Teiere volanti, radio mentali, pianeti sconosciuti, gnomi invisibili : questa è la mitologia del Pianeta Gong
Immagino sia capitato anche a voi di non saper descrivere la musica di un qualche artista particolare che, davvero, non vi riesce ad accostare a nessuno. Per quel che riguarda la mia “religione”, non faccio altro che utilizzare le sacre parole di Ruth Underwood quando mi chiedono che genere suoni Zappa… “…non è jazz, non è rock, né blues, né pop, non è psichedelia o avanguardia : è Zappa!”.
Ecco, lui non è l’unico di fronte al quale è difficile dare una indicazione certa. L’hard rock o il metal… quello sano, non quello che non riesco più ad ascoltare tanto inutilmente veloce e violenti siano i tempi e quanto inudibili il cantato… tutto sommato danno poche possibilità di dubbio e raffronto. Più difficile è con quelle personalità di confine dove una serie di influenze e generi e spesso dove l’utilizzo degli strumenti esca decisamente dal convenzionale.
Quando lavoravo per la mia prima televisione musicale, ricordo che in periodi di magra ossia quando non c’erano in vista possibilità di produrre riprese di concerti dal vivo, ricorrevo a un paio di agenzie che vendevano pacchetti di concerti pre-prodotti, spesso in ottima qualità. Una volta l’unica chance che mi veniva data per risparmiare qualche soldino dal budget, era di acquistare dieci concerti insieme dalla BBC. Evitavo accuratamente di farmi condizionare dai miei gusti personali e pensavo più che altro alle uscite discografiche recenti o prossime e al gradimento ipotetico del pubblico. Quella volta ero arrivato ad otto senza troppi intoppi, ma non vedevo come riempire le ultime due caselle. Fu una delle poche volte che me ne fregai bellamente e comprai un paio di concerti che mi piacevano e che speravo sarebbero piaciuti.
All’epoca avevo un regista in particolare che passava le giornate a seguire le uscite stampa, convinto che i migliori risultati per il proprio programma li avrebbe ottenuti narrando magnificenze del proprio prodotto alla stampa. Ovviamente gli cadeva l’occhio anche sul resto delle nostre uscite e pareva avere una predilezione per leggere quanto scritto a proposito dei concerti (ne avevamo uno alla settimana) per poi farmi un pistolotto il giorno successivo al primo passaggio. Non era mai del tutto convinto : una volta era la regia, una volta il suono, una volta la qualità dell’artista. Non era fastidioso, solo che avendo altro da fare era una rottura di coglioni che mi sarei evitato; e d’altronde non mi sarebbe mai passato per il cervello di ascoltarne il giudizio critico.
Una volta mi si presentò davanti dicendomi : “Bellissimo il concerto di ieri sera! Strani, ma grande musica. Chi erano ?”. Non c’era da stupirsi : lo avevamo soprannominato Oliver Stoned non a caso… ecco, alla richiesta di cosa comprare da quel gruppo mi bloccai quasi. Non sapevo esattamente come descriverli e a quale genere accostarli. Gli consigliai di acquistare quattro dischi, tutti in sequenza e che avevano una storia a legarli. La storia era questa …
C’era un Pianeta chiamato Gong. Questo pianeta era abitato da ominidi verdi, spesso invisibili, alti 33 centimetri; questi gnomi barbuti vivevano in teiere volanti, le Flying Teapots, e venivano chiamati Pot Head Pixies : essi erano già atterrati sulla Terra ed erano guidati da forze invisibili definite gli Octave Doctors. Da tempo questi “dottori” comunicavano dal Tibet con loro attraverso l’uso di una radio a trasmissione mentale, la Radio Gnome Invisible, allo scopo di diffondere la filosofia gnomica. I quattro dischi raccontavano in sequenza la storia di questi soggetti, anche se in realtà la vera vicenda era narrata in una trilogia uscita in sequenza nel giro di un anno o poco più.
Il tizio mi guardò fisso estasiato da cotanta follia fumogena e mormorò a bassa voce : “Bellissimo, me li compro!”. Il gruppo era quello dei Gong, guidati da Daevid Allen, un cantante e chitarrista che aveva trascorso un po’ di tempo nei Soft Machine insieme a Kevin Ayers e che poi aveva girovagato tra Francia e Inghilterra per diletto, per curare amicizie e perché spesso non lo facevano passare alla frontiera per via del suo vizio di eccedere con il fumo.
La musica dei suoi Gong era e resta tra le più sfuggenti e indefinibili possiate trovare in circolazione condita con una forte dose di follia e ironia che non potevano non essere frutto di intere serate passate a fumare ogni genere di vegetale potesse essere rollato dentro una cartina. Con lui un intero universo di personaggi stralunati e dalle fattezze hippie ma sostanzialmente tutti eccellenti musicisti : su tutti impossibile evitare di citare Bloomdido (soprannome da un brano di Charlie Parker) Bad De Grass, Steve Hillage e Pierre Moerlen. Una fantastica comune di hippies nati dall’altra parte dell’oceano.
Ma non c’era nessuna Magic Band di Captain Beefheart, nessun Syd Barrett, nessuna Soft Machine o nessun Hawkwind… persino nessun Faust, gruppo luminoso appartenente alla medesima coraggiosa etichetta, la Virgin Records di Richard Branson, che avrebbe potuto competere in lucida e lineare follia con i Gong. A ben pensare solo la coscienza pionieristica e il coraggio di Branson hanno rappresentato la benzina necessaria a certi gruppi per tentare di diffondere musica che solo oggi non verrebbe neppure presa in considerazione da qualsiasi responsabile artistico di etichetta…ammesso che ne esistano ancora in circolazione. La Virgin…divaghiamo un momento… ci ha regalato i Tangerine Dream, i Gong, i Faust, promossi in origine con un album, The Faust Tapes, venduto a 49 centesimi, Mike Olfield, Kevin Ayers, i Sex Pistols… e tutto passando dalla scrivania di un soggetto che non aveva mai ascoltato musica, Branson, un signore che vendeva per corrispondenza, Nik Powell, ed un solo musicista, Tom Newman; gente che aveva posseduto in precedenza solo un negozio di dischi a Notting Hill che aveva chiamato Virgin records and tapes. Provate a farlo oggi !
I prequel ai primi vagiti del Pianeta Gong si chiamano Magick Brother e Banana Moon, ma se volete tuffarvi dentro le vicende delle Pot Head Pixies dovete iniziare dal Camembert Electrique un album che venne pubblicato il medesimo giorno in cui usciva Tubular Bells al prezzo di lancio di 59 pence… visto che il trucco fatto con i Faust aveva funzionato.
Il Camembert Elettrico era già stato pubblicato senza fortuna da una etichetta francese e conteneva in embrione l’inizio della vicenda. Il collage di rock sperimentale, sprazzi di jazz e cabaret era il modo perfetto per anticipare la trilogia che avrebbe reso immortali Allen e il suo entourage. Alla fine di ogni facciata del vinile originale, una frase era stata inserita nella traccia di chiusura, quella che nei dischi è muta, in modo che venisse ripetuta all’infinito finché il disco non fosse stato fermato. Nella prima facciata un inglese misto a francese chiedeva se volevamo un pezzo di camembert…
The Flying Teapot precede Angel’s Egg e il finale You che incornicia la trilogia della mitologia Gong. I dettagli delle vicende sono facilmente reperibili sul web, inutile dunque che ve le stia qui a descrivere oltre. Mi piacerebbe che la miscela di jazz, rock, space rock, psichedelia, cabaret stimolasse in voi lettori la voglia di andarvi ad ascoltare… o riascoltare se avete già avuto incontri con il Pianeta Gong… quanta fantasia, creatività, fuga dagli schemi, genialità e voglia di scherzare ci fosse nella musica di cinquant’anni fa. Una miscela esplosiva che ascoltata oggi non ha perso un grammo della propria qualità e che, essendo decenni avanti a molte produzioni, suona ancor oggi fresca ed attuale.
Nessuno, probabilmente, ha saputo utilizzare sax, tastiere spaziali, chitarre glissando, voci e sussurri, batterie e percussioni come i Gong hanno saputo fare. Non a caso, come purtroppo accade in questi casi, non esiste una scuola musicale che abbia fatto seguito.
Se sarete affascinati dalla mitologia Gong, sappiate che esistono altri tre dischi, usciti molto tempo dopo, che ne allungano le vicende anche se l’originale freschezza degli album dei settanta resta una spanna sopra tutto : Shapeshifter (1992), Zero to Infinity (2000)e 2032 (2009) sono le aggiunte adattate agli anni di uscita alla storia originale.
La galassia Gong è un albero genealogico quanto di più complesso e contorto possiate immaginare; le uscite, indipendentemente dalla trilogia, sono molteplici e la ramificazioni musicali infinite. Altri gruppi hanno portato avanti la musica dei Gong, da Steve Hillage solista alle band formatesi senza la presenza del leader Allen. Ognuna ha un suo perché ed una sua valenza. Dal vivo la forza espressiva del gruppo e la dilatazione di ogni tempo musicale ne facevano una esperienza imperdibile.
Ho piantato un seme. Fatemi sapere se sarà germogliato : Iao Za-i Za-o Ma-i Ma-o Ta-i Ta-o Now … correttamente espresso secondo il canto finale del Master Builder in You…
GONG
una delle più grandi band di tutti i tempi, anche una delle più sottovalutate purtroppo.
oltre alla “TRILOGIA” semplicemente fantastica, mi piace ricordare “Camembert”, l’album dove tutto ha avuto inizio.
notevole anche il primo album “Magick Brother”, anche se ancora un pò acerbo.
poi ci sono i vari album “LIVE” e “The Birthday Party” per i 25 anni della band è SPETTACOLARE da BRIVIDI…….
ovviamente non si possono dimenticare gli album di DAEVID ALLEN, tanto semplice nelle composizioni, quanto GENIALE…..
insomma GONG…..una storia infinita
“GONG EST MORT……VIVE LE GONG”
Certamente… così come la sconfinata Famiglia Gong ha prodotto dozzine di album di grande qualità…magari un giorno ci torneremo su…