliare, “The Court Of The Crimson King”, che John Wetton ereditò nella sua militanza nel gruppo di Robert Fripp, dimostrandosi degno successore di Greg Lake. Gli Asia giurano fedeltà all’enfasi dell’originale, compreso il clima sinfonico del mellotron, seppur in tempi ridotti. Infine, tocca a Geoff Downes riprodurre la leggerezza synth-pop del fortunato singolo dei Buggles, “Video Killed The Radio Star”, dal coro evidentemente campionato. Oltre alle tipiche greatest hits del quartetto, c’è spazio anche per la sorpresa “Ride Easy”, facciata B del singolo “Heat Of The Moment”, che in quest’episodio ne precede l’esecuzione.
Live at The International Forum, Tokyo, Japan, 12/5/2008 (1st Night)
Nell’aprile 2008, 25 anni dopo “Alpha”, esce “Phoenix”, il terzo album degli Asia che vede riuniti Wetton, Howe, Downes e Palmer. La stessa line-up aveva interrotto nell’estate precedente il tour, per problemi di salute del bassista e vocalist. In maggio tornano ad esibirsi in Giappone, dove nel marzo 2007 avevano registrato il DVD “Fantasia Live In Tokyo”. Il concerto all’International Forum del nuovo “Bootleg Ufficiale” è dunque differente avvenimento; forse in memoria del quarto di secolo di “Alpha” è inaugurato da un singolo di quell’album (“Daylight”, B-side di “Don’t Cry”) e in programma ne figura un altro, la malinconica, maliosa ballata “The Smile Has Left Your Eyes”.
Ricorrenti invece gli assoli dei musicisti, con Downes protagonista di un rapido “Bolero”, che non è lo stesso di Ravel/ELP ma a sua volta dotato di incedere maestoso. Immancabili i quattro celeberrimi classici del passato, da “Roundabout” a “Video Killed The Radio Star”, nella sequenza già esposta e conosciuta in “Fantasia”.
Tengo a segnalare l’inclusione di “Voice Of America” (da “Astra”) fra i migliori brani sottostimati del quartetto.
Infine, trovano spazio anche estratti del nuovo “Phoenix”, particolarmente riusciti: “Never Again” è modellata su un riff di chitarra più hard rock rispetto alla prassi degli Asia, mentre “An Extraordinary Life” sfoggia un coro anthemico, insistendo sullo stile compositivo che li ha resi famosi.
Live at HMV Forum, London, UK, 14/12/2010
Gli Asia tornano in patria per presentare nella capitale l’album del 2010, “Omega”, che ha raccolto pareri più favorevoli rispetto al predecessore. Forse a conferma di queste credenziali, nel set londinese si evidenzia una significativa presenza di materiale del nuovo disco, a partire dall’introduttiva “I Believe”. “Finger On The Trigger” conferma che sul piano della qualità, gli Asia non hanno mai tradito, seppur lontani dall’era di rutilante successo, mentre “End Of The World” rappresenta il clima drammatico del titolo, con adeguato arrangiamento pomp-sinfonico e l’attraente intreccio della chitarra di Howe. Completano la sequenza di “Omega”, “Holy War” e “Through My Veins”.
Del tutto assente, nella circostanza, il lascito della belle époque Yes/ELP/Crimson/Buggles, ma questo rende l’ascolto complessivo più vario.
Ad esempio, trovo stimolante l’unico innesto (nell’intero Vol. 1) del regale singolo “Go”, che avrebbe meritato maggior fortuna, e di una ricca versione di “Open Your Eyes”, oltre sette minuti con travolgente finale strumentale dove si accende il tonitruante drumming di Palmer, al quale le canzoni degli Asia imponevano un ruolo generalmente più “economico”.
Un notevole atto finale, questo del Forum di Londra, a riprova che “The Official Live Bootlegs Volume 1” è certamente opera per completisti di una formazione emblematica della trasmutazione prog in rock melodico, eppur consigliata anche alla nuova generazione di appassionati, attratti da esponenti più attuali di questo genere musicale, ma desiderosi di approfondire la conoscenza di chi ne ha realmente fatto la storia.
Complimenti Beppe, leggere i tuoi articoli permette anche a chi Sto arrivando! poco come me degli ASIA di addentrarsi nell’argomento e saperne di più, ma non in modo superficiale. Non amo i paragoni, ma ovviamente gli ASIA avevano intrapreso una strada diversa rispetto agli EL&P stessi, per non parlare di King Crimson o altri. Indubbiamente un modo più diretto e “leggero” per comunicare con un gruppo di ascoltatori più vasto. A parte la militanza del grande Carl Palmer e di Steve Howe, credo che gli ASIA abbiano contribuito ad onorare un grande della musica rock a cui non si è mai data la giusta importanza: John Wetton.
Comunque grazie per diffondere questi suoni e il tuo squisito modo di esporre il tutto. Ciao.
Grazie Medeo, le tue frasi finali danno un senso al lavoro di chi, come me, cerca di trasmettere le proprie emozioni sulla musica senza secondi fini. Poi mi piace che sottolinei la figura di John Wetton, un cantante che ci ha fatto davvero sognare. Un caro saluto
Bell’articolo Beppe, complimenti anche stavolta !
p.s. ho visto che nei commenti e’ uscito fuori il discorso di 90125 degli Yes: te che ne pensi di quel disco ? Per me e’ un capolavoro, perfetta “via di mezzo” tra Prog anni 70 e Synth Pop anni 80 (o comunque quel mondo “sintetico” li’)
Ciao !
Si, Stefano, ho detto che 90125 e’ probabilmente il miglior “compromesso storico” fra retaggio prog dei ’70 e certo suono “sintetico” degli ’80. Disco imperdibile e gran singolo “Owner of a lonely heart”, fra i classici del decennio. YES, loro potevano…ciao!
Articoli, i tuoi, che hanno sempre il potere di farmi interrogare (a volte penso ai primi Asia come a una versione commerciale dei secondi UK) e di agganciarmi a un ricordo.
26 luglio 2007, i quattro titolari convocati ad Afragola al festival di Lino Vairetti, che iniziano con Midnight Sun (mandandomi in estasi), con Howe che ricama Masquerade, ed io a chiedermi “che ci faccio qui?” circondato da battimani a tempo e la giacca argento di Downes in Video Killed. Emozioni contrastanti, ma la storia del rock a un metro da me.
Leandro ciao, Lino Vairetti ha fatto la storia del prog italiano con gli Osanna, ed evidentemente ha intrattenuto ottimi rapporti con artisti internazionali di quel genere. Nel 2016 ha cantato qui, in provincia di Bergamo, con gli ELP Legacy di Carl Palmer. Grazie del tuo bel ricordo, se il mio articolo ti ha fatto tornare in mente un evento appassionante è cosa gradita anche a me.
Quel concerto iniziò in ritardo perchè dovettero trovare un ben preciso pedale wah-wah altrimenti Howe non sarebbe salito sul palco… coi Miti non si scherza!
Un box del genere ci vorrebbe per i Led Zeppelin, ma Jimmy Page lo sappiamo è pigro e Robert Plant contrario a simili iniziative!
Ciao Baccio, i grandi Zeppelin hanno pubblicato ricchi box degli album ufficiali; forse per la loro reputazione di Dei assoluti del rock disdegnano la realizzazione di “Bootlegs ufficiali”. Peraltro, come certamente ben sai, la diffusione di loro registrazioni dal vivo è enorme e materia di studio dei numerosissimi ed esigenti fans. Certo, mettessero ordine a tutto ciò con la “benedizione” dei Messeri Page, Plant e magari Jones, scuoterebbero il mercato!
Ricordo ancora quando uscì il primo disco degli Asia. Le attese erano molto alte, visti i trascorsi dei vari membri, e alla radio Heat of the Moment spopolò subito. I fans del prog storsero il naso per quel suono talvolta patinato che strizzava l’occhio ad un pubblico non molto esigente in termini di ricerca sonora. Da un lato il loro successo poteva rappresentare una nuova attenzione per i musicisti messi in crisi dal punk, dall’altro c’erano all’epoca gruppi new wave molto più ricercati e sperimentali, che, magari senza volerlo, rappresentavano meglio lo spirito più evoluto dei 70’s. Una bella dicotomia che spaccò i fans dei gruppi di provenienza di Howe, Palmer, Wetton e Downes. La dimensione live riporta il gruppo più vicino al rock nel senso più vero del termine, aggiungendo quell’energia un po’ compressa nei dischi in studio. Bella la tua ricostruzione, Beppe, e concordo con te negli apprezzamenti al sottovalutato Aqua, una svolta incompiuta, che avrebbe meritato più fortuna. Ricorderai il concerto del 1992 al Rolling Stone di Milano con un pubblico davvero esiguo. Il gruppo fece comunque un eccellente concerto.
Ciao Paolo, da parte tua, come sempre, una prospettiva interessante. Quella dei fans più legati alla ricerca progressive degli anni ’70 che non accettavano di buon grado che loro vecchi eroi tendessero verso un suono più commerciale. Questo però valeva anche per i Genesis degli anni ’80 e per gli stessi Yes di 90125, che forse hanno realizzato il miglior “compromesso storico”, dal punto di vista progressive-rock, fra vecchi e nuovi modi espressivi. Se ne potrebbe discutere. Ricordo bene il concerto al Rolling Stone che citi; i rinnovati Asia mi conquistarono subito con l’opener “Aqua Part I/Who Will Stop The Rain?”. Bellissima esibizione per pochi intimi. Grazie ancora.
Grande retrospettiva per una grande band di rock radiofonico colto, io preferisco gli Asia prima versione e ‘The Heat goes on’ è sempre stato il mio brano preferito! Un saluto Beppe!
“Rock radiofonico colto”: una bella definizione, bravo! Grazie ed un saluto a te.
Buongiorno Beppe.
Sacrosanto sottolineare ancora una volta quanto l’estetica e i contenuti del punk siano stati vergognosamente esaltati soprattutto dalla critica musicale italiana, quella ufficiale per così dire, la stessa gente che oggi continua a scrivere su ciò che rimane dei grandi quotidiani, personaggi che non ne hanno mai azzeccata una, per incompetenza e per malafede.
Detto ciò, risulta da parte mia fin troppo facile assegnare la palma di migliori dischi degli Asia ai primi due, quelli che se non sbaglio hanno ottenuto i migliori riscontri anche commerciali.
Come sottolineavi tu, è necessario rivalutare il terzo disco con Mandy Mayer, nel quale lo stile più hard del nuovo chitarrista meglio si sposa (a mio giudizio) con lo stile della band.
Difatti la mia riserva rispetto a questo magnifico gruppo, del tutto soggettiva e personale, riguarda da sempre Steve Howe, il quale non è un chitarrista hard rock, ma un virtuoso della chitarra jazz prestato al rock; questa sua inclinazione ha sempre funzionato negli Yes, dove ha creato un trade mark irrinunciabile nel suono degli Yes stessi (per quanto Trevor Rabin lo ha saputo rimpiazzare brillantemente negli anni 80).
Steve Howe negli Asia mi ha sempre convinto meno, in quanto trovo il suo stile e il suo suono (brillante e strutturato ma poco potente) non in linea con quanto gli Asia volevano proporre, al contrario degli altri tre membri Palmer Downes e Wetton, più addentro allo stile e all’estetica degli eighties nonostante anche loro (a parte Geoff Downes) erano già all’epoca musicisti che provenivano da una storia musicale consolidata.
Per questo l’ingresso di Mandy Mayer ha secondo me giovato alla band. Peccato sia durato poco. Considerazioni queste che ovviamente non pregiudicano la qualità di quanto Steve ha creato con gli Asia. D’altronde la storia parla per lui al di là delle considerazioni personali.
La reunion con la quale la band ha ricominciato ad esibirsi in line up originale, partita con il live Fantasia, onestamente non mi ha esaltato più di tanto, e questa mega raccolta live ha probabilmente il pregio di cogliere gli Asia nel momento in cui i fans avrebbero voluto sentirli, cioè l’esibizione dal vivo con i grandi classici; in questa ottica il nuovo materiale per quanto valido rimane sempre un pò in penombra.
Vorrei approfittare di questo tuo nuovo e sempre emozionante scritto, per celebrare ancora una volta John Wetton, cantante e bassista formidabile e non ancora abbastanza valutato, con una carriera infinita fatta praticamente solo di momenti memorabili.
Buonasera Lorenzo, devo complimentarmi per l’accurata analisi e per il punto di vista chiaramente espresso su Steve Howe. Le tue considerazioni a riguardo sono ben motivate dal punto di vista di un appassionato di hard rock melodico; mi riferisco al passaggio di consegne fra Howe e Meyer. Quest’ultimo avrebbe meritato un’altra chance e mi ha convinto, come ho scritto; però è innegabile che la fama ed il talento di Steve Howe siano stati basilari per il successo degli Asia e per lo status di classico conquistato dal primo album. Anche Rabin è stato perfettamente funzionale agli Yes di 90125, quindi la qualità paga sempre, al di là dei gusti personali. Su John Wetton mi trovi perfettamente d’accordo e l’ho scritto chiaramente, pur sottolineando la prova sottotono di Buffalo, che però poco incide sulla sua grande storia. Grazie per il contributo ed anche per la questione P.S., un refuso.
Dettagliato ed esauriente come al solito il maestro Beppe Riva!
Chapeaux!
Grazie Luke, essere apprezzato, anche nei dettagli nei quali talvolta sono un po’ troppo minuzioso, fa sempre piacere. Ciao