La débacle commerciale dei Giuffria porta al loro virtuale scioglimento o meglio, ad una rapida mutazione…Ancora una volta risulta determinante il bassista dei Kiss, Gene Simmons, che già sollecitò l’ingaggio degli Angel a Neil Bogart della Casablanca, nel 1975.
Nel corso di un’intervista rilasciata al nostro Metal Shock nell’89, il tastierista sosteneva che lui e Gene si erano ritrovati a L.A. il 15 maggio dell’85. Quest’ultimo aveva creato la propria etichetta discografica, Simmons Records (distribuita dalla RCA) mentre Giuffria era rimasto senza contratto e mai più sarebbe tornato alla MCA. In pochi giorni venne scritturato e Gene “impose” al gruppo il maestoso nome House Of Lords, tutt’altro che sprecato per la loro proposta musicale. Lo si ritiene anche responsabile dell’allontanamento di Eisley; il cantante avrebbe invece lasciato in autonomia, stanco dei paragoni con Steve Perry, mentre la sua aspirazione era quella di emulare Paul Rodgers (un idolo anche per Frank Dimino degli Angel).
Appare coerente in tale ottica l’orientamento blues-hard rock della successiva formazione, Dirty White Boy, allestita con il newyorkese Earl Slick, non propriamente un chitarrista “sconosciuto”, avendo registrato con David Bowie e John Lennon. Ne scaturisce il solitario album del ’90 “Bad Reputation” (Polydor), ed in chiusura ascoltiamo il brano più affascinante, “Badlands”…
HOUSE Of LORDS (Simmons/RCA 1988)
Giuffria mantiene al suo fianco un Lanny Cordola in netta evoluzione (si pensi allo sconosciuto Zakk Wylde, plasmato in celebrità da Ozzy), il rientrante Chuck Wright ed il nuovo vocalist James Christian (ex L.A. Rocks) ideale per lo stile del nuovo quintetto, ma non per questo superiore ad Eisley.
I ranghi del potenziale “supergruppo” sono completati da un’eccellenza fra i batteristi emergenti, Ken Mary, rivelatosi con i Fifth Angel, poi con Alice Cooper.
Il produttore è lo stesso Andy Johns, ma rispetto alle sonorità pompose dei Giuffria, gli House Of Lords affilano vistosamente la lama dei riffs che li misura con i più maturi gruppi “hair metal” di fine anni ’80. Il modello vincente degli ultimi Whitesnake può essere un termine di paragone, senza spezzare il legame con l’heavy rock classico di Deep Purple e Van Halen, né rinunciare al tocco esclusivo dei tasti d’avorio di Gregg.
Riletto a posteriori, l’imponente album d’esordio (1988), confina le fantasie più visionarie del leader negli slanci sinfonici di “Pleasure Palace” (che ancora rivolge un passionale tributo agli ELP) e nel dispiegarsi in sconfinate atmosfere di “Under Blue Skies”.
Significativo come entrambe siano un lascito del tandem compositivo Giuffria-Eisley, e non è trascurabile la scelta di affidare i singoli ad autori esterni. “I Wanna Be Loved” è una ballata nella tradizione sentimentale dei Giuffria, ma scritta dal chitarrista Mandy Meyer che -Krokus a parte- è cresciuto alla scuola AOR dei Cobra di Jimi Jamison e degli Asia di “Astra”.
La struggente “Love Don’t Lie” è invece opera di Stan Bush, artista cult del rock melodico, con all’attivo due album e brani per colonne sonore negli anni ’80.
In un contesto più heavy, anche Rick Nielsen dei Cheap Trick offre il suo contributo d’autore alla dirompente “Slip Of The Tongue”, solo omonima della title-track dei Whitesnake, che uscirà un anno dopo. Sottolineiamo inoltre come l’ex cantante (stranamente firmato “Isley” sul disco) figuri nei crediti compositivi più dell’attuale.
A differenza di Angel e Giuffria, gli HOL volano in tour in Europa, da supporto agli Scorpions, e suonano in festival di grande richiamo per il pubblico metal quali Aardshok e Dortmund, ma in America non catturano l’attenzione di un pubblico più vasto.
Lanny Cordola esce dai ranghi per fondare un gruppo con Ken Tamplin degli Shout, Magdallan, che si perde fra le tante “promesse” mai realizzate della scena rock.
SAHARA (Simmons/RCA 1990)
Per le registrazioni del secondo album, il ruolo vacante viene temporaneamente assegnato all’ex chitarrista dei Lion, Doug Aldrich, destinato ad una carriera importante e duratura, fra gli altri con Dio, Whitesnake e negli ultimi tempi con Revolution Saints, Dead Daisies ed i redivivi Burning Rain. Nella formazione ufficiale sarà però Michael Guy, già con Fire e Shark Island, a prenderne stabilmente il posto.
SAHARA, una superba produzione che merita di esser ricordata nella pur prestigiosa storia di Andy Johns (scomparso, ricordiamolo con ammirazione, nel 2013) è il vero album class-metal degli HOL, dove il distacco rispetto allo stile dei Giuffria appare marcato, con uno stile più incline verso il rock duro.
Non cambia invece la strategia di capitoli iniziali di formidabile impatto, quando il fantasma dei Led Zeppelin di “Kashmir”, più che mai evocato all’epoca, aleggia sulle deflagrazioni di “Shoot”.
James Christian è perfetto nel contesto di questo secondo album, che verosimilmente racchiude la sua miglior performance di sempre. Fra le gemme assolute della collezione la stessa “Sahara”, che rinnova i fasti pomp-rock sui quali è costruito il mito di Giuffria, qui sostenuto dall’incalzante drumming di Ken Mary, e nondimeno, la prestigiosa cover di “Can’t Find My Way Home”.
Gli HOL si confrontano senza timori reverenziali con l’epoca d’oro del classic rock, in una raffinata quanto esuberante interpretazione, che li qualifica al cospetto di uno storico supergruppo, Blind Faith, e di un’incantevole scrittura musicale di Stevie Winwood.
Ridotte invece all’essenziale le power ballads, fra cui spicca “It Ain’t Love”, mentre lo stesso contributo di Rick Nielsen, che firma “Heart Of The Line”, conferma la linea “dura” dell’album: pare di ascoltare Cheap Trick al testosterone…
Oltre a Nielsen e a Robin Zander, partecipano all’album altri personaggi cari al pubblico dell’hard americano (Mike Tramp, David Plunkett, Mandy Meyer, Impellitteri, Ron Keel, SS Priest e dulcis in fundo, David G. Eisley!) ma neppure “Sahara” si fa strada nella classifica di Billboard, non avvicinando neppure la Top 100, a differenza del precedessore, giunto al n.78.
Vane aspettative anche quelle della mia recensione tratta da Metal Shock n.81-ottobre 1990, che trovate qui riprodotta.
DEMONS DOWN (Victory 1992)
Le date dal vivo in America con Nelson e 38 Special non migliorano le quotazioni. Il gruppo perde il contratto discografico ma non demorde, con una rivoluzionata line-up; accanto a Giuffria e Christian vi figurano il bassista Sean McNabb, dai Quiet Riot, il chitarrista Dennis Chick (ex V.V.S.I) e soprattutto il glorioso drummer Tommy Aldridge (dagli esordi con i Black Oak Arkansas ai vistosi successi di Ozzy e Whitesnake).
Per la nuova etichetta Victory, GLI HOL realizzano nell’aprile 1992 il terzo album DEMONS DOWN.
Benché non abbiano perso il gusto dell’ouverture di grande effetto, con la monumentale “O Father” che si impone immediatamente fra i loro brani più riconoscibili, il resto dell’album non replica l’impronta elaborata dei precedenti.
Persino Giuffria appare relegato al ruolo di gregario di lusso…Lo testimonia la title-track “Demons Down”, una ballata scarna, spoglia di arrangiamenti sfaccettati, che viene proposta come singolo. Degno di nota il cameo della partecipazione di Paul Stanley (Kiss) ai cori di “Johnny’s Got A Mind Of His Own”.
Pur giudicandolo superiore alla media hard rock del periodo, non posso concordare con Christian, che reputava “favoloso” questo atto III, poiché difetta di personalità rispetto ai lavori già archiviati.
Comunque la si pensi, sono gli sconvolgimenti arrecati dallo tsunami grunge sul mercato discografico a scrivere l’epitaffio degli originali House Of Lords, che disertano le scene dal ’93 al 2004.
Nel nuovo Millennio, Christian li ripresenta con l’album “The Power And The Myth” su Frontiers, etichetta napoletana promotrice di tante stelle del rock melodico in cerca di riscatto.
La stessa Frontiers susciterà lampi di Giuffria…nostalgia, pubblicando l’album di Eisley/Goldy, “Blood, Guts And Games” nel 2017.
Per gli HOL è dunque l’inizio di una nuova avventura discografica; non sarà più la stessa, in assenza di “studi da un milione di dollari” e del carisma di Gregg Giuffria.
Il nostro eroe, dopo aver sacrificato l’invidiabile capigliatura, ha da tempo compiuto una conversione ben più redditizia. E’ diventato un’autorità nazionale nel ramo delle slot machines, come Amministratore Delegato di una società di Las Vegas, ed è co-proprietario dell’Hard Rock Hotel & Casino di Biloxi (nel Mississippi, lo stato di cui è originario).
Per lui il “sogno americano” si è realizzato in un ambito ben differente. E la sua apparizione agli “Hair Metal Awards” 2016, al fianco dei vecchi compagni d’avventura Angel (premiati come Glam Rock Legend) ha avuto solo un valore simbolico. Sfortunatamente, Gregg ha dovuto combattere negli ultimi tempi contro la leucemia; sembra essersi ripreso, gli auguriamo il meglio per tutte le emozioni che ci ha regalato…ad imperitura memoria di un indelebile passato rock.
N.E.W.S.: “New World-New Eyes”, il nuovo album degli House Of Lords, ovviamente senza Giuffria ma con il cantante “storico” James Christian, uscirà il 12 giugno su Frontiers. Ascoltate il brano che intitola il disco…
Devo dire che io, col passare degli anni, anzi dei decenni a questo punto, preferisco di un soffio “Sahara” al primo album omonimo. Ok, canzoni più alla Whitesnake e meno alla Giuffria/Angel, però classe infinita.
Qualunque dei due scegli, non corri il rischio di sbagliare. Gregg forever! Ciao
Grazie di esistere Beppe… E soprattutto grazie per aver alzato la bandiera del Los Angeles Heavy Metal anche qui in Italia… Ratt… Dokken…King Kobra…e tanti altri… 🙏🏻🎸😊
Quel periodo ha tuttora un significato a livello emozionale per me, a differenza di altri. Spero di produrre in futuro qualcosa a riguardo. Grazie Marco e se ti fa piacere, seguici.
Ciao Beppe! Poter rileggere qualcosa di tuo dopo tanti anni mi ha fatto un piacere prossimo alla commozione. Sei stato la mia guida negli anni in cui non era così facile informarsi sul genere e poi…ho sempre adorato il tuo modo di scrivere e la completezza delle tue analisi; ho speso un sacco di soldi in musica ma, anche grazie a te, li ho spesi bene e la passione e le spese ovviamente continuano ancora oggi.
House of Lords fa parte di una lunga serie di grandi scoperte dell’epoca grazie aille tue recensioni…mi vengono in mente cosi a caso anche i Warrior di Fighting….ma ce ne sarebbero tanti e tanti altri.
Gli H.O..L. senza Giuffria purtroppo non sono mai stati la stessa cosa… (trovo poco da salvare nella loro discografia dal IV album in poi)
Grazie ancora e ben tornato!
Fulvio ciao…Anch’io sono un pò commosso da coloro che si sono messi in contatto, stimolati dalla “Giuffria-Nostalgia” degli anni 80. Certe passioni non si scordano, soprattutto se ben radicate nella qualità di album ed artisti che abbiamo amato nella loro epoca. Hai sottolineato un aspetto importante: “anni in cui non era così facile informarsi sul genere…”. E’ cambiato tutto, ma cerchiamo senza presunzione di dire ancora la nostra. Grazie
La mia tastiera non funziona bene anche il secondo commento e’ sbagliato, comunque grazie per tutto e per sempre.
Non emozionarti troppo Francesco! Comunque è un piacere esser ricordati a distanza di tanto tempo, significa aver trasmesso qualcosa: ad esempio voglia di ascoltare gli artisti di cui scriviamo, se possibile suggerendo qualche chiave di lettura del loro repertorio. Grazie e continua pazientemente a seguirci
Piango dalla gioia nel rileggere il Beppe Riva. Grazie di esistere.
Volevo scrivere piango dalla giova nel rileggere il maestro Beppe Riva. Grazie di esistere.
Grande Beppe è sempre un piacere rileggerti dai tempi di Metal Shock ; vi seguirò con attenzione; che ne diresti di un bell’articolo tipo i 50 dischi AOR da non perdere?
Ciao
Non sono un grande appassionato di classifiche, perché dovrebbero sempre essere ben ponderate per essere credibili. Spesso finiscono per scontentare tutti o quasi. Ciò che chiedi è molto impegnativo anche se qualcosa del genere si può pensare, in maniera più concisa perchè questo non è un libro…Grazie della fiducia e della perseveranza, ciao
Ricordo le corse in edicola per le uscite di metal shock, appena a casa la prima cosa che facevo era leggere le recensioni. Giorni dopo, anziché andare in classe, giravo per la città alla ricerca dei dischi suggeriti, scialaquando i miei pochi denari. Bene, il primo degli HOL, fu uno di questi acquisti. Al primo ascolto rimasi folgorato da tanta classe….e poi c’era Ken Mary….
Consolati, di soldi nei dischi ne ho spesi proprio tanti anch’io, inevitabilmente. Ai tempi ne ricevevo pure molti, ma quel che contava era sempre la passione. Mai avuta una copia omaggio degli Angel, Giuffria o House Of Lords (restando in quest’ambito), ma per me venivano prima quelli! Ken Mary grande batterista.
A chi lo dici, mamma mia che ricordi indelebili. 🙂
Parole Sante Beppe!
Come dimenticare gruppi come i Bad English,Giant,The Storm, Damn Yankees,DIving for Pearls,Signal, Dare,Europe,Harem Scarem,FM e ancor prima The Babys,Foreigner,Survivor,Journey ecc ecc ecc
Al giorno d’oggi sopra la media trovo gli Eclipse,i Perfect Plan,One Desire,The Night flight Orchestra e non molti altri.
Che ne pensi Beppe?
Grazie
Per un fattore generazionale ma anche per convinzione, sono maggiormente legato ai nomi della vecchia guardia. Restando in tema Frontiers, etichetta di rango internazionale nell’ambito del rock melodico, mi ha maggiormente emozionato il rilancio di veterani quali Treat, Drive She Said, Jim Peterik e gli stessi Fortune. Però resto vigile sui nomi nuovi, grazie anche a quel gran bravo ragazzo di Elio Bordi (promoter della citata label) che non mi ha mai cancellato dalla sua mailing list. Ciao!
Tre album spettacolari che marchiano a fuoco un periodo che purtroppo non ritornerà mai più!
Un saluto affettuoso a chi ha fatto conoscere questi capolavori con grande passione e professionalità.
Grazie Andrea, neppure io credo in revival clamorosi, al massimo “di nicchia”. Dobbiamo però ricordare a chiare lettere chi è degno di esser tramandato ai posteri, in barba ai trend attuali, spesso, temo, inconsistenti. Forse siamo “too old” per questi ultimi, ma non per il rock & roll…
Ciao! Beh, che ci possano seguire specialisti che segnalano aspetti di questo genere, rilevanti per autentici appassionati, è cosa gradita
Ciao Beppe, bentornato! Ti segnalo al link sotto – episodio 380 – intervista in streaming diciamo recente (di due anni fa…) con Gregg, dove parla solo ed espressamente del periodo HOL. Due soli problemi: intervistatore irlandese (e relativo accento marcato) e audio di Gregg registrato via telefono o skype molto scadente/ovattato per non dire distorto, quindi per seguirla bisogna conoscere l’inglese non bene ma benissimo! A presto. W
http://www.focusonmetal.net/episodes/