Nel 1972, la pubblicazione del quinto album “Ut” acuisce una crisi irreversibile in seno ai New Trolls, formazione di punta prima della scena beat, poi dell’evoluzione progressive italiana. Il conflitto di personalità fra Vittorio De Scalzi (l’artefice del loro stile più orecchiabile o sinfonico, secondo le interpretazioni) e Nico Di Palo, orientato verso soluzioni decisamente elettriche (da Hendrix all’hard rock), porta alla separazione e a dispute legali per assicurarsi un nome affermato e commercialmente appetibile come il loro.
I compagni Gianni Belleno (batteria), Frank Laugelli (basso) e Maurizio Salvi (tastiere) si schierano dalla parte di Nico, e mentre De Scalzi adatta la sigla originaria in New Trolls Atomic System, il gruppo “di maggioranza” deve accontentarsi di pubblicare un album con un grosso punto interrogativo in copertina, ed attribuito ai nomi dei musicisti. “Canti D’Innocenza Canti D’Esperienza”, questo il titolo (Fonit Cetra, 1973), è stato definito addirittura mediterranean Led Zeppelin da un’enciclopedia del prog europeo, paragone a mio avviso improprio. In seguito, i nostri ricorrono ad una sorta di referendum popolare sul diffuso settimanale Ciao 2001, per la scelta del nome Ibis, ed incidono altri due LP: senza Belleno, partito alla volta dei Tritons, ma con l’inglese Rick Parnell, che prima di suonare negli Atomic Rooster, aveva fatto parte degli “eroi occulti” Horse!
L’album di debutto ufficiale degli Ibis, “Sun Supreme”, esce nel 1974 (stavolta per la Polydor), in un periodo poco favorevole al progressive estetizzante e tecnicistico, ormai osteggiato dalla critica nonostante il successo planetario di EL&P e Yes. Rifacendosi a modelli di stampo britannico, anche “Sun Supreme” colleziona recensioni negative, ma se pensiamo a certe proposte attuali di cosiddetto prog-metal, andrebbe riconsiderato in un’ottica diversa. Il disco possiede un suo fascino d’atmosfera, e si divide in due ponderose suite che occupano interamente le rispettive facciate: sulla prima, “Divine Comedy/Journey Of Life”, sul retro, “Divinity”.
Un anno dopo, il ciclo si completa con il più accessibile ed apprezzato secondo LP eponimo, “Ibis” (Polydor). Il quartetto gioca l’inusuale carta dell’alternanza fra brani cantati in italiano ed inglese; ciò non impedisce all’inconfondibile voce in falsetto e agli acuti stentorei di Nico di stagliarsi sul policromo tappeto di un suono decisamente eclettico.
La programmatica “Premessa” rompe gli indugi con un testo spiccatamente polemico: “Quando la musica apriva una nuova strada, con entusiasmo noi tutti la seguivamo. Poi venne il buio e fu molto difficile comunicare con chi sembra ripetere ormai una domanda che già ebbe risposta anni fa”: arringa contro un panorama musicale ormai stagnante, oppure, sulle divergenze che hanno provocato lo split dei New Trolls?
Comunque sia, le ambizioni di spaziare oltre schemi prestabiliti si riconoscono nella varietà di “Narratio”: dal prologo acustico/esoterico (recitato in latino) si materializza un robusto riff hard rock, sorvolato dagli acuti di Nico, degno di rivaleggiare con Dave Byron nell’urlare in “caduta in un fiordo norvegese”! Poi, improvvisazioni prog guidate dal synth con aperture “cosmiche” vagamente Hawkwind, ed il pregevole duello fra le due chitarre soliste. Non sono entusiasta di “Dedicated To Janis Joplin”, per il languido gusto dei cori su base-blues, ma il tributo riprende quota con l’innesto dell’irrinunciabile classico della cantante, “Piece Of My Heart”.
“Passa Il Tempo” é invece una peculiare rilettura nostrana degli incroci acustici fra Zeppelin e California, con punteggiatura di chitarra slide nel finale. Atmosfere pacate si presentano anche in apertura di “Ritrovarci Qui”, per dischiudersi su soluzioni sinfoniche, a tratti spettacolari. “Strada” è un altro scrigno di illustrazioni soniche diversificate, introdotta da un cantato lisergico ed atmosfere fluttuanti, poi risolto in dialettica strumentale prog-jazz. “Keep On Movin’” termina invece all’insegna del pugnace rock urbano con sezione fiatistica in chiusura (plausibili tracce degli MC5 di “High Time”!), eseguito con destrezza.
Dunque, “Ibis” é un disco da rivalutare fra le risposte tricolori all’heavy-prog britannico dei Seventies. Notoriamente, tornerà poi la pace fra i New Trolls.
Concludo con un ricordo personale: quando fui chiamato come “difensore dell’heavy metal” nel programma Rai Mister Fantasy, l’”Accusa” invitò proprio Nico Di Palo ad eseguire un assolo di chitarra, per dimostrare che il rock era alla base di tutto, metal compreso…Ma chi l’ha mai dubitato?
Di nuovo disponibile sul mercato anche l’album più rappresentativo dei Jumbo, coraggiosa formazione milanese dei primi anni ’70, artefice di una proposta d’avanguardia, sia nel linguaggio musicale, enunciato in forme progressive non comuni, sia nel contenuto dei testi, crudi e realistici. Lontane dai simbolismi imperscrutabili e dalle saghe favolistiche tipiche dello scenario progressivo, le severe liriche dei Jumbo esprimevano rabbia generazionale e frustrazione, non risparmiando nessuno nel loro attacco alle convenzioni e al falso perbenismo. Tali contenuti erano l’ideale veicolo espressivo per Alvaro Fella, uno dei più identificabili cantanti italiani dell’epoca, dotato di una voce arcigna ed arrochita, persino paragonata ad un’autorità del rock inglese come Roger Chapman dei Family, ma a tratti più esasperata.
Alvaro aveva alle spalle un apprezzabile bagaglio di esperienze “minori” negli anni ’60 quando registrò l’omonimo primo LP dei Jumbo (Philips, 1972), che in origine doveva essere un suo album solo. Nello stesso anno il gruppo realizzava un evidente salto di qualità con il successivo “DNA”. La prima facciata era interamente occupata da una lunga composizione in tre movimenti, “Suite Per il Sig. K”, molto efficace nello sviluppare una dicotomia di atmosfere acustiche ed elettriche; alle prime contribuivano flauto, chitarra e pianoforte, mentre i saggi musicali più vigorosi erano affidati agli squarci hendrixiani della solista di Daniele Bianchini e all’organo Hammond di Sergio Conte, con il comune denominatore della caratteristica voce di Fella.
Nel 1973 l’avventura dei Jumbo si conclude idealmente con l’album più maturo per qualità degli arrangiamenti, “Vietato Ai Minori Di 18 Anni?”. Le tematiche sono più provocatorie che mai; lo annuncia la copertina stessa, rappresentazione (fin troppo) naif di una bambina che si “affaccia” sulla camera dei genitori e lo ribadisce in chiusura un vero e proprio atto di accusa, “No!” rivolto “a chi non ci permette di parlare”, contro “ipocriti e borghesi”, e probabilmente dettato dall’ostracismo subito dai mezzi di comunicazione. Senz’altro gli argomenti trattati in “Specchio”, il brano iniziale che parlava apertamente di onanismo, oppure “Vangelo?”, un’aspra requisitoria contro la Chiesa, non si prestavano ad agevoli passaggi radio-televisivi.
Fa scalpore anche l’attualità scottante di “Via Larga”; oggi la definiremmo storia di un “femminicidio”, ed è la tragica vicenda di una donna costretta a prostituirsi da un uomo violento, che la finisce brutalmente quando lei decide di ribellarsi a quella degradante schiavitù.
Parallelamente, lo stile musicale del gruppo appare sempre più avventuroso, con slanci di ispido hard-prog punteggiati dal flauto, che inevitabilmente richiama l’archetipo dei Jethro Tull, alternati a brutali riff di chitarra distorta sferzati da una voce abrasiva, che sputa rabbia anti-establishment, come succedeva nell’underground inglese, alla Edgar Broughton Band oppure al proto-punk “politico” dei Third World War; generalmente la formula musicale dei Jumbo tende ad esser più lirica, esponendo un concetto personale della “canzone di protesta”.
Ma non tutto é confinato alla rivolta anti-istituzionale, infatti il loro repertorio declina caratteristiche variabili: ad esempio le escursioni nell’elettronica di “Gil”, dove un giovane Franco Battiato (che all’epoca sbalordiva il popolo dei raduni freak con le sue sperimentazioni elettroniche) suona il sintetizzatore VCS 3 e Lino Vaccina degli Aktuala si esibisce alle percussioni; c’é anche un elegante saggio di prog-jazz crimsoniano, nel finale di “40 Gradi”, arricchito dagli spunti di sax e mellotron.
Come tanti gruppi di minor impatto commerciale, i Jumbo soffrono il declino d’interesse verso la scena prog nostrana, e ridotti a trio, si congedano nel 1975, con il singolo “Vorrei”. Dopodiché, segnali di ripresa dagli anni ’80 in poi, ed incisioni postume ben al di sotto degli standard raggiunti negli anni di lotta 1972-’73.
Impronosticabile che la riedizione di questo “VM18?” sia entrata direttamente al 7° posto della Top 20 italiana dei Vinili, precedendo ad esempio “At The BBC” di Amy Winehouse…Un atto di giustizia resa a posteriori per questi oppositori del sistema?
Nel 1971, il boom di Emerson, Lake & Palmer, che conquistarono la vetta della classifica 33 giri in Italia con il secondo “Tarkus”, trionfando successivamente nel referendum della popolare trasmissione radiofonica della Rai, “Per Voi Giovani” (animata da conduttori storici del calibro di Giaccio, Massarini e Fegiz) favorì un processo d’emulazione fra le emergenti formazioni del prog mediterraneo, che relegavano in un ruolo marginale la chitarra elettrica, in qualche caso addirittura assente.
Non necessariamente doveva trattarsi di un “tridente” sulla scia dei Nice, degli stessi ELP e dei Quatermass, ma le tastiere apparivano davvero dominanti, come sperimentato dagli antesignani inglesi. Un’insurrezione rock che si rivelò alla lunga effimera, ma visse momenti di gloria nelle nostre lande, specialmente grazie a Le Orme di “Collage”, i Trip di “Atlantide” ed i Latte e Miele, ma anche per merito di gruppi misconosciuti: Triade, Corte Dei Miracoli e soprattutto L’Uovo di Colombo.
Questi ultimi erano essenzialmente un keyboards trio con l’aggiunta del cantante solista Toni Gionta, che non collaborava alle pur consistenti fasi strumentali; figli della prolifica scena romana d’inizio anni ’70, nascevano dalle ceneri dei Fholks, nucleo primigenio dei più rinomati Reale Accademia Di Musica, del quale facevano parte il tastierista Enzo Volpini ed il batterista Ruggero Stefani. Completavano i ranghi il fratello di Enzo, Elio Volpini, che aveva già suonato negli hardeggianti Flea – rimarchevole il secondo LP “Topi e Uomini”, 1972 – e lo stesso Toni, che con il suo vero cognome (Tartarini) ritroveremo nei Cherry Five, progetto collaterale dei Goblin di Claudio Simonetti, longevi protagonisti dell’ambiente progressivo italico.
Infatti L’Uovo di Colombo durerà lo spazio di un solo LP omonimo; sebbene pubblicato dalla EMI (1973), giungeva forse un po’ in ritardo rispetto alle avanguardie del nuovo rock italiano, ed il quartetto si eclissava subito dopo.
“L’Uovo di Colombo” resta comunque un pregevole esempio di quel suono consacrato alla leadership delle tastiere, esibite da Enzo Volpini che passa in rassegna i capiscuola di allora, da Lord a Winwood, da Robinson ad Hensley, ed inevitabilmente Emerson. Il gruppo evidenzia subito l’elevata caratura strumentale in “L’Indecisione”, dove organo Hammond e pianoforte si sfidano nello spronare una ritmica scoppiettante ed intricata, con la voce di Gionta che si mette in gioco nel rincorrerne i tempi; l’atmosfera si distende poi in una tipica fuga classicheggiante, che tanto caratterizzava quell’era musicale. Le successive “Io” ed “Anja” manifestano invece un altro tratto emblematico del prog tricolore, ossia la combinazione fra contemporanee tendenze britanniche ed un cantato che valorizza la tradizione melodica “latina”, elemento basilare del successo dei pionieri New Trolls ed Orme.
Se nella ieratica “Vox Dei” risaltano le sonorità maestose dell’organo con qualche accento dark, “Turba” é uno strumentale virtuosistico in bello stile, dove salgono al proscenio anche chitarra elettrica e sintetizzatore.
Citiamo infine “Visione Della Morte”, che non è inquietante come suggerirebbe il titolo; una suggestiva chitarra acustica à la Jethro Tull agisce sullo sfondo di un’orecchiabile melodia vocale e nel dispiegarsi delle svariate risorse strumentali, c’è spazio anche per un conciso assolo di batteria. All’epoca “L’Uovo di Colombo” non ebbe fortuna, riscoprirlo oggi è doveroso se non necessario, per chi conserva nel cuore le fantasie del cosiddetto “pop romatico”.
Ibis: “Ibis”; Jumbo: “Vietato ai minori di 18 anni?”: L’Uovo di Colombo: “L’Uovo di Colombo”, costituiscono rispettivamente i Volumi 8, 9, 10 della nuova serie della Universal, “Prog Rock Italia”; anche i precedenti sono stati diffusamente trattati sul nostro Blog. Le ristampe sono rimasterizzate dai nastri analogici originali, con fascia “Obi” in stile nipponico sulle copertine fedeli agli artwork originali. Sull’Obi strip sono presentate in sintesi note illustrative delle opere.
Le tre versioni a 33 giri (esclusivamente in vinile) limitate e numerate, sono le seguenti:
– Vinile nero 180 gr. in 899 copie numerate
– Vinile colorato in 99 copie numerate***
– Vinile Test Pressing in 30 copie
***Copie Colorate: Ibis (vinile giallo o arancione); Jumbo (vinile viola o magenta); L’Uovo di Colombo (vinile “neutro” trasparente o rosso)
Per ulteriori ragguagli potete visitare il sito:
Ciao Beppe. Altra interessante sfilza di nomi da segnare e da recuperare quanto prima, compresi quelli citati durante il pezzo. Nomi già letti in passato, certo, ma adesso è arrivata l’ora di conoscerli sul serio. Grazie ed alla prossima.
Ciao Gianluca, desterebbe meraviglia se non fossero “nomi già letti in passato”, perché in Italia, giustamente, molto è stato scritto a riguardo. Io ho offerto solo un contributo in più. Se può giovare alla causa é un buon risultato. Grazie e a presto.
Ciao Beppe, leggo solo ora il tuo nuovo intervento sul prog italiano. Ho un debole per quel Punto Interrogativo su sfondo nero, in cui Nico Di Palo ed i suoi riff mi sembrano “tradurre in italiano” la magia dei primi Uriah Heep…vorrei semplicemente chiederti cosa ne pensi di quell’album. Grazie e buon weekend,
Massimo
Massimo, avendo svolto a lungo attività di recensore (categoria per cui Giancarlo ha speso parole buone in un intervento da par suo sul sito Truemetal) mi sono imbattuto nella ristampa del disco in questione nell’ormai lontano 2004. Segnalavo momenti di impeccabile hard rock ed in particolare un brano (“L’amico della porta accanto”) dal riff simile a “Into The Fire” dei Deep Purple…ai quali, si sa, gli Uriah Heep erano spesso paragonati. Grazie dell’attenzione, ciao.
Bellissimo articolo che riporta alla luce altri dischi meravigliosi del prog italico.
Uovo di Colombo e Ibis sono tra quelli che apprezzo di piu’, ma è valido anche il vinile dei Jumbo per quanto Fella sia ostico da seguire.
Ottime le tue presentazioni e un consiglio a tutti: cercateli e fateli vostri.
Quello è stato il periodo piu’ fervido della musica rock italiana, in cui c’erano sì influenze straniere ma anche una grossa dose di originalità.
Bravissimo Beppe
Grazie Francesco; sei un lettore puntuale e mi associo al tuo appassionato invito a riscoprire i protagonisti di una stagione realmente fertile del rock italiano. Ciao
Tre lavori indispensabili per chi ama il Pop Made in italy.
Se qualcuno degli autori leggerà, sarà contento che la sua eredità musicale venga considerata indispensabile…Ciao
Ciao Beppe,
grazie per queste pillole sempre molto gradite, soprattutto a quelli come me convinti di conoscere tutto o quasi del panorama musicale più amato, quando, in realtà, è solo grazie alla profonda conoscenza di esperti come sei tu che possiamo soddisfare la nostra sete di buona musica.
Ibis, Jumbo e Uovo di Colombo erano perfetti sconosciuti ed ora saranno motivo di approfondimento per ulteriori soddisfazioni sonore.
Grazie ancora.
Ciao Civi, per generazioni successive a quella che ha vissuto in diretta lo scenario musicale italiano degli anni ’70, probabilmente questi gruppi sono misconosciuti; comunque è stata spesa parecchia letteratura a riguardo. Se può fungere allo scopo anche qualche mio scritto, fa di certo piacere. Grazie