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Ricordo Perfettamente

Ascoltando la California

Sognando la California ne ascoltiamo ancora la bellezza attraverso le perle che San Francisco ci ha donato e che non dobbiamo mai rischiare di dimenticare.

Non ho idea di quali fossero i vostri sogni da ragazzini. Ricordo perfettamente quali fossero i miei. Vivevo in una città di mare che era ancora parzialmente inespressa, in crescita; a un centro città completo e via, via sempre più moderno si contrapponeva una periferia ancora campagnola, quasi abbandonata, a metà tra gli avanzi di un passato glorioso di inizi novecento ed una destinazione agricola mitigata solo dalla presenza del mare che significava traffici e pesca. Se non avessi avuto la musica a farmi viaggiare avrei sicuramente trovato nel mare il mio sogno principale, in fondo averlo davanti al naso 24 ore al giorno significava una bella sfida oltre che una possibilità.

E invece mi innamorai della musica pop, così si chiamava, e fu lei a suggerirmi i sogni da portarmi dietro finché non fosse arrivato il momento di aprire quel cassetto. No, in tutta onestà non sognai mai Liverpool pur avendo imparato dai Beatles, ma il primo amore, la destinazione dei miei sogni fu sempre Londra. La immaginai per decenni finché non ci fuggii un’estate di molte vite fa restandone definitivamente catturato. La vita, il lavoro e le possibilità mi ci fecero tornare molte, molte volte finché mi accorsi che la mia familiarità con una città dalle centinaia di facce era quasi misteriosa. A Londra non mi sono mai sentito “all’estero” anche quando imparavo a girarla e la semplicità di come ancora oggi mi ci orienti quasi automaticamente mi fa spesso pensare che se davvero fosse reale la leggenda delle vite precedenti, in una io devo aver sicuramente vissuto lì. Non chiedemi quando e perché.

L’altro sogno che sono certo di aver condiviso con il 90% dei miei coetanei è sicuramente stata la California. Un sogno che ho scientemente scelto di rimandare perché ho sempre pensato che se fossi stato lì avrei dovuto sezionarne ogni angolo, tanto ne ho parlato e sentito parlare in questa vita. Se avete dimestichezza con chi vi scrive di musica, vi sarete accorti come vi vengano descritte autostrade immense dove non superare le 55miglia; le varie route polverose con i distributori ed i bar dalle larghe vetrate “alla Edward Hopper” , le strade abbandonate delle periferie delle città dei motori, le periferie degradate e pericolose, sanguinanti, delle metropoli. E avrete letto di storie e vicende oscure dove un coltello fa rima con qualche meschina attività sessuale e un’arma da fuoco sta sempre nel cruscotto della macchina sfasciata o nella tasca laterale del motociclista di turno.

Ecco, chissà perché ho sempre pensato che chi vi descriveva questi sogni dopo aver ascoltato il disco di cui vi parlava non fosse mai uscito da Padova o da Roma, da Brindisi. Perché tante erano le inesattezze rispetto a quello che ero riuscito a vivere e che non ritrovavo nei racconti di “chi non c’era” che non non mi sono mai fidato di quello che mi veniva filtrato solo attraverso un giradischi o un lettore cd.

La mia California sta ancora lì e so perfettamente che non la incontrerò mai o almeno non incontrerò mai quella che ho sognato negli anni sessanta e settanta e suggeritami dai grandi artisti che mi hanno accompagnato con la loro musica. Ecco perché non ho più fretta di andare a vedere l’incrocio tra la Haight e la Ashbury a San Francisco : perché i sogni talvolta devono restare tali. Se non riesci a viverli esattamente in quel momento. Perché quello che ti racconta un cuoco non è esattamente come andare a mangiarla quella carbonara…

E i magici evocatori di quei sogni hanno i nomi che spesso sentite riportare, quelli che hanno inventato quei suoni e quelle canzoni che ci hanno raccontato una storia di una cultura di un paese così lontano e così diverso, così privo della storia che noi europei – e noi italiani in particolare – possiamo vantare ma che sono riusciti , nonostante basi culturali limitate, a guidare un mondo quando il loro nasceva un paio di centinaia di anni fa . Praticamente dieci minuti or sono per un europeo.

Ma oltre quegli straclassici di Buffalo Springfield, C.S.N. & Y., Grateful Dead, Jefferson Airplane, Byrds e compagnia cantante, esistono anche gruppi derivati o paralleli che hanno valenze analoghe come minimo e che hanno lasciato ai posteri musica bellissima pur senza raggiungere la medesima fama. O, ancor peggio, aver goduto di una fama nominale che però non ha portato l’appassionato ad approfondire la conoscenza della loro produzione.

Ci sono molti gruppi che meritano non solo la citazione ma la conoscenza profonda, l’amore di chi ama le Vere Radici di quello che ascoltiamo da decenni e spero, sinceramente, di sbagliarmi nel credere che non molti abbiano scelto di ascoltare con attenzione i tre nomi che vi elenco oggi, tre gruppi che se già nelle vostre orecchie dovete riprendere e riascoltare e se, colpevolmente, sono rimasti indietro non dovete perseguire nella follia di non avere imparato ad amarli. E, come mi pare di avervi scritto già in passato recente, la bellezza di “quella” California stava tutta nel fatto che non esistevano invidie, competizione, corse alla fama : era un unico calderone di creatività e fantasia, una miscela di sperimentazione e ricerca in cui ogni pezzo era al tempo stesso separato e parte di un solo, lucidissimo progetto.

Spirit, Quicksilver Messenger Service e Hot Tuna hanno prodotto musica meravigliosa con diverse sfumature e passioni; hanno imparato e decodificato la lezione del blues nero elettrificandolo a modo loro, hanno inserito le loro anime differenti al suo interno rendendolo del tutto non comparabile, suonandolo con stili e approcci diversi, hanno raccontato storie e vicende non speculari, lo hanno reso frutto delle differenti personalità. Lo hanno cristallizzato per le nostre orecchie per sempre in un’epoca che, come vi dicevo poco fa, è scomparsa per sempre.

Hot Tuna sono stati il progetto rock blues di due perni essenziali dei Jefferson Airplane : Jack Casady e Jorma Kaukonen. Casady avrebbe potuto entrare a far parte della Experience di Jimi subito dopo aver partecipato alle sessioni per Electric Ladyland e ai concerti della Royal Albert Hall e forse, se lo avesse fatto, la nostra storia sarebbe stata diversa. E invece scelse di restare con i suoi Aeroplani per poi prendere una strada più tosta insieme a Kaukonen, chitarrista e cantante elettrico e acustico con la insana passione per il blues e per il rock. Per capire gli Hot Tuna sarebbe sufficiente godere della acustica bellezza dell’esordio dove voce e chitarra acustica, un basso e una armonica descrivono l’amore per i classici del blues più di qualsiasi conferenza o scritto. Ma per chi ama anche andare oltre c’è uno stupendo doppio live, Double Dose, dove a fianco alle magie acustiche esplodono le ruvidità del rock rese spettacolari dalla voce e dalle luminose composizioni dei due. Non commuoversi con Genesis o Watch the north wind rise che escono dalle vostre casse acustiche, non saltare sul divano con Funky #7 o con Serpent of dreams, con Bowlegged woman significa meritarsi 65mila persone al concerto di quel rapper/trapper/tric e trac.

Con gli Spirit la vicenda è decisamente diversa. Randi California era il ragazzino che colpito dall’Hendrix del 1967 sceglie di crescere suonando il rock ma che troppo giovane per farlo si affianca a Ed Cassidy, patrigno e batterista… inventando la… Family that plays together che andrà avanti nonostante la fragilità e la delicatezza della personalità di Randi fino alla sua tragica fine. La musica degli Spirit è il diretto riflesso dell’etereo carattere del solista e cantante, un personaggio che non alzava mai la voce, che cantava e suonava senza incorrere ad atteggiamenti e sonorità tipiche della sua posizione e che componeva con la medesima attitudine. La musica degli Spirit è lineare e fragile, sinuosa ed elettrica, melodica e incalzante al tempo stesso. E’ la California delle spiagge mescolata con il rock digerito da Dylan a Hendrix, è l’abbraccio e non il salto sulle spalle di chi ascolta. E’ unica, di difficile comparazione, più bella dal vivo che in studio, anomala, imperdibile. Qualsiasi live è perfetto per conoscere il suono della Famiglia ma un live , raro, del 1979 al My Father’s Place sarebbe la soluzione perfetta per innamorarsi, con una versione di Watchtower da venti minuti che è il compendio dell’essenza di Randi e della sua breve vita sfortunata.

Con i Quicksilver Messenger Service si entra nella storia della San Francisco a cavallo tra psichedelia e blues elettrico, ma facendo riferimento alle sue radici, nel 1966, quando ancora l’onda lunga del suono di quella città magica non era ancora debordata nel resto dell’America e del mondo. Un racconto con due diverse ere del gruppo, quella con il socio fondatore Dino Valenti chiuso in carcere per droga e il tutto delegato alla passione per il blues superelettrico di John Cipollina che guiderà il gruppo in quei due anni e quella dove il Valenti riprenderà in mano il comando conducendo i QMS su binari più legati alle canzoni e meno alla acidità delle due chitarre soliste.

Con i Quicksilver c’è… come dicono in Toscana dalle mie parti… “il pane e la sassata”… musica sferzante e tagliente e canzoni rock con un occhio alla tradizione. Io, che ho più simpatia per la sassata, amo i primi due, forse tre album, pur possedendoli tutti non fosse altro per le meravigliose copertine che da sole sarebbero valse l’acquisto.

Se per voi il blues elettrico grondante interminabili assolo e condito in modo piccante con la nascente psichedelia è l’obbiettivo giusto per le vostre orecchie, non potete non avere in casa Happy Trails, ma sopra ogni cosa non potete non accorgervi che il mercato è pieno di splendidi bootlegs del periodo 1966/1969, tutti assolutamente in linea con quel suono, preannunciato dal luminoso, omonimo disco d’esordio.

Quando si scrive di musica, teniate sempre presente che lo si fa principalmente per divulgare le proprie passioni, quelle che, in buona fede ci hanno tenuto compagnia fino ad oggi, quelle che abbiamo nelle orecchie ancor prima di pigiare un bottone rosso per riascoltarle. Non si scrive e non si parla di musica per gli altri…o solo per gli altri… lo si fa per far riaffiorare la bellezza che abbiamo conosciuto con la speranza che le nostre emozioni riescano a stimolare qualcun altro. Per il piacere di avere … un altro compagno di merende. Non si scrive di musica : la si ascolta. Perché restiamo convinti che scrivere di musica sia davvero danzare di architettura... però qualche racconto, qualche emozione recuperata, può far scoccare la scintilla giusta. Ci proviamo, non costa nulla.

10 Commenti

  • Marco Cardio ha detto:

    ciao Giancarlo, sto ascoltando proprio adesso per la prima volta in vita mia i Quicksilver Messenger, che trovo semplicemente grandiosi (la solista di Cipollina, credo sia lui a suinare gli assoli, ti manda nell’iperspazio). Tti ringrazio per i tuoi sempre preziosi consigli di ascolto.

    • Giancarlo Trombetti ha detto:

      Beh…meno male che scrivere di antiche passioni ogni tanto serve a qualcosa… buffo perché ci sono appassionati scriba che sostengono esattamente il contrario : perché rinvangare sempre le stesse cose quando c’è tanta roba buona in circolazione ? Io direi che la “tanta roba buona” in circolazione non la sento, ma sarà colpa mia che li sento tutt uguali agli originali, e a quel punto mi ascolto gli originali… mentre resto sempre convinto che molti non conoscano o ricordino o non riascoltino il passato, da cui proviene l’attuale musica, e bene sarebbe ricordarne nomi e storia. Grazie per esserti appassionato …tardino direi… 😉 ai Quicksilver… le soliste, comunque erano due : John Cipollina e Gary Duncan, peraltro recentemente scomparso.

  • Paolo Mon ha detto:

    Su Double Dose e Happy Trails rispondo “presente”. Ma due parole su Randy California le voglio proprio spendere. Nel 1988 (o 89?) ebbi l’immensa fortuna di assistere ad uno dei concerti italiani della Night of the guitar. Dei 10 chitarristi, forse, ne conoscevo 3: Robbie Krieger, Phil Manzanera (ma perché suonava con i Pink Floyd) e il nostro Pino. Toh, mettiamoci anche Leslie West (gli unici due che veramente conoscevo Alvin Lee e Steve Howe non c’erano). Ad ogni modo, musicalmente andai via di testa con il duo Powell e Turner e la loro The king will come e…Randy California. Aveva solo 38 anni eppure mi sembrava un simbolo autentico del passato glorioso quando il rock era il Vero Rock: bandana in testa; gilé; carisma assoluto, trucchetti di ogni tipo (in parte mutuati da Hendrix), lancio di plettri. Quanto di più vicino ad una vera rock star avessi mai visto. Al di là della simpatia autentica di Leslie e Pino, Randy California catturò il 16/17enne in me. All’epoca non era facile reperire notizie e tanto meno i dischi degli Spirit (recuperati dopo, a fatica, Sardonicus e Family), ma l’adorazione raggiunse picchi assurdi quando scoprii che sostituì per alcuni concerti Ritchie Blackmore nei Deep Purple (e parafrasando una persona che stimo, si sappia che “quando parliamo di musica, partiamo dal concetto che Blackmore è Dio, dopodiché possiamo continuare”). La sua fine – possiamo dire tragicamente eroica? – ancora oggi mi colpisce. Cercherò i live degli Spirit, mi hai incuriosito

    • Giancarlo Trombetti ha detto:

      Ci sono state due Night of the guitars. Io ebbi la fortuna di “lavorare ” sulla prima. Che non credo fu quella che arrivò in Italia… 88 credo.
      Ma la mia impressione fuori dal palco fu opposta : Randy era l’antirockstar. Devi assolutamente cercarti almeno un paio di live. C’è un triplo cd a costo limitato molto interessante, il rockpalast e sicuramente il La Paloma dove c’è la jam che ho pubblicato. Poi facci sapere…

      • Paolo Mon ha detto:

        Grazie Giancarlo, parto subito in caccia. Ricordi quale potrebbe essere il titolo del triplo di cui parli?

        • Giancarlo Trombetti ha detto:

          Ti suggerisco assolutamente Live at La Paloma e il triplo Rock and roll planet 1977/79… e se tu riuscissi a beccare il live al My Father’s place del 1979… un bootleg o nastro dal vivo forse sul tube o su qualche altra piattaforma che condivide live classici… beh, ne varrebbe la pena.

  • Davide Ferretti ha detto:

    Bravo Giancarlo !! Mi hai fatto riaffiorare molti ricordi. Sempre piaciuti tantissimo gli Hot Tuna.

    • Giancarlo Trombetti ha detto:

      Un gruppo si giudica dai pezzi… Gli Hot Tuna ne hanno messi insieme tonnellate. Grandi come gli altri due che cito, diciamo la verità…

  • Renzo Magnabosco ha detto:

    Diavolo di un Giancarlo. Riesci a citare non citando Zappa anche in un bellissimo scritto su tutt’altro. Intanto, stimolato dalla lettura, vado a ripassarmi un Cipollina che al confronto i succhi gastrici sono crema pasticcera.

    • Giancarlo Trombetti ha detto:

      E’ la mia Religione che affiora sempre… quando penso a Zappa mi sento come un testimone di Geova 😀 riascoltati anche gli Spirit e i Quicksilver, dai…

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