Ghost live a Milano: Tobias Forge (foto: Barbara Caserta)
GHOST: "Phantomime" EP
Ghost (foto: Jimmy Hubbard)
Avevamo già incoronato Ghost “Re di Cover” per l’abilità nel far propri classici del rock, elaborandoli con personalità davvero ispirata. Erano subito apparsi oltremodo convincenti, il caliginoso remake di “Here Comes The Sun” dei Beatles, come concepito in stanze senza luce, e l’ipnotica versione di “If You Have Ghost(s)”, che giocando sul titolo, riportava in primo piano un capolavoro cult del pioniere psichedelico Roky Erikson.
Avido di qualsiasi linfa musicale, Tobias Forge si è poi spinto oltre, azzardando rifacimenti di icone pop quali Abba, Eurythmics, Pet Shop Boys, per tornare all’originale fonte heavy rock con “Enter Sandman”, consegnata alla “Blacklist” dell’opulento tributo ai Metallica.
Qualche giorno prima di ripartire in tour mondiale, l’iperattivo capitano del vascello fantasma, già con schemi progettuali sul prossimo album di studio, ha trovato il tempo per un nuovo EP di cover, “Phantomime” (Loma Vista/Virgin), uscito il 19 maggio.
Al di là della sequenza dei brani, Forge dà l’impressione di aver arricchito il suo esteso orizzonte di avido conoscitore, nonché accanito collezionista, rendendo omaggio a due pilastri della new wave, americana ed inglese. Fattore davvero interessante, è che i brani siano entrambi tratti da album d’esordio, spesso permeati di immacolata freschezza creativa. “See No Evil” inaugurava lo storico “Marquee Moon” dei newyorkesi Television, che sconfinando nella tendenza after-punk, esibiva taglienti suoni di chitarra psichedelica del geniale leader Tom Verlaine, scomparso lo scorso gennaio. Anche stavolta il titolo si presta a sottintesi con la natura “maligna” dei Ghost, ma ci piace sottolineare la solidità dell’interpretazione, accessibile grazie al dinamismo delle parti vocali e con slanci di chitarra che rendono giustizia all’originale. “Hanging Around” è invece un classico degli Stranglers, tratto dall’opera prima “IV-Rattus Norvegicus”. Emersi fra i prime-movers dell’onda punk inglese, gli Stranglers si caratterizzavano per l’impronta retro-rock dagli aromi lisergici – con echi dei Doors – trapiantati nel tessuto sonico dall’organista Dave Greenfield. Le tastiere hanno sempre svolto un ruolo peculiare nella ricerca melodica dei Ghost, e alla luce di questa rispettosa quanto trascinante versione, rifletto sulla possibilità che gli Stranglers siano stati un’influenza determinante nel forgiare “Mary On A Cross”, forse il successo definitivo per la consacrazione (oops!) del gruppo svedese.
La rilettura più sorprendente è però “Jesus He Know Me”, dei Genesis di tarda epoca Collins (dall’album “We Can’t Dance”), verosimilmente scelta per il duro attacco ai predicatori evangelici americani, che estorcevano denaro per falsi fini mistici. Non una satira contro la religione dunque, ma un attacco allo sfruttamento della medesima per scopi bassamente lucrativi. E forse non è un caso che “Jesus…” sia stato il primo video che ha anticipato “Phantomime” e l’unica cover dell’EP rappresentata dal vivo al concerto di Milano. Più che mai una dimostrazione di come i Ghost sappiano render propria materia sonora insospettabile: fulminante! E chissà cosa ne penseranno gli stretti osservanti del credo Genesis…
Poi il conclave di Papa Emeritus IV si mette alla prova con un mega-classico heavy metal, anche in questo caso estrapolato da un esordio epocale, il primo album degli Iron Maiden. Cimento non meno ostico, perché la moltitudine di integerrimi fans non sopporta violazioni del codice Ironiano. Forse per questo la versione è “fedele”, anche troppo, con basso prominente come da verbo Steve Harris ed epiche chitarre “gemelle”; il tutto risolto con impeccabile perizia tecnica. Probabilmente è da matrici di questo genere che è stata generata l’impetuosa “Kaisarion”.
Infine, “We Don’t Need Another Hero”, che all’epoca della registrazione non poteva esser immaginata come un omaggio alla recente scomparsa della grande Tina Turner (24 maggio). Si tratta del celebre tema del film “Mad Max 3 – Oltre la sfera del tuono”, dove la stessa cantante recitava a fianco di Mel Gibson, nella parte della regina di una città nel deserto. Stavolta l’arrangiamento contempla un accurato mix anni ’80 fra rock melodico e synth-pop, ideale rampa di lampo per l’inconfondibile refrain, certamente in bello stile Toto più che Tina Turner!
A voi le opportune conclusioni, ma certamente Ghost è un’entità che non si preoccupa di stupire e di suscitare controversie, laddove la prevalenza di formazioni rock e metal del Terzo Millennio preferisce accomodarsi in posizioni rassicuranti (e scontate).
GHOST Live: Ippodromo SNAI, Milano: 29/05/23
GHOST: The Nameless Ghouls (Foto: Barbara Caserta)
La sera di lunedì 29 maggio, a causa del traffico autostradale congestionato alla barriera di Milano, arrivo con inevitabile ritardo nei pressi dell’Ippodromo SNAI, sede del Summer Festival, dove si terrà il concerto dei Ghost. All’esterno giunge l’eco dell’esibizione dei Lucifer, che hanno aperto le “danze” verso le 19. Rimango impressionato dall’interminabile fila degli spettatori che dall’ingresso su Piazzale Lotto si snoda ordinatamente lungo Viale Caprilli avvicinando lo Stadio di San Siro, che ben conosco per frequentazione ormai atavica. In cerca di parcheggio mi sorprende la quantità dei presenti, ma anche il loro atteggiamento ordinato nel lento avvicinamento all’arena. Evidentemente il debordante successo della formazione svedese, che con il quinto album di studio “Impera” ha riscosso un American Music Award, vincendo un Grammy per il miglior brano metal (“Call Me Little Sunshine”), oltre ad imporsi nelle classifiche internazionali, ha fatto presa anche sull’audience italiana; infatti i numeri risultano di gran lunga superiori rispetto alla pur recente esibizione di circa un anno fa (5 maggio ’22) al Mediolanum Forum, nonostante la teorica penalizzazione della data ad inizio settimana.
Pensavo che un evento di questa portata potesse avere un riscontro anche sui principali quotidiani del Belpaese, quantomeno in omaggio al rimarchevole afflusso di pubblico: invece, se non vado errato, proprio nulla! Se non si tratta di “morti eccellenti” o dei soliti stranoti, non c’è spazio per il rock emergente…Così la pagina degli spettacoli del quotidiano preferito dai radical chic, ora presieduto dagli Agnelli, è inaugurata da una generosa immagine di Elettra Lamborghini, con relativa intervista e didascalia che recita: “Il reggaeton mi carica e mi fa star bene”. Mettiamoci il cuore in pace: non si pretendeva tanto, é il vero trash che impera, ma almeno una colonnina…Andando oltre, l’open space dell’Ippodromo si è progressivamente infittito di gente, persino famiglie con figli giovanissimi; non mancavano sosia di Papa Emeritus e dei suoi Ghouls, né rappresentanti del clero al femminile, certamente meno pittoreschi dei tanti “fedeli” immortalati nel video di “Life Eternal” a Città del Messico.
Come anticipato, non ho assistito all’esibizione dei Lucifer, formazione tedesca degna di nota perché scoperta dal superesperto del doom-metal Lee Dorrian (sulla sua etichetta Rise Above) e guidata dall’appariscente cantante bionda Johanna Sadonis, potenziale erede della maliarda Jinx Dawson dei Coven, pionieri americani del rock occulto.
Accedo all’arena in tempo utile per l’entrata in scena dei Death SS, convocati dallo stesso Tobias Forge come support-band. Un giusto riconoscimento per gli antesignani dell’horror music non solo sul suolo italico; infatti proprio il make-up ed i travestimenti di Steve Sylvester e dei compagni succedutisi lungo la pluridecennale carriera, hanno mostrato la strada non solo ai Ghost, ma prima di loro a tanti altri, nel ridisegnare in chiave macabra le “maschere” di Alice Cooper e dei Kiss. Questo al di là di un suono che nel circuito heavy metal ha fatto storia; i Death SS si sono presentati sul palco con la loro tipica coreografia, fra croci e diavolesse, esibendo i classici di maggior impatto come Peace Of Mind”, “Baphomet”, “Vampire” e l’inenarrabile “Terror”, ideale colonna sonora di un film offuscato da tenebre gotiche. Oltre quarant’anni dopo averla ascoltata sul primo demo, dimostra come fosse lungimirante chi aveva creduto nel futuro di quest’inaffondabile gruppo. Nonostante qualche disfunzione dell’impianto sonico, i Death SS chiudono in gloria con l’inno a tambur battente da supereroi maledetti, “Heavy Demons”.
DEATH SS: Steve Sylvester (Foto: Barbara Caserta)
Intorno alle 21:30, il malioso arpeggio e la solenne enfasi di “Imperium” annunciano l’irruzione sul palco dei Ghost con la perfetta catapulta metallica di “Kaisarion”. Come se non bastasse, il gruppo raddoppia con un altro memorabile brano d’apertura, “Rats”, che inaugurava “Prequelle” rilanciando a fosche tinte le sonorità cromate dell’hair metal anni ’80.
Va ribadito anche in quest’occasione che la pozione magica di Tobias Forge, risiede nell’identità melodica di brani immediatamente riconoscibili, fin dagli esordi, quando la raccapricciante figura del primo Papa Emeritus intonava la terrificante “Con Clavi con Dio” sospinta da una ritmica cavernosa, ammantata dalle sonorità brumose dell’organo, e credevamo di trovarci al cospetto di un magma musica/immagine realmente sinistro e demoniaco; analogamente, l’apocalittica versione dei Carmina Burana di “Year Zero” o la sepolcrale “Mummy Dust”. Tutti questi inni infernali vengono riproposti nel set attuale, alternati senza remore all’AOR supremo di “Spillways”, che mai avremmo fantasticato nel dominio dei Ghost o al prog strumentale di “Miasma”, con sardonico show del decrepito Papa Nihil al sax.
Da qui si evince un altro punto di forza dell’unicità dei Ghost; sanno raccogliere sotto una sola bandiera, che è il loro inconfondibile carattere musicale, stili differenti e comunque complementari, nient’affatto contrastanti. Tobias non è un cantante dalle doti vocali paragonabili a Ronnie J. Dio o al Gillan dei “migliori anni”, ma per fortuna è ben lungi dalla quantità massificante dei loro imitatori, e davvero non immagineremmo nessuno più adatto ad interpretare le sue canzoni. Certo, perché di canzoni magistralmente riconoscibili si tratta, dal retro-rock di dilagante notorietà “Mary On A Cross”, all’irresistibile catena di singoli che salutano il ritorno sul palco per l’ultimo urrà, “Kiss The Go-Goat”, “Dance Macabre” e “Square Hammer”.
Detto che fin dal video di “Call Me Little Sunshine” (dallo show televisivo Jimmy Kimmel Live) l’innesto delle due coriste si è rivelato un’altra mossa vincente, confermata dal concerto milanese, va dato merito a Forge di saper trattare una materia venefica con peculiare ironia, ben distante dalla “belluina malevolenza” di tanti ripetitori del metal estremo.
Dunque, un concerto dei Ghost equivale ad un greatest hits dal vivo garantito dalla padronanza tecnica dei musicisti, intercalato dalla personalità istrionica del leader, un gentleman mefistofelico dotato di savoir faire nell’intrattenere il pubblico e ringraziare gli addetti ai lavori.
Spettacolo teatrale ed esoterico il loro, con la giusta dose di avvincente pathos ma niente affatto truculento. Lo sapevamo, la formula alchemica è giusta ed originale.
Buongiorno Beppe
In relazione al concerto, purtroppo non ero presente, ma non fatico ad immaginare un ottimo spettacolo.
Non c’è niente da fare, i concerti che hanno la possibilità di attingere a budget importanti marcano la differenza, anche nel rock “pesante”.
A maggior ragione per una band come i Ghost che da rilievo all’aspetto scenico.
Che poi l’informazione mainstream italiana non dia visibilità a un fenomeno rilevante come i Ghost, francamente non sorprende…
Ho invece acquistato l’EP , buon prodotto come sempre, anche perchè Tobias Forge sa trattare la materia cover; detto questo, rimane a mio parere una uscita only for fans. Ho apprezzato molto i rifacimenti di Television (la cover migliore, secondo me) e Stranglers, gradevole We don’t need another hero, trovo invece un gradino sotto la rendition degli Iron Maiden e soprattutto quella dei Genesis; ma non ho mai gradito i Genesis anni 80, in special modo l’intero We can’t dance, ma si tratta di gusti personali.
Grazie per la tua usuale competenza e costanza.
Ciao Lorenzo, per quanto riguarda quella che chiami “informazione mainstream”, egoisticamente può far piacere l’indifferenza verso certi fenomeni, perché lascia spazio ai cosiddetti “specializzati”, dall’altro è sgradevole notare la perseveranza su tante situazioni di puro business, un pò di apertura verso il meno scontato gioverebbe alle varie rubriche “Spettacoli”. Sul fronte delle cover, ho già detto il mio e non lo ripeto, tu opportunamente fai le tue valutazioni. Non dimentichiamo che le nuove versioni si traducono a volte in un volano promozionale di successo, sia per gli attuali esecutori, sia per gli originali, quindi non riservate alla cerchia dei cultori del gruppo in questione. Il fatto che anche tu abbia apprezzato i rifacimenti di Television e Stranglers, ad esempio, significa che è stata data nuova luce su artisti storici usciti un pò dai radar, mentre “Jesus…” dei Genesis (al di là che possano piacere o meno Collins e compagni di quell’epoca), aggiorna a suo modo un brano che non mi pare ricordato fra gli evergreen di un gruppo fra i più famosi in assoluto del rock. Forse non è dispiaciuto e comunque fa gioco anche ai Genesis questo ripescaggio. Grazie della puntuale attenzione.
grande Beppe, c’ero anch’io all’ippodromo (ma quanti eravamo, tu lo sai Beppe?), felice spettatore del baccanale orchestrato impeccabilmente da Forge e compagni … che show, ragazzi! peccato effettivamente la mancanza di riscontro sui media, neanche a livello locale … mah! per fortuna ci sei tu Beppe con il blog … long live rock and roll e long live Ghost!
Ciao Giuseppe, il Blog è un circolo per appassionati di vecchia data, segnaliamo ciò che ci piace con i nostri limiti, ma è un peccato l’atteggiamento dei media che dovrebbero divulgare al pubblico di massa. Me l’ha detto privatamente anche un discografico di primissimo piano. Fa piacere che anche tu ci fossi, sinceramente non ho riscontri sul numero effettivo dei presenti. Ciò che ho visto l’ho descritto. Penso che siamo tutti molto soddisfatti del concerto a cui abbiamo assistito. Grazie davvero dell’apprezzamento.
Ciao Beppe e Giancarlo, con la tempestività che da sempre mi contraddistingue, bentornati! A quando una bella retrospettiva-articolone (come solo voi potete realizzare) sui Crimson Glory ?
Ciao Davide, ormai il Blog è attivo da oltre tre anni, ma presto o tardi fa sempre piacere ritrovare i lettori di una volta. Sui Crimson Glory al momento non saprei. Sono spariti da tempo, inoltre credo che ne abbiano scritto a profusione i molti esperti metal che proliferano in Italia. Negli anni 80 ce ne siamo occupati in primis, ora potremmo aggiungere qualcosa? Grazie di “rileggerci”.
Secondo me più che aggiungere portereste a conoscenza dei più “ggiovani” l’ennesima perla da voi scoperta e divulgata in Italia per primi…comunque è anche vero quello che dici tu, sopratutto per la generazione di noi sessantenni cultori di Rockerilla e Metal Shock non c’è molto altro da dire sulla gloria cremisi (oltretutto per chi volesse procurarsi ora cd o lp dei Crimson girano prezzi folli)…ribadisco in ogni caso che un vostro bel articolo retrospettiva con discografia ragionata e consigliata farebbe la felicità del sottoscritto (e non solo)…
Un caro saluto con incommensurabile stima!
Assolutamente d’accordo con te. I Ghost hanno una personalità incredibile, grazie alla quale possono permettersi di reinterpretare cover più o meno cult con la sicurezza di chi è capace di renderle “proprie”. Riguardo al nuovo ep, anche io sono rimasto colpito particolarmente dalla rielaborazione in chiave “emerita” di Jesus He Knows Me, davvero bellissima. Purtroppo, per motivi di lavoro, spostarmi a Milano durante la settimana è sempre più difficile, e non ho potuto assistere al concerto. Tuttavia ho visto alcuni filmati, da cui si evince come l’aiuto delle coriste sia determinante per una resa ancora migliore delle loro memorabili linee melodiche. Ciao Beppe.
Ciao Alessandro, purtroppo il traffico che regna fuori e dentro la metropoli “centro motore” d’Italia scoraggia chiunque non sia costretto a sorbirselo. Speriamo che le menti elette che l’amministrano agiscano con soluzioni valide. Ringrazio per la tua costante attenzione e fa piacere che la pensi così.