Dietro...o dentro ... una canzone non c'è solo la musica, le armonie, l'abilità d'esecuzione. C'è spesso anche una storia, una vicenda appassionante e non sempre chiara. Approfondiamo la storia horror di King's Highway.
Non so se a voi è mai accaduto. A me spesso. Ci si innamora di un brano, di una esecuzione, e poi, piano, piano ci si addentra nel testo, nelle armonie, in quel fascino che ti fa pensare che quella sia per te una cosa davvero speciale. Può essere una armonia vocale, un assolo di un qualche strumento amato, una batteria magari semplice ma importante per quel pezzo…molto spesso però sono i testi. Che non necessariamente sono immediati o lineari, ma che nascondono particolari che affiorano poco alla volta, come scavare alla ricerca di un qualcosa che è sotterrato.
Già, perché dobbiamo essere pratici : non sempre un testo è di facile comprensione. Non lo sono per noi molti testi di autori italiani, criptici e densi di allegorie volutamente riferenti a episodi chiari al solo autore…figuriamoci quelli in inglese, dove il muro della lingua e di sue certe espressioni idiomatiche sono cultura aliena per gli italiani e spessissimo anche per i madrelingua stessi. Chi è che di fronte ad un amico o un/a fidanzato/a madrelingua non ha approfittato chiedendo aiuto in qualche frase che da anni rimbalzava inutilmente in testa ? Io l’ho fatto spesso, pur vantandomi di un inglese fluente, e altrettanto spesso assistendo all’imbarazzo di chi non riusciva a districare la matassa che gli avevo posto davanti… ricordo un caso speciale, in cui quattro amiche canadesi non riuscirono a capire cosa si dicesse in una introduzione di un concerto dei Gov’t Mule… oppure una frase divertente di una registrazione di Zappa che mai, dal 1979, è emersa a comprensione. Di certi biascicamenti di Jimi o di irlandesi, scozzesi, americani del sud, vi tralascio elenco.
Ma non si vuole, qui, iniziare un corso veloce di inglese/americano. Più semplicemente mi divertirò – e spero di attirare così la vostra attenzione – affrontando testi di canzoni che hanno una storia più o meno intricata, più o meno subliminale, più o meno interpretabile. E’ un esercizio che affronto non di rado in privato e che ogni tanto vi proporrò; con la speranza che qualcuno suggerisca anche un episodio interessante da approfondire insieme. Sarebbe divertente.
Come primo episodio di questa mia ricerca del testo che mi ha costretto a più ricerche ed ascolti, vi racconterò di un brano di Joe Henry; ma la mia versione amata è dei Gov’t Mule di Warren Haynes. Intanto vi ricordo chi sia Joe Henry : cantautore ben poco noto in Italia se non per essere il cognato di Madonna, ha una quindicina di dischi a suo nome ma soprattutto ha prodotto e scritto brani, ha collaborato e suonato con artisti importanti. Tre album vincitori di Grammy sono attribuibili a lui, qualche nome per cui ha prodotto, composto e suonato ? Salomon Burke, Elvis Costello, Aimee Mann, Aaron Neville, Bonnie Raitt, Billy Bragg, Hugh Laurie, Joan Baez, Susan Tedeschi… e qualche altra dozzina… direi che potrebbe bastare.
Il brano è King’s Highway, un brano originariamente in stile “americana”, come va di moda chiamare oggi il genere, ma sostanzialmente una ballata acustica con venature country. Le due riprese sono di qualità : Joan Baez, che ne fece una versione in linea con lo stile originale, e i Mule che scelgono un arrangiamento denso di tensione, privo di assolo di chitarra di Haynes, con un unico liberatorio e breve stacco di tastiere che non sminuiscono il racconto stringato ma pieno di significati intuibili e non esplicitati che fanno della vicenda narrata un vero e proprio dipinto orrorifico.
Il testo di cui vi racconto, mi ha spinto a una ricerca che, forse, ha trovato la radice della vicenda. L’America, terra di serial killers da Ted Bundy a Zodiac, che contano un numero totale che va oltre ai quattromila soggetti, ebbe un assassino che apparentemente privo di motivazioni, uccideva le sue vittime attirandole lungo la strada facendo, pare, autostop. Questo soggetto, agiva in una zona attraversata dalla “Autostrada del Re”, la King’s Highway narrata nel brano. Venne catturato perché un’unica volta scelse di spostare l’auto della vittima, finendo con il lasciare tracce. Nessuna rapina, nessuna logica negli omicidi.
Quando venne catturato sembra che la prima frase che ebbe a dire fu : “Sarà il caso che cambi metodo, non si sa mai…”. E da qui parte la nostra storia. Cercherò di darne una traduzione con un senso più prossimo al nostro italiano che rispettoso dell’originale inglese.
“I might just change my mind, sometimes you can never tell, where a story will unwind, how deep is the shallow ground”… dovrei cambiare idea, a volte non puoi mai dire come si svilupperà una vicenda, quanto profondo è il terreno (che pare) normale… è l’assassino che parla e racconta e questo fa diretto riferimento alla storia reale.
Subito dopo affiorano riflessioni e ipotesi ricreate dopo la cattura che si alternano a immagini dell’assassino… “I am just like many more, who lie in bed still and numb, waking up and I can see, just how dark it has become, who knows no better angels now, who knows none but earthly light, who is waiting for a stranger, on the King’s highway tonight”… Io sono come tanti, che vegetano a letto immobili e annoiati, e alzandomi posso capire quanto si sia fatta notte, chi lo sa che non ci siano angeli da pregare, chi (non) conosce altro che la luce del giorno, e chi sta aspettando uno straniero sulla King’s highway, stanotte…
Improvvisamente, dalla descrizione dell’uomo si passa alla tragedia, in un balzo secco, come un rasoio : “It wasn’t how I had it planned, where he finally came around, I took a man with my own hands, but I held him close when he went down”… non accadde come avevo pianificato quando alla fine si fece avvicinare, lo presi (per il collo) con le mie mani, ma lo tenni vicino mentre scivolava giù... l’omicidio pianificato appare adesso come occasionale, strangolarlo sembra una sorpresa mentre il corpo ti scivola vicino privo di forze…
“He hadn’t time to be afraid, his look was only of surprise, staring up from where he lay, on the King’s highway tonight”… non ebbe il tempo di spaventarsi, aveva solo uno sguardo di sorpresa guardandolo (dall’alto) dove era rimasto disteso sulla King’s highway, stanotte… l’omicidio avviene come se l’assassino guardasse e descrivesse qualcun altro : la sorpresa, lo sguardo incredulo, la vista del corpo senza vita, il luogo. Immagini da thriller, che anche la nostra fantasia afferra solo con il distacco dell’incredula incomprensione. Un crimine, per quanto feroce, dovrebbe sempre avere una motivazione che difatti fa parte del giudizio, ma qui la motivazione non esiste. E difatti…
“I took the little that he had, only as an afterthought, he wouldn’t had to feel so bad, to think I killed him just because, he was passing through this town, only ‘cause he looked ‘bout right, he stopped when I flagged him down, on the King’s highway tonight… I might just change my mind, sometimes you can never tell”… presi il poco che aveva con sé, come per un ripensamento, non credo che ci sarebbe rimasto male a sapere che l’avevo ucciso solo perché passava per questa città, perché pareva quello buono, e si era fermato quando gli avevo fatto cenno, sulla King’s highway…
In un attimo si svela la follia della mancanza della motivazione : l’assassino prende i pochi soldi come per darne una a sé stesso, come in un ripensamento, la vittima è del tutto occasionale, nessuna relazione, fermata per caso, con un gesto che lascia un dubbio; to flag down è il verbo che indica il segnale di chi vuole fermare un veicolo, ma è il gesto della Polizia quando con la paletta ferma un guidatore. Un termine che lascia il dubbio se l’assassino utilizzasse un travestimento per bloccare le sue vittime, ma c’è di più : nella pronuncia di Warren Haynes…maledetto inglese che nessuno afferra fino in fondo… sembra che la pronuncia non sia il “he” originale, ma uno “she” che cambierebbe il senso del tutto. Chi si dispiacerebbe del crimine non sarebbe più la vittima, ma l’eventuale compagna disperata che non troverebbe una motivazione… Dovrei cambiare idea, non si sa mai…
Trovo questa una storia gelida, lineare nel suo delirio, metodica e crudele e non a caso, chissà perché, quando la ascolto e non mi lascio trascinare dalla musica, immagino l’assassino con il medesimo volto di Anton Chigurh, l’incredibile personaggio interpretato da Javier Bardem in quel meraviglioso capolavoro di tensione irrisolta che è “Non è un paese per vecchi”, un film incredibile, con una fotografia da Oscar. Un aneddoto : quando vidi il film per la prima volta, la tensione delle immagini e della vicenda non mi fecero accorgere che non esiste una colonna sonora per quel film. Neppure una singola nota : solo parole e il suono del vento.
Nel video originale di Henry l’assassino sotterra le sue vittime, fruga nella loro auto in cerca di notizie, come per rubare una identità; non ho mai trovato riscontri nelle mie ricerche rispetto alla storia originale.
Non so se anche a voi l’ascolto della versione principe, quella dei Gov’t Mule regalerà le medesime emozioni, le medesime immagini che suscita in me. Ditemelo, sono curioso… e suggeritemi il vostro brano da… immaginare e descrivere.