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ALBUM & CDC'era una volta HARD & HEAVY

GUNS N’ ROSES: dalla giungla di L.A. ai pinnacoli di “Use Your Illusion (I & II)”

Di 27 Novembre 202212 Commenti

Guns N’Roses 1991 (foto: Gene Kirkland)

I Guns N’Roses sono stati protagonisti della più fulminea parabola ascensionale della storia del rock, come puntualizzano i rilievi statistici: eruttato dal nulla verso la gloria, il loro “Appetite For Destruction” è tuttora il più venduto album d’esordio di sempre; almeno trenta milioni di copie a livello internazionale, persino trentasei secondo le stime più ottimistiche.
Gli stessi Gunners stabiliranno un altro record nel 1991, a coronamento degli anni di maggior fulgore, con la rischiosa, simultanea uscita dei due volumi “Use Your Illusion”. Un gioco d’azzardo che nessun altro avrebbe osato, se non “la più pericolosa rock band” della sua epoca, capace di assicurarsi le prime due posizioni della classifica americana.
L’avvento del quintetto di Hollywood ha dunque provocato effetti tellurici sul mercato discografico più potente del mondo, sovvertendo le regole che non garantivano un futuro dorato ai proseliti del rock realistico e offensivo, riesumato senza tradimenti. I Guns N’Roses l’hanno sperimentato sulla propria pelle, subendo l’iniziale ostilità dei media più influenti, prima che lo spontaneo passa parola fra gli aficionados e la forza del loro rock’n’roll infallibile avessero la meglio, trainando “Appetite For Destruction” al vertice della graduatoria di Billboard, il 6 agosto 1988: una data storica, non solo perché avviene quasi un anno dopo la pubblicazione (21 luglio 1987) ma anche per l’inversione di tendenza che determina a livello di strategie commerciali, aprendo il mercato ad una quantità di di bande underground, apparentemente negate ad un successo su larga scala.
Senza l’azione rivoluzionaria del gruppo di W. Axl Rose, al suo riportare il rock “sulle strade”, difficilmente avremmo assistito ad altri primati clamorosi, a partire dai Nirvana di “Nevermind”, che hanno inaugurato l’egemonia del grunge di Seattle.
Prima dell’uragano Guns N’Roses, nell’America degli anni ’80 le vie del successo sembravano obbligate per una formazione di rock duro: un’immagine glam o hair metal, abbinata ad un suono d’impatto immediato (dai Motley ai vari Ratt e Poison), meglio ancora se innervato da infiltrazioni commerciali per la programmazione in FM (Bon Jovi su tutti). I Guns N’Roses non si potevano identificare in quelle categorie, pur ostentando all’esordio capigliature appariscenti, e solo superficialmente venivano inquadrati in ambito heavy metal. E’ pertinente un’osservazione degli stessi musicisti, che definivano il loro stile molto più orientato verso le “radici”, dunque hard rock con una consistente base rhythm’n’blues, ereditata da maestri storici quali Muddy Waters, Bo Diddley, Howlin’ Wolf.
I Guns N’Roses si proclamavano influenzati dagli stessi artisti che negli anni ’60 hanno infuso l’anelito vitale nei Rolling Stones, e nel decennio successivo negli Aerosmith: i Gunners ne hanno raccolto l’eredità, ultimi, credibili epigoni negli Ottanta della grande tradizione rock’n’roll.
Quando fecero irruzione sulla scena, era più che legittimo reputarli naturali successori degli Aerosmith, la banda che dal 1973 in poi ha rappresentato l’essenza più veritiera del rock americano: ma gli anni non sono trascorsi invano, e come ogni gruppo epocale che si rispetti, i Guns N’Roses hanno assimilato altri influssi, rispetto alle stelle della british invasion e ai bluesmen neri che hanno ispirato le gesta giovanili di Tyler e Perry.
Per i nuovi “gemelli tossici” – e antagonisti – Axl e Slash, si riveleranno altrettanto seminali MC 5, Led Zeppelin, AC/DC, Lynyrd Skynyrd, oppure, dal passato più recente, gli eversori punk Sex Pistols ed i sottostimati pionieri scandinavi dello sleaze R&R, Hanoi Rocks.
Ma al di là delle competenze musicali, i Guns N’Roses si sono imposti per il loro stile di vita ribelle, autodistruttivo, trasformandosi nel simbolo inquietante di una nuova generazione che non leggeva certezze nel suo futuro. Un fenomeno che è andato sempre più estendendosi fino ai giorni nostri. Per i “figli della crisi”, che ha portato all’intensificarsi di tensioni razziali, al dilagante tasso di disoccupazione e criminalità negli Stati Uniti, i GN’R sono stati i nuovi sultani dell’oltraggio, i profeti del rock non “adulterato” ma specchio fedele dei tempi duri.

Guns N’Roses 1986

La voglia di vivere pericolosamente, professando gli eccessi che debellarono compagnie di dannati come gli Stooges ed i New York Dolls, è stata ostinatamente perseguita dai membri del quintetto; sono sopravvissuti alla dipendenza da alcol e droghe, ai disordini e alle risse da loro stessi fomentate, agli arresti della polizia ed ai ricoveri d’urgenza in ospedale. Nonostante questa concentrazione di episodi sciagurati, i figli adottivi delle strade di Los Angeles non erano destinati a recitare il ruolo di perdenti del rock.
Temuti per il loro potere di celebrità socialmente irresponsabili, hanno finito per pagare pesantemente dazio, disintegrando la chimica irripetibile dell’originale formazione e inaridendo la fonte della creatività con le insopportabili procrastinazioni dell’album “Chinese Democracy”.
In quest’ottica, ben poco possono valere le fastose reunion dal vivo, erette su una montagna di dollari…Ma nel loro aureo quinquennio fra il 1987 ed il 1991, i Gunners hanno dimostrato ancora una volta che da una carica vitale incontrollabile può sprigionarsi grande rock’n’roll.
Con loro, abbiamo rivissuto uno spaccato della leggendaria epopea dei Sessanta, quando la musica giovanile destava allarme per i suoi contenuti anti-establishment. Ed il rock ha avuto costantemente bisogno di personaggi duri ed irriverenti per rigenerarsi, nella sua inquietante necessità di non ordinaria follia. Forse per questo oggi ha medicato le sue stimmate originali, nelle acque tiepide del dilagante conformismo, con i musicisti infiocchettati da “estrosi” stilisti oppure offuscati da un’immagine anonima; e la proposta artistica difficilmente va oltre il già ascoltato, di certo indirizzata verso nuove generazioni, incolpevoli ma ignare degli anni di autentica, furiosa inventiva.
Anche le origini dei Guns N’Roses sono state caotiche, come le personalità dei suoi componenti, capaci di smentirsi vicendevolmente e di rendere approssimativa la ricerca della verità. A loro discapito va detto che i protagonisti si erano ripetutamente incrociati nella promiscua scena di L.A., ma nulla di stabile era sortito prima della fatale data del 6 giugno 1985 (nascita ufficiale del classico quintetto di “Appetite For Destruction”), quando Axl, Izzy, Slash, Duff e Steven si riunivano per la prima volta in sala prove, con lo scopo di preparare una data live, decisiva per il futuro del gruppo…Avrebbero suonato due giorni dopo, un giovedì sera, nel leggendario Trobadour di Los Angeles; apparentemente lo show era stato organizzato da Izzy per i suoi Hollywood Rose, nei quali era stato richiamato Axl, in procinto di dirottarsi verso i L.A. Guns. La conferma verrebbe da una gaffe del cantante, che ha dichiarato di “essersi esibito in un’occasione con Slash e Steven negli Hollywood Rose”.
Costoro erano proprio gli ultimi innesti, giunti a chiudere il cerchio il 6 giugno…Così hanno stabilito i membri del combo con il perentorio “questi sono i Guns N’Roses”, pronunciato da Axl, benché sotto lo stesso nome già esisteva una formazione all’inizio dell’85, formata da Axl, Izzy, Duff, Rob Gardner e Tracii Guns, scaturita dalla fusione dei precedenti L.A. Guns e Hollywood Rose.
Fallita per disorganizzazione un’ipotesi di tour sulla West Coast, i neo-costituiti Guns N’Roses si rifugiavano in un monolocale di Gardener Street, L.A., dove riescono ad ottenere un suono “fottutamente forte”. Lo battezzano Hellhouse, ed in quell’antro infernale richiamavano una folla smisurata per i loro party di rock & sesso di fine settimana.
Si affidano però alle cure di una rampante manager, Vicky Hamilton, già capace di far decollare i Poison verso il boato ciclonico delle grandi arene. I Gunners accrescono così la loro popolarità, suonando nei club più famosi della città, Troubadour, Whiskey, Roxy, Scream, e diventano la forza motrice della fauna rock più discussa del momento, l’”infamante” L.A. Street Scene, con Faster Pussycat, Jetboy ed i riattivati L.A. Guns, fra gli altri.

L'esordio discografico e il boom di "Appetite For Destruction"

Guns N’Roses 1987

Gli eventi si evolvono rapidamente per i desperados di Hellouse, nonostante si spezzi il rapporto con la Hamilton, che li porterà in tribunale: i Guns N’Roses firmano per la Geffen il 23 marzo 1986, grazie al lungimirante scopritore di talenti Tom Zutaut, riconosciuto dallo stesso Axl come il principale responsabile del loro successo. Zutaut s’è impegnato anche alla ricerca di un nuovo manager, invitando a L.A. il “tutore” degli Aerosmith, Tim Collins, che però si rifiuta dopo aver assistito ad uno smodato consumo di alcolici da parte dei musicisti.
Nel dicembre del 1986 accettava l’incarico l’inglese David Niven, già impresario dei bluesbreakers di Hollywood, Great White. Nello stesso mese i Guns N’Roses danno alle stampe il primo atto discografico ufficiale, l’EP di quattro brani “Live?! Like A Suicide”, autoprodotto su etichetta Uzi Suicide. Le registrazioni dell’album d’esordio erano già ultimate, ma l’uscita era programmata per l’estate successiva. Il test commerciale è oltremodo incoraggiante, perché l’EP “brucia” nel volgere di un mese le 10.000 copie di tiratura, scatenando la caccia dei collezionisti: l’atmosfera live, vera o presunta, avvicina comunque il clima inceneritore del leggendario “Kick Out The Jams” degli MC 5, Infatti “Move To The City” è impregnata di febbrile Detroit rock, ed inebriante è il vizioso abbandono nella spirale di “Reckless Life”.
Chiudono il cerchio di vinile due versioni, “Nice Boys” degli australopitechi Rose Tattoo, e soprattutto “Mama Kin”, dove i Gunners rivendicano lo scettro dei primi, esagitati Aerosmith.
Infine prodotto da Mike Clink (UFO, Triumph, Survivor etc.), “Appetite For Destruction” s’affaccia timidamente sul mercato nel luglio ’87, astenendosi dall’aggredire i Top 100 di Billboard per ben dieci mesi. L’illustrazione di copertina, opera di Robert Williams, raffigura uno “stupro” futuristico compiuto da un sadico robot e non giova affatto alle vendite del disco, bandito da numerose catene di negozi, al punto che viene sostituita dal logo del gruppo.

Ma l”Appetito di Distruzione” è destinato a diventar l’album rock’n’roll per eccellenza degli anni ’80, reintroducendo il realismo più sfrontato con una sequenza di violenti, credibili spaccati di vita metropolitana e controversi racconti autobiografici.
L’LP include alcuni fra i più classici brani del decennio, come “Welcome To The Jungle”, azionato da una chitarra-vertigine che focalizza con obiettivo perverso la vita della strada…Con questo “benvenuto” Axl era stato accolto in città, mentre si accingeva a dormire in un recinto, con la minaccia che “dalla giungla non sarebbe uscito vivo”! “It’s So Easy” contempla gli eccessi: vita spericolata ed auto distrutte, donne disinvolte e sostanze stupefacenti, ma Axl Rose sottolinea il senso di vuoto lasciato da queste frenesie, con un’interpretazione che chiama in causa Iggy Pop, quando si proclamava “presidente degli annoiati”. “Mr. Brownstone” è un funk rock con reminiscenze di Stones ed Aerosmith, ma paragonabile ad “Heroin” dei Velvet Underground per la disturbante posizione sul tema della droga; i musicisti hanno dichiarato di ispirarsi ad una tragica consuetudine a L.A., dove “chiunque ha perso molti amici, deceduti per overdose”.
La splendida “Paradise City” inneggia ironicamente alle lusinghe di Hollywood, facendo aleggiare il fantasma della sua decadenza dietro l’ingannevole, sfarzosa facciata. Ma se il gruppo appare spesso spietato nella sua crudezza, con “Sweet Child O’Mine” riesce a tramandare un’epocale canzone d’amore, dedicata da Axl alla compagna Erin, figlia di Don Everly dei celebri Everly Brothers.
Inizialmente “Appetite” sconta la fredda accoglienza riservata al singolo apripista “Welcome To The Jungle”, respinto dalle radio e da MTV. L’impasse si sblocca quando il brano è inserito nella colonna sonora del film con Clint Eastwood, “The Dead Pool”, dove gli stessi Gunners fanno da comparse.
Ma la spinta decisiva viene dall’ingaggio per il primo tour di vasta risonanza, nel novembre 1987 al seguito dei Motley Crue, che competono in “cattive abitudini” con il gruppo-spalla, disseminando di eccessi le loro tappe; Nikki Sixx finisce “clinicamente morto” per un paio di minuti, a seguito di un’overdose di eroina.

Slash & Duff (foto: Gene Kirkland)

All’inizio del 1988 i Guns N’Roses inaugurano una serie di date nei teatri americani come attrazione principale, ma fra tante intemperanze, Axl rischia di esser cacciato dal gruppo per aver disertato un concerto a Phoenix. Il cantante punta però risolutamente sulla tournée di supporto ai maestri Aerosmith e vuole presentarsi in forma al cospetto dei “disintossicati” idoli Tyler & Perry. Il 15 luglio scatta il programma live della formidabile accoppiata AeroGuns in America, e tre settimane dopo “Appetite” ascende al primo posto in classifica.
Il 30 agosto invece i Guns N’Roses tornano in Inghilterra, dov’erano già apparsi in giugno – al Marquee di Londra – stavolta di fronte alla sterminata folla del “Monsters Of Rock” di Castle Donington. Sarà il giorno del trionfo prima della tragedia, perché il moto incontrollabile dei fans che si riversano sotto il palco durante la loro esibizione, provoca la morte per soffocamento di due ragazzi. A quel punto il gruppo viene marchiato definitivamente e con disprezzo, “nemico pubblico numero”.
Al contrario, i fans si schierano totalmente dalla parte dei banditi di L.A.: in settembre “Sweet Child’O Mine” raggiunge il primo posto nella classifica americana dei singoli ed altri tre gli fanno seguito nei Top 10. L’”appetito” del pubblico appare insaziabile e la Geffen si vede costretta ad inventare un nuovo album, “GN’R Lies!”: uscito all’inizio di dicembre, riporta in copertina un’ironica rassegna stampa dei titoli dedicati all’insolente gruppo dai giornali scandalistici.
Il primo lato, G Side 1986, altro non è che la ristampa dell’ormai irreperibile EP “Live?! Like A Suicide”, mentre il secondo – R Side 1988 – svela il versante soft dei GN’R, a sua volta attraente, con quattro composizioni basate sulle chitarre acustiche. Nel maggio 1989 “GN’R Lies!” regala ai suoi artefici un altro primo posto nella classifica U.S.A.

Le Torri Gemelle di "Use Your Illusion"

GN’R con Schwarzenegger (epoca Terminator 2)

Sempre nel 1989, i Gunners vengono insigniti di riconoscimenti nelle cerimonie degli MTW Music Awards, ed in seguito, degli American Music Awards; in entrambe le occasioni si distinguono per la condotta da “scandalo permanente”.
Nel frattempo, Axl fornisce le prime, esorbitanti anticipazioni sul prossimo album: “sono pronte almeno trenta nuove canzoni, e fra queste una decina di ballate più credibili di “Sweet Child O’Mine!”
Ma l’annullamento della data d’inizio lavori per le nuove sessioni di registrazione – dovevano entrare nello studio Rumbo Sounds, nei pressi di L.A., il 13 gennaio 1990 – è solo il primo del prolungato rosario di rinvii che riguarderà il “vero” successore di “Appetite For Destruction”, per il quale si azzardano titoli del tenore di “GN’R Sucks”, “Heinous”, oppure “Girth”.
La band ricompare dal vivo in aprile, nel concerto benefico “Farm Aid IV”, che sarà anche l’evento d’addio di Steven Adler, troppo assuefatto alle droghe per i canoni degli stessi GN’R ed infine sostituito da Matt Sorum (già con Jeff Paris e The Cult), mentre il gruppo si è arricchito di un sesto membro, il tastierista Dizzy Reed (ex The Wild). Nel corso dello show, organizzato a Indianapolis da John Cougar Mellencamp, esibiscono un nuovo, fulgido brano, “Civil War”, che apparirà sul charity album “Nobody’s Angel”, compilato da George Harrison a favore degli orfani della rivoluzione romena.

Un altro inedito del luglio 1990 arricchisce la corona delle cover di Bob Dylan; si tratta di una memorabile “Knockin’ On Heaven’s Door”, destinata alla colonna sonora del film “Days Of Thunder”, con protagonista Tom Cruise.
Ciò che più interessa allo sterminato pubblico dei Guns N’Roses è lo start ufficiale delle registrazioni per il futuro “Use Your Illusion”, finalmente iniziate nell’estate stessa con il confermato produttore Mike Clink. Fonti vicine al gruppo avanzano l’ipotesi di pubblicazione di un box quadruplo, quindi ripiegano sull’uscita simultanea di due album doppi che sarà destinata ad avverarsi, nonostante le contrarietà della Geffen che teme il suicidio commerciale dell’annunciato best-seller. Un’intervista “confessione” all’autorevole Rolling Stone sembra rivelare che queste giovani stelle intendano lasciare ai posteri il maggior numero possibile di canzoni, rischiando una fine da meteore, perché “il gruppo vive costantemente sul filo del rasoio, e non può garantire nulla sul proprio futuro”.
In tale ottica, vengono riesumate composizioni precedenti al contratto Geffen, come la punkoide “Back Off Bitch” e la perversa “The Garden”, che presenterà un duetto fra campioni del passato e del presente in fatto di provocazioni rock, ovvero Alice Cooper e Axl. Inoltre, saranno finalmente date alle stampe le ballate escluse dall’album d’esordio, “Don’t Cry” e la favorita di Axl, “November Rain”. Ma il missaggio della mastodontica opera diventa un enigma insolubile, finché Bill Price (già collaboratore di Clash e Sex Pistols) viene convocato per guarire i mali della “Grande Illusione”. Il primo luglio i Gunners rompevano il silenzio discografico con il singolo “You Could Be Mine”, tratto dalla colonna sonora del film “Terminator 2” con Schwarzenegger, ma dal 18 giugno al 17 settembre 1991, quando giunge al termine l’odissea di ritardi ed escono contemporaneamente “Use Your Illusion (I & II)”, la loro pubblicazione è stata rimandata undici volte nell’arco di due mesi…L’effetto è però ciclonico: il Vol. II si avventa sul primo posto della classifica di Billboard, seguito al secondo dal Vol.I; nel breve volgere di una settimana vendono complessivamente due milioni e mezzo di copie, ma al di là dei riscontri commerciali costituiscono un’impressionante fucina di idee e sgomberando il campo da ogni equivoco, testimoniano il talento della band “bella e maledetta”.

La versione definitiva di “Civil War” resta a mio avviso fra le memorie R&R più avvincenti degli anni ’90, con il suo prologo Morriconiano, incalzato dal crescendo chitarristico di Slash, che ravviva l’inestinguibile fuoco del miglior rock “sudista”. L’orchestrale “November Rain” e “Coma”, credibile rappresentazione di un’overdose vissuta da Axl, colpiscono per maturità espressiva e ricchezza di pathos.
Brani come “Right Next Door To Hell” e “Dust’n’Bones” sono invece esemplari dell’istintività senza compromessi che ha forgiato l’originale vena street rock’n’roll dei Gunners, primordiale e anfetaminica. Infine, solo due cover (delle sette apparentemente registrate) figurano su “Use Your Illusion”: la dylaniana “Knockin’ On Heaven’s Door”, di cui si è detto, ed il non meno sorprendente tema del film con James Bond-007, “Live And Let Die”, di Paul McCartney.
Anche questi remake contribuiscono a far si che i due volumi di “Use Your Illusion” tramandino alla storia del rock l’incarnazione più classicista dei GN’R, ed insieme il testamento definitivo dei loro anni di maggior fertilità creativa. Infatti, né l’elevato standard artistico, né l’impero economico che ruota intorno al gruppo riusciranno a salvaguardarne la coesione. Axl Rose si prende fin troppo sul serio come ultimo rock’n’roll animal sulle scene, e la sua è una presenza ingombrante, acuita dalla volontà di voler disporre a proprio piacimento delle sorti dei Guns N’Roses. L’uscita di “Use Your Illusion” segna anche l’inizio di un nuovo calvario; i suoi ritardi sono pressoché irrilevanti rispetto alle infinite procrastinazioni di “Chinese Democracy”, il successivo album di brani originali, promesso in uscita nel 1999 e pubblicato nel novembre 2008: tanto sospirato quanto deludente nei contenuti. Le vendite saranno ragguardevoli, comunque inferiori a qualsiasi precedente dei GN’R, compreso il “riempitivo” di cover, “The Spaghetti Incident?”, di fine 1993. A livello d’ispirazione, i “veri” Gunners hanno terminato la loro irripetibile maratona di sesso, droga e rock’n’roll proprio con “Use Your Illusion”.

Novembre 2022: una raffica di riedizioni

Oltre quarantun anni dopo, non meraviglia che si realizzi la vera o presunta aspirazione del gruppo di far uscire “Use Your Illusion” in formato box. I due volumi hanno finora assommato circa trentanove milioni di copie vendute, e la dilagante mania delle costosissime edizioni Super Deluxe non poteva risparmiarli; in questo momento, la configurazione oversize di 7 CD/Blu-ray, libro di 100 pagine, poster ed una quantità di memorabilia, è proposta online a poco più di 200 euro, e agli accaniti fans del gruppo conviene prender nota. La stessa Super Deluxe in vinile (12 LP/Blu-ray, il resto come sopra) costa invece più del doppio.
Non mi dilungo sui dettagli, potete perlustrare sul web le varie opzioni; naturalmente il tutto viene garantito come rimasterizzato al meglio; si parla di 97 tracce, di cui 63 inedite audio/video – ammetto, non le ho contate! – inclusi due concerti completi dal vivo, a New York (anche in Blu-ray, del maggio ’91) e a Las Vegas, del gennaio ’92, con Gilby Clarke che ha sostituito Izzy. Vi invito ad ascoltarne alcuni vigorosi saggi riportati nei link a margine.
E’ invece attualmente esaurita l’edizione 4 LP in differenti vinili colorati, più tappetino per giradischi, esclusiva del sito della Universal.
Per chi non può permettersi le sfavillanti Super Deluxe, possono risultare interessanti le nuove Deluxe di “Use Your Illusion”, Vol. I & II separati, entrambi doppi CD con l’originale rimasterizzato ed il secondo che include differenti selezioni di 13 brani live, una sorta di compendio della ben più rigogliosa offerta delle opulente Super Deluxe.
Sicuramente meno rilevanti i due album doppi in vinile nero che ad eccezione di una sola differente versione (di “November Rain”, sul Vol.I) ripropongono le tracklist originali.
La medesime sono presenti negli “U.Y.I.” in singolo CD, persino superflui se non per i neofiti che desiderano avvicinarsi ad un gruppo conosciuto a memoria o quasi dal pubblico navigato.
Permane invece il mistero su una manciata di inediti, oltre alle cover, tratti dalle registrazioni originali e reperibili in rete, ma ignorati da queste multi-edizioni.

12 Commenti

  • Lorenzo ha detto:

    Ciao Beppe, ne approfitto dopo aver letto il magnifico pezzo sui Guns, perchè non vari un articolo, un articolone forse sarebbe più appropriato visto la mole, dedicato al movimento Hair metal ? Al tempo avevo 16/18 anni ed a parte alcuni pezzi, non li apprezzavo molto. Ora, sto eseguendo un operazione di recupero e mi piacerebbe leggere qualche cosa da un esperto quale tu sei. Grazie

    • Beppe Riva ha detto:

      Ciao Lorenzo, innanzitutto grazie dell’apprezzamento; ti dirò che sul Blog ho voluto a più riprese spingere verso una “rivalutazione” dell’hair metal, che ho amato negli anni ’80 e notoriamente ha suscitato amore & odio (brutta parola, quest’ultima, ma tant’è); sicuramente si può fare di più e specificatamente. Si tratta di trovare la formula e l’occasione giusta. Vediamo un pò…ciao!

  • Luca ha detto:

    Ciao carissimo Beppe. Ricordo ancora la
    tua recensione di Appetite che mi spinse ad acquistare immediatamente l’album. Amavo i Motley, impazzivo per gli Hanoi (penso che il gruppo finlandese meriti qualche riga), e l’ascolto di Slash & co. fu qualcosa di grandioso. Un lavoro pazzesco, strepitoso, di quelli che ogni tanto rispolveri e ascolti e le sensazioni sono sempre le stesse. Un suono che non sembra mai invecchiare. I due Use li ritengo personalmente leggermente inferiori, forse sarebbe bastato prendere i migliori pezzi dei due. Ripeto, personale opinione. A seguire discografia di livello basso. Li ho potuti rivedere dal vivo questa estate e nonostante un Axel non performante questi rockers riescono a trasmettere un’energia pazzesca . Come sempre l’articolo è pazzesco, completo ed esaustivo. Grazie e buone feste

    • Beppe Riva ha detto:

      Caro Luca, tante grazie per ricordare la mia recensione di “Appetite”…Se tutti fossero “senza memoria” il passato non conterebbe nulla, mentre noi desideriamo preservarne gli aspetti positivi (in generale). Hai ragione, gli Hanoi Rocks meriterebbero di più (qualche riga l’ho scritta su “Under Cover!”, l’articolo dedicato a 10 indimenticabili versioni); sicuramente la tua opinione sulla discografia dei GN’R è largamente condivisa, così come la nota sul concerto estivo. Un caloroso augurio di buone feste, a risentirci.

  • Lorenzo ha detto:

    Buongiorno Beppe.
    Chiunque all’epoca ha vissuto il periodo della nascita, evoluzione, trionfo ed implosione dei GNR, sa perfettamente che questa band è uno dei simboli del rock anni 80, iconica come la Jaguar dei Whitesnake o Livin on a Prayer dei Bon Jovi, per citare altre due band che forse sono riuscite a tenere il passo dei Guns, insieme ai risorti Aerosmith.
    Personalmente per mere ragioni anagrafiche ho vissuto l’esplosione dei GNR attraverso l’onda lunghissima del debutto, che come hai sottolineato ci ha messo anni per imporsi sul mercato, condizione questa che oggi sarebbe probabilmente impensabile.
    Senza dubbio AFD è il prodotto migliore e più credibile di quel sottogenere chiamato street metal, o sleaze rock, direi che sono sinonimi; sottogenere che per propria natura non avrebbe mai dovuto assurgere a fenomeno di massa, ma i Guns sono incredibilmente riusciti ad imporre un suono lontano da tentazioni commerciali (con l’eccezione forse di Sweet Child o’mine) e portarlo in classifica.
    Già questo (al netto di una evidentemente oculata campagna di marketing) a me sembra un miracolo o quasi, un operazione che si può forse paragonare all’effetto devastante che il Black Album ebbe nel metal.
    I due volumi di UYI li attesi all’epoca con maggiore consapevolezza, e li comprai sicuramente lo stesso giorno in cui uscirono, nonostante i GNR non siano mai stati la mia band preferita; ma nessun appassionato di hard rock poteva permettersi di ignorarli.
    A mio parere questi due dischi sono più completi e meglio prodotti del debutto, il quale però conserva inalterate le stimmate del superclassico epocale, quindi è veramente difficile fare classifiche.
    Per quanto riguarda le ristampe il discorso è il medesimo che si ripropone all’uscita di qualsiasi altra deluxe edition: si tratta di oggetti perlopiù da collezione che aggiungono credo poco alla sostanza, ma adattissimi ai più giovani che vogliano avvicinarsi alla band.
    Se il mezzo per farlo passa attraverso una versione più o meno costosa di un disco di trent’anni fa, ben venga, sempre meglio spendere i propri soldi per UYI che per quanto le radio passano ai nostri musicalmente (e non) miseri giorni.
    Grazie come sempre per i tuoi scritti.

    • Beppe Riva ha detto:

      Eh si, Lorenzo, hai rievocato un po’ della tua storia di appassionato di musica rock negli anni in cui i GN’R sfondarono. Poi ognuno è libero di preferire un album all’altro, quello della rivelazione oppure quello meglio prodotto…Il fattore che si evidenzia subito ascoltandoli, ed è ciò che distingue i grandi del rock rispetto alla massa, manco a dirlo è la personalità. Tragicamente carente in tanti gruppi attuali. Le Super Deluxe edition sono spesso oggetti attraenti (e quella di “UYI” lo è) ma chiaramente è una questione di…budget acquistarli. Grazie per l’impegnativo commento.

  • ROBERTO TORASSO ha detto:

    Ciao Beppe, l’importanza dei Guns è indubbia sotto il profilo per lo meno musicale perché come dici tu ha riportato in auge la visceralità del Rock primordiale pennellandolo con una patina di attualità metallica e Appetite è stato sicuramente un disco epocale… Ma il successo esponenziale fece emergere ancora di più demoni ed ego e personalmente non riesco a non pensare che la pubblicazione dei due doppi abbia a che fare con un’atto di megalomania aldilà della bontà del materiale offerto che a mio avviso pur ben congeniato non replicò il fuoco del debutto…. Senza contare che divennero un fenomeno mediatico al di fuori dell’ambito Hard&Heavy ed i 2 protagonisti principali, Axl e Slash, divennero personaggi di riferimento della musica Rock soprattutto il chitarrista che almeno si è costruito una carriera successiva a dispetto del singer che ancora campa sull’eredità del nome e di un suono che ormai non ha nulla a che fare con il folgorante animalesco vagito del debutto..

    • Beppe Riva ha detto:

      Certo Roberto, “Use Your Illusion” è stato un progetto molto ambizioso (presuntuoso? Può essere) comunque ben riuscito. Vero è che i successivi GN’R, nonostante il cosiddetto “perfezionismo” di Axl, non sono più stati la stessa cosa. Ciao e grazie del parere.

  • Franco Brovelli ha detto:

    Ottima band. Con questo esordio i Guns diedero la prima vera spallata a quella che, fino a quel momento, era stata la pomposa e teatrale scena Glam Metal americana, permettendole allo stesso tempo di ‘reinventarsi’ e vivere ‘di rendita’ fino agli inizi degli anni 90, quando l’uscita di Nevermind decretò l’inizio del Grunge e la fine del decennio edonistico. Decennio di cui i Guns, furono inconsapevoli ambasciatori non meno di Poison, Ratt e Crue.

    • Beppe Riva ha detto:

      Franco ciao, si potrebbe disquisire a lungo su affinità e divergenze fra i GN’R ed i famosi, precedenti gruppi glam-metal che citi. Inoltre il grunge era già attivo nella seconda metà degli ’80, con l’etichetta Subpop, nata nell’86, che ha pubblicato i primi Nirvana, Soundgarden, Mudhoney etc. Poi il passaggio dei Nirvana alla Geffen con “Nevermind” ha prodotto il fenomeno che sappiamo. Non sono affatto un detrattore del grunge, che è stato fondamentale negli anni ’90 insieme allo stoner per la sopravvivenza di un rock ancora vitale, semplicemente, come ho già scritto, ho più “nostalgia del rock degli anni ’80” perché é stato una sorta di ultima spiaggia della forma-canzone come la intendo e mi piace. Grazie

  • Alessandro Ariatti ha detto:

    Ciao Beppe. Troppo facile oggi fare ironia, come si legge spesso sui vari webmagazine, sui Guns. Chi “c’era” all’epoca sa benissimo cosa hanno rappresentato e che razza di impatto ebbe Appetite sull’intera scena, hard’n’heavy e non. Verissimo che il disco iniziò a decollare sul serio solo dopo la pubblicazione di “Sweet Child O’ Mine”, il cui videoclip usufrui’ di una rotazione mostruosa sui canali musicali mainstream. Personalmente ritengo Illusion una spanna sotto, in generale, anche se Civil War e November Rain possono tranquillamente essere annoverate tra le meraviglie degli anni 90. Grazie per il bellissimo tuffo in un passato irripetibile, maestro. See you soon.
    Alessandro

    • Beppe Riva ha detto:

      Ciao Alessandro. Ormai, come in politica, ognuno si sente in diritto di sostenere tutto e il contrario di tutto. Inevitabile. Per quanto riguarda “Use Your Illusion”, anch’io ritengo “Appetite For Destruction” superiore per freschezza ed impatto storico, ma penso che i GN’R abbiano voluto ampliare i propri orizzonti e ricercare qualcosa di ambizioso, evitando un “Appetite” Atto 2°. E dimostrandosi all’altezza dell’impegno prodotto, comunque. Grazie per il lusinghiero commento.

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