Il secondo disco di studio di Slash è un'orgia di ospiti in onore del blues.
Direi senza girarci troppo intorno che ci siano tre diverse ipotesi che possiamo formulare su questo genere di operazioni. La prima vuole che quando un musicista organizza un disco di sole cover voglia rendere omaggio al genere, ai brani o ai gruppi che va a riproporre.
Una seconda ritiene che si tratti del puro piacere di poter operare privi di schemi quando si è accumulata sufficiente fama e denaro da permettersi anche di riunire un gruppo di amici e suonare quello che più piace o che ha contribuito alla formazione musicale del soggetto.
La terza, decisamente più pratica, sostiene che quando un musicista riempie un album di cover ha finito la benzina e dovendo/volendo pubblicare un disco si butta sul sicuro.
Decidete voi quale delle tre opzioni vi sembri più plausibile. Accettiamo anche una miscela di più ipotesi perché tutto è possibile… a volte più probabile che possibile.
Spero che non sia necessario ricordarvi chi sia Saul Hudson detto Slash. Vorrebbe dire che in questi ultimi 37 anni vi siete parecchio distratti o avete vissuto sulle Ande : cinque dischi con i Guns ‘n’ Roses, un paio con il suo gruppo, altri due con i Velvet Revolver, collaborazioni con… chiunque direi : da Bob Dylan a Motorhead, da Carole King a Michael Jackson, Alice Cooper, Rod Stewart, Ray Charles… un elenco interminabile di cameo che rendono onore al nome e alla versatilità del soggetto. Sicuramente ben pagato, sicuramente meritevole di presenza, Slash è un soggetto “particolare”. Il suo abuso di alcool e droga lo ha portato a consumare anzitempo il cuore che adesso funziona grazie a una sorta di defibrillatore esterno che è obbligato a portare con sé da anni.
Temo di saperne qualcosa dato che un amico caro d’infanzia ha dovuto subire il medesimo trattamento senza aver mai avuto una vita particolarmente sregolata. Ti salva la vita ma non è particolarmente divertente.
Torniamo alla musica.
Il chitarrista inglese non è nuovo all’addentrarsi nel territorio delle cover. Già in almeno tre occasioni – con gli Zeppelin, Hendrix ed Alice Cooper – aveva reso ottime versioni di classici affrontati con stile e rispetto. Ecco, in tutta sincerità credo che l’elemento fondamentale da parte di chiunque desideri affrontare un classico si possa riassumere in una sola parola : rispetto.
Tutti hanno prima o poi scelto il rischio, perché tale resta, di confrontarsi con la Storia; non tutti ne sono usciti senza rompersi qualche ossicino. O si è immensi, ci si chiama Hendrix e si riesce a dare versioni che vanno galassie oltre l’originale, o si è dei geni e si crea su una base da cui partire per andare altrove…oppure si conta sulla propria Arte e ci si muove con rispetto.
Io mi permetterei di indicare due esempi per me inevitabili di gruppi che hanno un approccio alla musica altrui che è un misto di estremo amore, o rispetto, e di Grande Arte : io mi sbilancio e affermo che non ho ancora trovato esecutori migliori dei Gov’t Mule e dei Phish quando decidono di suonare la grande musica. Se aveste dubbi in merito, andate pure sul Tube e fatevi un giro di alcuni giorni per vedere e ascoltare di cosa siano in grado costoro. Poi fate tanto di cappello.
Slash ha la sua arte e le sue passioni che – evidentemente e non potrebbe essere altrimenti da buon hard rocker non metallaro nell’attuale senso del termine che per me ha oggi dello spregiativo tanto oltre si è andati con tempi e voci e grancasse – ama e ricorda e apprezza ancora il caro vecchio blues elettrico da cui tutto deriva.
Ricordo che nel corso di una intervista di un soggetto che amo, il tipo, parlando di serate non proprio in tono e di elementi del gruppo che certe volte non sono in sintonia, disse : “ When in doubt , play the blues”. E questa deve essere stata la stella cometa del nostro Slash dato che il disco consiste di undici classici e di un solo brano a sua firma.
C’è tutto in Orgy of the Damned : Robert Johnson, Willie Dixon, Hoyt Axton, Booker T. Jones, Norman Whitfield, Chester Burnett, Aaron Walker… ci sono undici brani che le nostre stelle dei sessanta/settanta hanno saccheggiato nei loro inizi e che qui vengono reinterpretati insieme ad amici e compagni di merende che da parte loro non hanno mai smesso, anch’essi, di rendere omaggio alle radici.
E’ cosi che abbiamo tutti insieme appassionatamente Chris Robinson, Billy Gibbons, Chris Stapleton, Paul Rodgers, Brian Johnson e Steven Tyler, Beth Hart e Gary Clark Jr. , Iggy Pop… e il risultato è … divertente, certamente e non potrebbe essere altrimenti con queste premesse.
C’è un “però” che vorrei permettermi di rimarcare.
Ricordate il Marchese del Grillo quando decide di non pagare Aronne Piperno per i mobili che gli sono stati costruiti ? Ecco… “belli i pezzi, belli gli ospiti, bella la selezione, belle le esecuzioni… mo’ te ne puoi pure anna’ “. Perché tutto è bello ma se solo comparato agli originali suona troppo pulito, troppo attuale, troppe ben prodotto… beh, direte voi : è musica del terzo millennio, siamo nel 2024, mica nel 1900 con Robert Johnson dopo l’incontro con Satana…
Ed il problema sta tutto lì : per suonare il blues ci vuole un animo tormentato, ci vuole la fame, ci vuole l’anima che gronda un passato ruvido, ci vogliono pochi soldi in tasca. Il disco è bello, interessante, più che divertente… ma non sento l’anima dietro a una produzione a tratti troppo pulita. Sempre per dare una citazione importante… “suoni bene per essere una senza problemi”, dice Bleedin Gums Murphy a Lisa Simpson… e questi, di problemi, tranne la salute e l’età, ne hanno davvero pochi.
Voglio salvare tre pezzi che mi hanno convinto di più, anzi quattro, e perché alla voce c’è davvero qualcuno che il blues lo ha inzuppato ben bene prima di fare i soldini… Born under a bad sign perché c’è Paul Rodgers, Killing Floor perché c’è Brian Johnson mai così bluesy, Stormy Monday perché c’è Beth Hart, forse la migliore interprete femminile di blues elettrico al momento, per me ovviamente, e infine Hoochie Coochie Man perché c’è Billy Gibbons che mangia pane e blues a colazione tutte le mattine.
Se vi consiglio di comprarvelo ? Sì. Ma se vi volete bene, andate al vostro pc e fatevi una raccolta speculare con grandi versioni di quegli stessi classici; gli esecutori sceglieteveli voi se non gli originali, quelli che a suo tempo ebbero… maggior rispetto.
E poi alzate il volume e divertitevi, ché il rock and roll serve esattamente a quello.
io adoro il Blues.
credo di non avere mai ascoltato un album di Blues Rock (più o meno diversamente miscelati) che non mi piacesse, e sono certo che se lo ascoltassi apprezzerei anche il disco di Slash.
questo però mi sembra un prodotto rivolto soprattutto ai fan dei Guns’n’Roses, oppure ai suoi personali, o semplicemente ad ascoltatori superficiali che non vanno aldilà dei soliti nomi, e non ai veri appassionati della Musica del Diavolo.
i quali hanno già centinaia (mi tengo basso) di album molto più interessanti, e onesti, di questo da ascoltare/acquistare… soltanto sommando quelli di Ten Years After, Johnny Winter, Free, Savoy Brown e Robin Trower superiamo comodamente i 100 dischi.
onestamente, a meno che non si pretenda di essere sempre aggiornati con le nuove uscite, mi sentirei più di consigliare un vecchio titolo di Buddy Whittington, Roy Buchanan o Walter Trout, facilmente reperibile a pochi euro in cd, che non il lavoro, sicuramente competente ma chissà quanto sincero, di un’annoiata rockstar.
un caro saluto
Eh…beh… sono i dubbi che ha un appassionato ogni volta che si trova un oggetto del genere tra le mani. Ma sono gli stessi che avrei io davanti a certi nomi dei ’70 ascoltati solo perché ultracinquantenari e noti a una cerchia ristretta che non include neppure i genitori dei titolari 🙂
L’ho preso questa settimana. L’ho ascoltato un paio di volte e poi ho deciso che il fatto che ci cantano Beth Hart, da anni la mia cantante preferita (il primo con Bonamassa l’ho divorato) e Paul Rodgers, perchè…perchè è Paul Rodgers, era più che sufficiente. E poi perché ero curioso di sentire Slash smettere di fare quello che copia Joe Perry quando copia Jimmy Page. Sono sempre stato tiepido nei suoi riguardi, più icona rock che bravo chitarrista. Questo ai miei occhi. E invece se la cava bene, il feeling e il tocco ce l’ha. Ho l’impressione che “abbia il blues”; conosca la materia. Sulle ipotesi, io propendo per un’unione delle prime due. In questi anni di musica nuova Slash ne ha prodotta molta, quindi non penso che fosse per colmare un buco contrattuale. Più che Brian Johnson mi ha colpito Steven Tyler all’armonica e Demi Lovato. Forse, se proprio devo dire, poteva fare un qualcosa alla Stones, va bene l’album di cover blues, ma avevamo veramente bisogno di ascoltare per la milionesima volta Crossroads, Hoochie Coochie, Stormy Monday e Killing Floor (o è Lemon Song? Ops…)?
Sono operazioni tutto sommato divertenti. Se fossero a prezzi ridotti lo sarebbero ancora di più. 😄
Perfettamente d’accordo con te ,ho acquistato il CD senza preclusioni non aspettandomi nulla di sconvolgente, mi è piaciuto ma come affermi tu troppo pulito e levigato.
PS .Ho acquistato ” Live at the Freak Valley” di Krissy Matthews di cui avevi parlato e devo dire che li sudore e anima non mancano. Grazie del consiglio penso mi procurerò anche live at Rock palast.
Mi fa piacere che tu abbia trovato Matthews divertente. Se ti capitasse a tiro vallo a vedere.
Come non essere d’ accordo con la tua disamina? Mi piace pensare che queste operazioni possano avere anche una funzione educativa, nel senso che possano invogliare l’ascoltatore meno smart (si dice così, adesso) ad approfondire la materia blues.
Vedi Marco, io sono cresciuto a rock e blues e purtroppo ritengo che il secondo sia l’elemento fondamentale della nostra musica in ogni sua manifestazione. Per cui se queste operazioni patinate, piene di bei nomi, servono a imparare il blues… ben vengano.
Queste operazioni hanno il grande pregio di fare conoscere e rendere fruibile un materiale musicale delicato; ascoltare oggi una registrazione originale di Robert Johnson (ad esempio) potrebbe essere essere un esperienza non appagante, al di là di quanto sia valida la canzone…lo stesso pezzo rivisto da Slash potrebbe essere apprezzato filtrandolo con sonorità più attuali. Un sacco di gruppi hard rock lo hanno fatto. Ricordo inoltre un bellissimo disco (anni 90) interamente di cover blues cantato da Paul Rodgers , con lo stesso Slash tra gli ospiti..si saranno scambiati il favore
Non sono un grande fan di Slash e generalmente nemmeno dei dischi di cover (blues o meno) ma visto la lista degli ospiti un ascolto lo darò.
Certamente per avvicinarsi all’originale di Robert Johnson ci vuole volontà… ma senza andare indietro di cento anni, mettersi ad apprezzare Graham Bond, John Mayall, Alexis Korner, Dr John… mica farebbe male… anzi, direi che si scoprirebbe che una quantità imbarazzante di grandi nomi del rock inglese ha iniziato lì…
Il disco non è male…