"Rite Here Rite Now", la cerimonia del Popestar
Nelle recenti recensioni, vi ho accennato all’infatuazione degli svedesi Nestor per l’attrice Demi Moore, ma non temete, non sto proponendovi sulle ali della nostalgia una rivisitazione del film campione d’incassi “Ghost” (1990), interpretato da Patrick Swayze e dalla stessa Moore.
Si parla invece di una nuovissima pellicola dove protagonista è un altro “fantasma”, il gruppo svedese che dal 2010 ad oggi si è trasferito dalle cavernose radici underground del primo album “Opus Eponymous” ai quartieri alti della classifica di Billboard, con il terzo posto di “Prequelle” ed il secondo del quinto ed ultimo album “Impera” (2022).
Così Trafalgar Releasing, che ha distribuito film a tema musicale – dalle icone pop Taylor Swift e Beyoncé ai fenomeni rock Metallica e Oasis, sempre di superstar si tratta – ha puntato sulla forza spettacolare dei Ghost, reduci da un trionfale Re-Imperator Tour in America nel 2023, dando mandato al deus ex machina della formazione, Tobias Forge e al regista Alex Ross Perry, di realizzare un evento cinematografico sulla formazione svedese attualmente più famosa negli U.S.A.
Riferendomi ad illustri precedenti del rock classico, non si tratta della trasposizione su grande schermo di album a tema unitario come nel caso degli Who di “Tommy” e di “Quadrophenia”, e nemmeno di interpretare la storia di un celebre artista e dei suoi compagni d’avventura, come nel caso di “The Doors”, diretto da Oliver Stone. Avvicina semmai il modello di “The Song Remains The Same” dei Led Zeppelin, dove l’esibizione dal vivo è alternata a scene extra.
A decenni di distanza, i Ghost vivono di misteriosa luce propria che squarcia le tenebre, e non è certo il caso di azzardare paragoni forzati con divinità intoccabili del Novecento. Dunque il film si basa essenzialmente sui due concerti sold-out che concludevano il tour, l’11-12 settembre 2023, al Forum di Inglewood (Los Angeles). Si intitola “Rite Here Rite Now”, adattamento dell’insistente verso finale (right here, right now) dell’ormai classica “Square Hammer”, ed ha infestato in anteprima i cinema il 20 ed il 22 giugno.
Il programma dei brani è intervallato da episodi dietro le quinte recitati dal leader emulando i vari capitoli della serie “Messaggio dal Clero”, che finora hanno accompagnato l’avventura esoterica/teatrale dei Ghost. Sono ben calati nel contesto generale del rock show, che non viene penalizzato da questi siparietti, tutt’altro che invadenti.
Le riprese multi-camera del concerto sono impeccabili, sia a livello di immagini che per impatto del suono; la scenografia, con l’inevitabile trittico di vetrate policrome a mosaico, che culminano in archi a sesto acuto, crea l’atmosfera gotica annunciata dal ferale prologo “Imperium”: i Ghost si avventano in scena con l’impeto di “Kaisarion”, perfetta combinazione hard’n’heavy che evoca proprio il fondersi dei due generi, hard rock ed heavy metal, d’inizio anni ’80. Una formula vincente che non si risolveva nelle maggiori distinzioni stilistiche in sotto-generi di tempi successivi e nemmeno nei prevedibili schemi del “power” più vicino ai giorni nostri, ossia ritmi veloci/standardizzati, voci più retoriche che epiche, sprazzi di aperture pseudo-sinfoniche, con inevitabile sensazione di trito e risentito.
I Ghost bissano il rock duro inaugurale di “Impera” con quello di “Prequelle”, analogamente a quanto avvenuto oltre un anno fa al concerto dell’Ippodromo di Milano: infatti “Rats” incalza “Kaisarion” con un’impronta differente, sfregiata in apertura dal taglio di chitarra Dokken-esco per richiudersi su un massiccio rifferama alla Metallica, ma la force de frappe è sempre superlativa.
Foto: Ryan Chang
Fa sorridere il termine soft-metal con la quale i detrattori tentano di liquidarli, disturbati anche dalle competenti reminiscenze sixties del successo “virale” su internet di “Mary On A Cross”, quasi fossero giustificabili nella contemporaneità esclusivamente espressioni musicali più estreme. In realtà i Ghost sono un’ideale sintesi fra passato, presente e verosimilmente futuro del rock al di là di codici prefissati. Chi altri, nella scena attuale, manifesta altrettanta versatilità ed attenzione verso la storia del rock senza cedere in potenza del suono? Inoltre la personalità è indiscutibile, nulla a che fare con plagi poco immaginifici di grandi trascorsi: sul palco tutto ciò è evidente, e se ne dispensino pure gli indomiti elargitori di incenso sulle proposte alternative. La compattezza e l’armonia dei cinque Nameless Ghouls che attorniano Papa Emeritus IV è invidiabile, e le coriste (chiamate Ghoulettes) conferiscono una dimensione più profonda alla musica, com’era evidente dalla revisione in chiave gospel (!), qui riproposta, di “Call Me Little Sunshine”.
Semmai, non sono fuori luogo i commenti sulle strategie, probabilmente mirate ad una crescente popolarità del gruppo; i primi Ghost apparivano “pericolosamente satanici” per certe fasce di pubblico. Oggi l’humour, seppur macabro, la fa da padrone, ed è evidente nelle scenette nel backstage: l’istrionico frontman, perfettamente a suo agio nel ruolo, si pavoneggia nel cambiare l’abbigliamento di scena – aiutato dalla costumista Ashley – ma si intrattiene anche con la madre Sister Imperator e con lo spettro del padre Papa Nihil, il vecchio decrepito che appare sul palco nell’assolo di sax dello strumentale prog-tastico “Miasma”.
“Cardi” (diminutivo di Cardinal Copia…), così chiamato familiarmente dai genitori, si svela dunque come figlio illegittimo di una relazione immorale dell’”alto prelato”, verso il quale mostra un certo astio (“Cosa hai mai fatto tu per me?”). Ma alla fine, seppur riluttante, accetta l’invito del padre di salutare la platea a fine concerto con le braccia aperte che evocano la “crocifissione”, tutt’altro che in senso blasfemo. Il consiglio infatti è teorizzato per “dichiarare alla gente che nello spettacolo aveva dato tutto sé stesso”.
Nella discussione fra i tre, Cardi mostra inoltre di temere, fattore alquanto umano, la mortalità come ineluttabile destino degli esseri viventi. Ribadisco che il gusto dell’ironia è sempre manifesto, persino nella terrificante “Con Clavi Con Dio”, che realisticamente annunciava i Ghost degli esordi come una setta diabolica, qui dissacrata dalla chitarra solista che esegue il ben noto ritornello di una canzone popolare napoletana!
Ed aggiungiamo pure che alcuni dei brani più sinistri della loro storia, dalla stessa “Con Clavi” all’apocalittica “Year Zero”, sono presenti sul grande schermo ma omessi dalla colonna sonora, che uscirà il 26 luglio su Loma Vista/Universal (CD, 2LP, per ora non si accenna a DVD o Blu-Ray). La stessa sorte tocca purtroppo a “Mummy Dust”, all’ardente ballata luciferina “He Is” e a “Ritual”, che invocava l’eredità dei Blue Oyster Cult! Ci si può domandare la ragione di ciò; forse per rendere il prodotto più generalmente accettabile, senz’altro meno controverso? La scelta della cupa liturgia di “Absolution”, apparsa un mese fa come estratto in anteprima della colonna sonora, non appare comunque dettata da scaltrezza commerciale.
L’incalzare dei brani resta avvincente a prescindere, da “Spillways” che reinventa l’AOR in chiave dark – con il ritmo dettato dal piano alla Toto/Foreigner, a “Cirice”, che fa lo stesso con il doom-metal profondendo intenso aroma melanconico, quell’umor nero che in tempi antichi si credeva corrodesse l’animo umano.
Nessuna portata del banchetto rituale risulta effimera, è una sequenza incessante di Greatest Hits facilmente riconoscibili, ed anche questo dimostra il livello qualitativo delle composizioni. Fra le più suggestive effigi nell’ambito specifico di “Rite Here Rite Now”, c’è l’esibizione della schizoide “Twenties”, caratterizzata dalla coreografia di un frenetico balletto di scheletri viventi (inevitabilmente, si ripresenteranno in “Dance Macabre”!), oppure il cartone animato decisamente sardonico che illustra “Mary On A Cross”, per giungere al gran finale, reso solenne dai cori, di “Respite On The Spitalfields”.
In assoluto però la versione più toccante è quella “da camera” dell’indimenticabile “If You Have Ghosts”, dove il Popestar è affiancato esclusivamente da una pianista e una sezione d’archi femminile, con i volti delle musiciste nascosti da veli neri…Semplicemente magnifica! E c’è voluto un artista svedese d’estrazione metal, non qualche pupillo dell’intelligentia critica, per infondere nuova vita in un classico dimenticato di Roky Erickson, pioniere della psichedelia con i 13th Floor Elevators.
Il concerto si conclude con il pubblico in estasi, che “contratta” con il protagonista mascherato, più che mai ironico, il numero dei bis. Alla fine si accordano sulla già collaudata trilogia in turbinosa successione, “Kiss The Go-Goat”, “Dance Macabre” e “Square Hammer”.
Dopo aver consigliato alla moltitudine dei fedeli di godere dei momenti piacevoli come il concerto, ricordando che il corso della vita spesso mette di fronte ostacoli invalicabili come Montagne Russe, Papa Emeritus IV completa l’opera in un’aura di saggezza terrena, raccomandando ai medesimi di lasciare il Forum con ordine, senza rischiare rovinosi ammassamenti! Lui stesso se ne va in mongolfiera, “adornata” ad immagine di teschio. Nel frattempo muore nel retro del palco la madre, ed in seguito il figlio si ricongiunge ai genitori defunti nell’Aldilà, senza rinunciare a grotteschi battibecchi…Sono zittiti dal rumore di un cancello infernale che potrebbe dischiudersi per palesare un innominabile apparizione. Ma a questo punto le riprese sono tagliate bruscamente da una censura soprannaturale…
“The Future Is A Foreign Land”, il nuovo singolo
Foto: Ryan Chang
Sui titoli di coda, mentre scorrono immagini sfuocate dei potenti della terra miste a serial-killer, ascoltiamo il nuovo inedito di studio (incluso nella soundtrack di prossima pubblicazione), “The Future Is A Foreign Land”. Ghost riescono ancora a sorprendere, perché il riverbero della chitarra solista che inaugura il brano sembrerebbe un omaggio a Duane Eddy, il chitarrista e pioniere del rock’n’roll recentemente scomparso, o agli Shadows di Hank Marvin. Il brano è però immaginato più avanti nel tempo (1969) e si evolve in un accattivante rock melodico dalle connotazioni retrospettive, caso analogo ma ben distinto nel linguaggio musicale da “Mary On A Cross”. Dunque, ancora una volta, Tobias Forge attinge da illuminato alla sorgente del rock.
Al regista – non troppo – occulto dei Ghost furono attribuite inquietanti doti profetiche nel vaticinare la pandemia (in “Prequelle”), addirittura replicando nel successivo e quinto album, dove la caduta degli “Imperi”, può essere tragicamente ispirata all’incubo della Terza Guerra Mondiale. Un po’ troppo per un gruppo di musica rock, per quanto eccentrico ed associato a suggestioni “paranormali”, ma il veggente scandinavo non perde il vizio in questo nuovo singolo…Sembra presagire un disastroso futuro Orwelliano nel 1984 ma poi, in una fantasmagorica prospettiva di 55 anni dopo il ’69 (2024, appunto!) si lascia andare a ottimistiche speranze: “Dunque preghiamo per avere di più nel 2024, potremmo invecchiare insieme ed amarci l’un l’altro, e da allora saremo per sempre in pace!”.
Un rinascimento peace & love nostalgicamente hippy per i Ghost? Improbabile, ma loro restano speciali.
Bella recensione, come sempre, per un gruppo che considero, a torto o a ragione, come gli eredi dei B.O.C almeno “concettualmente”. Qualche giorno fa risistemando la mia stanza musica/ studio ho ripreso in mano i vinili dei gruppi metal italici, dai Death SS ( penso di essere uno dei pochissimi possessori dell’ep “Evil Metal”, quello con i master alterati e subito ritirato dalla distribuzione), alla Strana Officina, passando per Hocculta, Vanexa, Vanadium, Steel Crown, Raf, e gli “estremisti” Necrodeath, Schizo ecc.. A quando una ” immersione” in quel Mare magnum degli anni 80?
Ciao Gaetano, si, per certi versi i Ghost possono ritenersi epigoni dei B.O.C. nella capacità di diversificare la loro proposta negli anni, partendo entrambi da origini “inquietanti” (e considerati i tempi ben differenti). Preferisco non ripetere a che movimento era associato nei primi ’70 il gruppo di New York, pura invenzione giornalistica. Ora i B.O.C. sono liquidati come “vetusti e nemmeno metallari” dai giovin rampanti, ma all’epoca di “Tyranny…” erano ben altro. Per quanto riguarda il metal italiano, se sei un veterano, conosci il ruolo che ho svolto in quell’ambito, come minimo un pò “anticipatore”. Bene, ora quel “mare nostrum” è diventato materia di sfoggio frequentata da innumerevoli esperti, alcuni con sincera passione, qualcun altro per diversi motivi. Quindi al momento non vedo la necessità di un mio intervento a riguardo, ma se l’ispirazione trova l’appiglio giusto, non escludo affatto di tornare sull’argomento. Grazie dell’interesse in merito.
Infatti proprio per questo motivo mi sono permesso di avanzare la proposta di un tuo intervento. Aspettiamo che l’ispirazione trovi “l’appiglio giusto”!!
Buongiorno Beppe
Speriamo in effetti che venga messo a disposizione anche un supporto video; qui in città (città grande ed importante) il film è stato messo in programmazione, ma per pochissimi giorni e con pochissime repliche, peraltro in orari in cui la stragrande maggioranza delle persone ha l’abitudine di lavorare.
D’altronde questo tipo di proposta musicale in Italia è sempre stata trattata a pesci in faccia, e non mi sorprendo.
Quindi mi accontenterò della parte audio, invero piuttosto soddisfacente a quanto leggo.
Una cosa è certa: servirebbero più band come i Ghost, per dare una continuità al movimento hard rock/metal, che con l’inevitabile e fisiologico sipario che sempre più presto calerà sulle band storiche, temo si troverà a corto di realtà realmente in grado di muovere grandi numeri in termini di pubblico (sia dal punto di vista dei live che delle vendite, fisiche o meno…).
Ghost, che hanno coniugato con efficacia qualità musicale, immagine, concept accattivante, ed evidentemente un management all’altezza.
Grazie per averlo di nuovo ricordato.
Ciao Lorenzo, purtroppo noto a mia volta con disgusto che da noi i media importanti danno spazio a musica riprovevole, non parlo di rock ma di terribili tormentoni estivi, di canzoni che mi domando come possano entusiasmare tanta gente. La risposta è semplice: il battage pubblicitario pompa a dismisura materiale che mi domando come possa essere ricordato a lungo. Ma evidentemente le nuove generazioni la pensano diversamente. A mio avviso i Ghost rappresentano un’ancora di salvezza del rock, e per fortuna c’è chi ha creduto nel loro potenziale e vanno forte nel mercato più importante del mondo. Così potremo goderceli ancora, magari serviranno ad ispirare nuove rivelazioni, sperando che riescano a conservarsi così efficaci e propositivi. Grazie
Caro Beppe, ti aspettavo al varco con la recensione dell’happening cinematografico dei nostri amati Ghost, al quale purtroppo non ho potuto partecipare a causa della mancata distribuzione dell’evento in tutta la Calabria (autonomia differenziata pure nello spettacolo?). Coltivo la speranza di una futura uscita del film in Blu-ray, magari, perché no, in 4K (come il bellissimo Queen Rock Montreal) … i Ghost non meritano niente di meno!
Ciao Giuseppe, spiace per la mancata distribuzione da te segnalata, sono assolutamente d’accordo che “Rite Here Rite Now” necessiti anche del contesto visivo, al di là della colonna sonora. Mi sono informato oggi e la Universal, che ne pubblicherà i supporti fisici CD/2LP, al momento non sembra detenere i diritti delle immagini. Ma reputo improbabile che non sia prossimamente messa sul mercato anche la versione DVD/Blu-Ray. Quindi attendiamo fiduciosi. Grazie del commento.
Una grande band, o un grande progetto che dir si voglia. Come hai giustamente fatto notare, negli anni la vena ironica e sarcastica è diventata sempre più marcata, e forse ciò ha urtato la sensibilità di alcuni. Ma credo che, più che altro, sia stato il riscontro commerciale a far storcere il naso ai “puristi”, perché non ricordo un solo coro contrario ai Ghost per il primo album, e nemmeno per Infestissumam. La gente perdona tutto, ma non il successo. Mi dispiace per loro, si stanno perdendo alcuni dei migliori dischi del nuovo millennio.
Ciao Alessandro. “People are strange”, cantava Jim Morrison, ed è difficile smentirlo. Evidentemente un gruppo come i Ghost, con un’immagine appariscente, provocatoria quanto controversa (con relative tematiche) suscita sentimenti di amore/odio. Poi, come dici tu, il successo genera profitti, ma anche reazioni contrarie, soprattutto nell’epoca dei social. Esasperazioni che non fanno parte della mentalità di chi è cresciuto tempo addietro in un mondo diverso, dove gli eccessi erano meno divulgati. Grazie dell’attiva partecipazione.
In termini di vendite dei loro album o singoli (cd, streaming, downloads, vinili) si tratta effettivamente di una band di successo o no? Beppe, hai qualche dato numerico nudo e crudo al riguardo? E’ una mia curiosità, anche a me piacciono molto.
Ciao Ale, a proposito dei Ghost ho visionato su internet le posizioni dei loro album nella classifica di Billboard, non sono andato oltre, mentre non mi interesso di streaming etc. perché non sono di recente generazione. Penso che approfondendo sempre sul web si possa trovare parecchio; posso aggiungere che tutti i loro album in studio, dal secondo “Infestissuman” in poi, ed anche il recente 12″ “Phantomine”, sono andati al primo posto in Svezia, che non è poco. Il fatto stesso che sia stato girato un film per una grossa distribuzione, dimostra le loro crescenti fortune. Ma personalmente mi interessa che mantengano il livello qualitativo delle composizioni. Grazie.
Analisi come sempre efficace e concordo assolutamente con lui sulla grandezza dei Ghost che riprendono passato, presente e si proiettano al futuro con prodotti sempre freschi….fra i pochi, per quanto mi riguarda, autori di brani che finiscono dritti nella mia trentennale playlist, sempre meno alimentata da nuove uscite, che trovo raramente interessanti.
Ciao Massimiliano, condivido pienamente il tuo pensiero. Tu giustamente parli di playlist: nelle playlist vanno i brani, ed i brani devono esser ben identificabili, lo si deve alla personalità di autori ed interpreti. Altrimenti finiscono nel dimenticatoio, ma ahimè, meritatamente. I Ghost e il loro leader hanno questa forza di rappresentare sé stessi, variando anche le strategie musicali, ma con un’impronta propria e riconoscibile. Grazie!