La Dinastia dei Re dell'Acido
La psychedelia è stata un mostro dalle molte teste, e sue derivazioni terminologiche come acid rock e space rock sono tornate di uso corrente negli anni ’90 per illustrare una “tendenza” rilanciata da Monster Magnet e Kyuss, nello sperimentare gli effetti degli allucinogeni sulla creatività musicale.
Nel 1965 i Warlocks, che di lì a poco si ribattezzeranno Grateful Dead, inauguravano l’era dei grandi festival all’aperto nelle campagne attorno a San Francisco: la popolazione hippie si riuniva, sballata ed euforica, a guardare le stelle e ad ascoltare interminabili improvvisazioni musicali, stabilendo un feeling di comunione fra artisti e pubblico dove il medium era l’LSD, l’acido lisergico, che nell’ottobre 1966 sarà dichiarato illegale.
Qui nasceva l’acid rock e l’epoca del flower power, un “futuro di felicità” secondo i filosofi della vita freak dei mid-sixties. Ma nel centro psichedelico dell’universo, ovvero San Francisco, non tutti si specchiavano nello stile di vita love & peace, assicurandosi di “indossare fiori fra i capelli”, come avvisava Scott McKenzie nel suo celebre inno alla città californiana.
Nel ’67 un trio di bikers votati alle droghe, decidevano di chiamarsi Blue Cheer sotto gli effetti di una robusta dose di LSD. Facendo largo uso di feedback e di volume assordante, inauguravano il 1968 realizzando l’album più heavy dell’anno, “Vincebus Eruptum”, una pietra miliare nel suo genere, che li nominava idoli dei violenti Hell’s Angels.
Ecco svelarsi l’altra faccia dei “parties all’acido”, quando personaggi indesiderabili risolvevano accidentali colluttazioni a colpi di coltello oppure nascevano aggregazioni tutt’altro che devote ad utopie pacifiste. Con la strage di Cielo Drive dell’agosto ’69, Charles Manson e la sua “Famiglia” diventavano il simbolo della degenerazione criminale delle comunità hippie. Questo non si poteva certo imputare ai musicisti, e gli stessi Blue Cheer presero pubblicamente le distanze dalle droghe, abbassando anche la guardia in termini di durezza musicale. Illuminante il loro modo di uscirne, con uno splendido inno alla serenità ritrovata, “Peace Of Mind”, apice del terzo album “New! Improved!”, uscito prima di quei tragici fatti, nella primavera ’69.
Parallelamente alla San Francisco dei Dead, esplose la Londra del “movimento psycheledico”, degli hippies lungocriniti, dei grandi raduni nei parchi…I Pink Floyd del “pazzo diamante” Syd Barrett, maestri nel processo di visualizzazione della musica, coinvolgevano attivamente il pubblico in un happening di suoni sperimentali e liquidi light-shows, nelle loro leggendarie esibizioni all’UFO Club.
Il flippatissimo Barrett inventava sonorità dilatate, lancinanti, ed il primo album del gruppo, “The Piper At The Gates Of Dawn”, pubblicato nella Summer Of Love 1967, accenderà un fuoco inestinguibile, affiancando allo stile di musica fortemente innovativo, l’inclinazione visionaria di titoli fantascientifici come “Astronomy Domine” ed “Interstellar Overdrive”. Si trattava sicuramente dei primi sedimenti culturali space rock. Quando Roger Waters dichiarava che “è difficilissimo seguire Barrett, ma nessuno ci potrebbe guidare più lontano…” forse alludeva alle orbite perseguite dall’astronave Floydiana. Subito dopo, “Madcap” Syd si perdeva nella propria cosmogonia personale, ma il gruppo allestiva un altro stupendo prototipo spaziale, “Set The Controls For The Earth Of The Sun”.
Ma l’autentica istituzione “alternativa” germogliata dalla psychedelia inglese di fine ’60 restano gli Hawkwind, già famosi per un concerto gratuito fuori dai cancelli del festival di Wight, in aperta contestazione con il costo dei biglietti, e per la loro reputazione di incorruttibili “militanti” in ogni free show dell’epoca. Su queste basi il gruppo fonderà la sua eccezionale longevità ed un tenace seguito da culto, che a distanza di decenni non accenna ad estinguersi. Ad esempio, nel 1996 la EMI ha ristampato i primi cinque album con notevoli digipack CD apribili in più facciate, sorta di prototipo “de luxe” che ha anticipato riedizioni di artisti dal maggior successo commerciale.
Gli Hawkwind hanno consegnato alla storia l’archetipo definitivo dello space rock, ovvero l’heavy distorto e fitto di sonorità elettroniche di un secondo album dal titolo programmatico, “In Search Of Space”.
Agli ordini di Captain Trip Dave Brock, l’equipaggio comprendeva anche il poeta allucinato Bob Calvert ed il bassista Dave Anderson, reduce da un’altra formazione donata agli stupefacenti, i teutonici Amon Düül II. In seguito, questi sarà sostituito da Lemmy Kilmister – futura stella metallica dei Motörhead – e l’atmosfera trasognata dei loro spettacoli fatti di suono, luce ed eccitazione del pubblico, si rifletterà nel doppio LP dal vivo “Space Ritual”.
Proprio riesumando un classico degli Hawkwind, “Brainstorm” (dal terzo album “Doremi Fasol Latido”) nel loro debutto major “Superjudge” (1993, A&M) i Monster Magnet ufficializzavano la “nuova onda” space rock negli anni ’90, fino ad allora sommersa nei labirinti del suono alternativo americano.
A partire dal primo album “Spine Of God” (1991) il quartetto guidato da Dave Wyndorf (voce e chitarra), ha colpito al cuore inscenando slalom supersonici fra gli asteroidi e fughe fra i pianeti del sistema solare; poi il “profeta cosmico” Wyndorf è sceso sulla Terra, si è imbattuto nel Declino della Civiltà Occidentale ed ha deciso di scrivere la colonna sonora per il tramonto del Sogno Americano nel quarto “Powertrip”. Raccoglieva così i favori del pubblico di nuova generazione, che pretendeva un confronto diretto con la società contemporanea ed un suono meno “escapista”, più urgente e diretto.
Agli estremi opposti est/ovest degli U.S.A., i ciclopi del New Jersey, Monster Magnet, e gli UFO del deserto californiano, Kyuss, si sono imposti come leader della rivoluzione stoner rock, una forma di psychedelia debitamente indurita da massicce iniezioni di detonanti riffs à la Black Sabbath/Blue Cheer.
La scissione dei Kyuss, simbolo inusuale di nuova vita freak isolata fra le dune desertiche e lontana dalle contraddizioni delle grandi metropoli, ha lasciato un vuoto difficilmente colmabile. L’eredità del gruppo di Palm Springs è tramandata da quattro album superbi, modelli insuperati di reinvenzione del suono heavy-psychedelico, e dalle memorie di uno show devoto alla old school lisergica: lunghe improvvisazioni strumentali dirette dal chitarrista Josh Homme in un tripudio di luci stroboscopiche, mentre lo “strafatto” vocalist John Garcia si aggirava danzando/barcollando sul palco…
La scomparsa dei Kyuss ha aperto la caccia a possibili “pretendenti” alla successione, poi legittimamente reclamata innanzitutto dai Queens Of The Stone Age, il nuovo gruppo di Homme, ma anche dagli sfortunati Unida del carismatico Garcia.
Entrambi avevano affrontato un passaggio interlocutorio: la prima versione dei Queens si chiamava Gamma Ray, ed il singolo d’esordio “If Only Everything” (1996, Man’s Ruin) era indice di un cambio di rotta, in apparenza un connubio fra “Wild Thing” dei Troggs e “I Wanna Be Your Dog” degli Stooges, con lo stesso Josh ad intonare un chorus narcotico/melodico; si sarebbero ribattezzati QOTSA per scongiurare l’omonimia con la ben nota banda heavy metal tedesca. John invece aveva svoltato con gli Slo Burn, stilisticamente molto affini ai Kyuss come si evinceva dall’EP “Amusing The Amazing” (1997, Malicious Vinyl), poi sembrava sul punto di decollare con gli Unida, potenziali nuovi Druidi della Stoned-henge californiana.
Ma gli originali Kyuss avevano acceso passioni un po’ ovunque, ed il Vecchio Continente non è rimasto insensibile al loro ardore. I nuovi gruppi inglesi che partendo dal doom metal resuscitato dai Cathedral si sono diretti verso la psychedelia, specie Acrimony, Electric Wizard ed Orange Goblin, hanno a loro volta costituito una “nuova frontiera” dello stoner rock nella seconda metà degli anni ’90.
In materia di evoluzioni del doom, delle quali mi sono occupato nel precedente articolo, gli stessi Kyuss avevano pagato l’immancabile tributo all’ormai dilagante lezione dei Black Sabbath: superfluo ribadire quanto l’ombra dei maestri di Birmingham incombesse sull’intero scenario rock dell’epoca. L’ultimo “testamento” discografico dei Kyuss, un 10 pollici in vinile viola su Man’s Ruin (etichetta-cult di Frank Kozic consacrata allo stoner) presentava infatti un devastante rifacimento di “Into The Void”, caratterizzato dall’atipico break strumentale, chitarra-psyche su ritmi tribali latin rock, prima di riallacciarsi al tonitruante tema sabbathiano.
A posteriori, possiamo celebrare lo stoner rock come retaggio fondamentale dell’underground anni ’90. Ha rappresentato una delle rare vie di fuga per quel panorama musicale forse avviato irrimediabilmente verso il declino, incarnando un suono violentemente trascendentale che coinvolgeva l’audience in un “trip senza allucinogeni”… Perché, come sostiene saggiamente l’immarcescibile guru degli Hawkwind, Dave Brock: “Non è affatto necessario assumere droghe per apprezzare questo tipo di musica, basta entrarci con la mente.”
Sons Of The Stoner Age: 1990-2002
All’inizio del Terzo Millennio, i Queens Of The Stone Age hanno spalancato una porta verso il futuro del rock, ma non hanno creato una vera e propria scuola di apprendistato musicale, unici nel loro lucente isolamento.
Prima di loro, altri valorosi gruppi hanno contribuito a rendere lo stoner/doom rock, sovrano dell’underground (non certo delle classifiche) negli anni ’90. I fatali tredici anni fra il 1990 e il 2002 hanno rappresentato l’”età dell’oro” di questo genere musicale. Con la loro portata innovativa, si può dire che i QOTSA abbiano chiuso idealmente questo ciclo di grande fermento creativo. Celebriamo di seguito i più significativi Figli dell’Era Stoner Rock.
KYUSS
E’ la fusion orchestra ultra-elettrica Kyuss a vantare il maggior numero di imitazioni fra gli stoners, sebbene non abbia mai gradito questa definizione, preferendole il più caratteristico “desert rock”; grazie al geniale contributo del produttore Chris Goss (di fama Masters Of Reality), il gruppo di Palm Springs ha forgiato un suono tellurico, canicolare e polveroso come il clima del deserto in cui ha vissuto, ma provvisto del senso di mistero suggerito dalle spettrali visioni notturne delle dune sabbiose. Ben ricordo lo shock subito al primo ascolto di “Thumb”, in apertura del secondo album “Blues For The Red Sun”: una micidiale collisione fra primi Blue Cheer e Black Sabbath con rinnovata energia! Nemmeno il successo dei QOTSA ha cancellato il ricordo della claustrofobica galassia in cui si agitavano i Kyuss ed il loro imbattibile impatto emotivo heavy-psych. La riunione Kyuss Lives!, con gli ex membri capeggiati da John Garcia ad eccezione di Josh Homme, è giusto servita per concerti-tributo dal sapore nostalgico.
Discografia Essenziale:
- Blues For The Red Sun (1992, Dali/Elektra)
- Welcome To The Sky Valley (1994, Elektra)
- … And The Circus Leaves Town (1995, Elektra)
Il mexicano John Garcia resta il vocalist per eccellenza dello stoner, con il suo urlo alienato ed un innato talento nell’infondere dinamismo alla musica. Sepolti i Kyuss nelle sabbie del deserto, l’ha confermato negli Slo Burn e soprattutto negli Unida, che dopo un eccellente debutto discografico erano stati scritturati dall’American Recordings.
Forse per dissesti finanziari, nel 2001 l’etichetta li ha licenziati, dopo le registrazioni di un secondo album (con George Drakoulias, produttore di fiducia di Rick Rubin), rimasto confinato al bootleg reperibile in rete e ai loro concerti (“The Great Divide”). Vi figurava un’illuminante cover di “Stray” dei Leaf Hound. Sebbene Garcia abbia rilanciato lo stesso stile negli Hermano, il fallimento degli Unida – nonostante rituali riunioni postume – è stato un colpo fatale per il movimento.
Discografia Essenziale:
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Coping With The Urban Coyote (1999, Man’s Ruin)
I Monster Magnet del carismatico frontman Dave Wyndorf hanno legittimamente conteso ai Kyuss il titolo di suprema stoner band degli anni ’90, e più dei californiani hanno sfiorato il successo di massa con l’album del ‘98, “Powertrip”. Ma il gruppo di New York aveva fatto meglio in passato, con il suo rivoluzionario stile che combinava le sonorità plumbee dei Black Sabbath, la febbrile vena garage punk degli Stooges e le sperimentazioni space rock degli Hawkwind. Con l’album “Monolithic Baby!” si sono autorevolmente inseriti nel filone del rock’n’roll Detroit-style, tornato a far tendenza (da Hellacopters a White Stripes): una matrice da sempre ben presente nella loro musica. Il chitarrista Ed Mundell ha militato parallelamente anche nei più che efficaci Atomic Bitchwax.
Dopo aver rischiato la morte per overdose nel 2006, Wyndorf si è ristabilito ed i Monster Magnet sono tuttora autorevolmente attivi. L’ultimo album di studio, “Mindfucker”, è del 2018.
Discografia Essenziale:
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Spine Of God (1991, Caroline/Glitterhouse)
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Superjudge (1993, A&M)
- Dopes To Infinity (1995, A&M)
E’ il trio californiano che ha inventato il termine stoner rock, regalando un’inusuale espansione lisergica alle ossessive matrici doom, nel seminale album “Holy Mountain”.
Dopodiché gli Sleep venivano addirittura scritturati da una major, London, con la quale pretesero di realizzare un disco inaccessibile, costituito da un unico monolito heavy di oltre 50 minuti, “Jerusalem”. Cacciati dalla label, si sciolsero nel ’97, ma la realizzazione postuma di “Jerusalem” (lo stesso album anche con il titolo originale, “Dopesmoker”) diventava un termine di paragone difficilmente eguagliabile per ogni ipotesi di stoner estremo.
In seguito il chitarrista Matt Pike è stato leader dei devastanti High On Fire, dall’impronta più spiccatamente metal. Si sono rifondati nel 2009, rimanendo fedeli a loro stessi con il quarto “The Sciences” (2019).
Discografia Essenziale:
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Sleep’s Holy Mountain (1993, Earache)
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Jerusalem (1999, Rise Above) / Dopesmoker (2003, TeePee)
Fra le prime e più popolari formazioni del movimento stoner.
Il leader Scott Hill non è passato alla storia come un genietto del rock, però il chitarrista di Orange County ha saputo traghettare con successo il suo gruppo oltre le secche della scissione successiva all’album “In Search Of…”, giungendo fino al sorprendente tentativo d’emulazione dei Deep Purple in “California Crossing”.
Fu Manchu restano sinonimo di fuzz hard rock roboante come i motori di grossa cilindrata prediletti da Scott, ma animati da furore ed attitudine riconducibili anche al punk. Sono rimasti tenacemente operativi, addirittura tentando mosse evolutive post-stoner alla QOTSA, nei lavori per la Century Media.
Discografia Essenziale:
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In Search Of… (1996, Mammoth)
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King Of The Road (1999, Mammoth)
Trio dimissionario di ex-Fu Manchu, pilotato nella stratosfera da Eddie Glass, chitarra solista ed anima psichedelica della formazione di “In Search Of…”. Non è un caso dunque se lo stile dei Nebula verte sull’hard rock lisergico, andato progressivamente affinandosi nel prosieguo della loro storia discografica, mai abbastanza apprezzata oltre la nicchia dei conoscitori. Dopo una “morte apparente” circa decennale, Glass ha rimesso in orbita i Nebula con un album convincente, “Holy Shit” (2019) licenziato dall’etichetta italiana Heavy Psych Sounds.
Discografia Essenziale:
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To The Center (1999, Sub Pop/Sweet Nothing)
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Charged (2001, Sub Pop/Sweet Nothing)
Un’altra banda pionieristica, focalizzata sulla presenza di spicco del chitarrista e vocalist Scott “Wino” Weinrich (già membro dei St. Vitus); nelle sue file sono inoltre apparsi Scott Reeder (Kyuss, Unida), Guy Pinhas e Greg Rogers (poi fondatori dei Goatsnake). The Obsessed hanno gettato le basi per un illuminante tentativo di evoluzione spirituale-lisergica del doom-rock, che Wino proseguirà negli Spirit Caravan, ed in parte, negli Hidden Hand. Seminali.
Discografia Essenziale:
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Lunar Womb (1991, Hellhound)
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The Church Within (1994, Hellh./Columbia)
Fondamentale gruppo di Chicago, emerso grazie all’esplosione dell’heavy metal americano negli ’80 fra i pionieri del doom, ma che ha saputo rinnovarsi aprendo alla psychedelia, in seguito al contratto con la Def American di Rick Rubin. L’album omonimo del 1990 (da non confondersi con il debutto su Metal Blade, poi chiamato “Psalm 9”), precede tanti altri nell’introdurre influssi Floydiani accanto al classico modello Black Sabbath, ed è fonte d’ispirazione di tutta la generazione stoner del decennio appena iniziato.
Il grande cantante Eric Wagner venne convocato nei Probot (2004), celebre progetto metal del vulcanico Dave Grohl (Foo Fighters ed ex Nirvana), fan dichiarato dei Trouble.
Proprio la dipartita di Wagner nel 2008 comprometterà il loro destino; proseguiranno, rimpiazzandolo inizialmente con Kory Clarke dei Warrior Soul (!) ma in tono minore.
Discografia Essenziale:
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Trouble (1990, Def American)
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Manic Frustration (1992, Def American)
Si è potuto parlare di “supergruppo” anche nella scena stoner quando cinque musicisti originari di New Orleans, tutti più o meno famosi, decisero di riunirsi per registrare un album immolato alla comune passione per i Black Sabbath e per i loro proseliti degli anni ’80, ossia Trouble, Pentagram, Saint Vitus. Quell’album, “NOLA” uscì nel 1995 a nome Down, e vi suonavano: Phil Anselmo, vocalist dei Pantera, Pepper Keenan, chitarrista e voce dei Corrosion Of Conformity, oltre a tre membri dei Crowbar: Kirk Windstein (chitarra), Jimmy Bower (batteria) e Todd Strange (basso), poi sostituito da Rex Brown dei Pantera.
Fin da subito, il quintetto ha rivelato una predilezione per titoli di grande effetto (“Bury Me In Smoke”) confermata anche nel secondo “Down II: A Bustle In Your Hedgerow”. Al di là delle rabbrividenti suggestioni di “Lysergik Funeral Procession” o “Ghosts Along The Mississippi”, i progressi rispetto all’opera prima sono netti, ed il gruppo ha realizzato una combinazione davvero personale di doom-rock e psychedelia, con un tocco unico di diabolica “anima nera” del blues, che sembra scaturita dalla tradizione esoterica della New Orleans voodoo. Un gran disco.
Discografia Essenziale:
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NOLA (1995, Columbia)
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Down II: A Bustle In Your Hedgerow (2002, Elektra)
Siccome il mondo è fin troppo vario, c’è chi li aveva fraintesi come plagiari dei Black Sabbath; in realtà i Cathedral hanno portato un’inedita voglia d’avventura nelle gotiche vestigia del doom metal.
Guidati da un guru del moderno rock sotterraneo come Lee Dorrian, ex-vocalist dei Napalm Death e titolare dell’etichetta Rise Above, Cathedral hanno saputo evolversi dall’originale matrice death, fino a stabilire intriganti connessioni con il progressive, la psychedelia, e naturalmente lo stoner. Nell’EP “Statik Majik”, esprimevano il loro amore per l’underground Seventies in un’estesa suite, “Voyage Of The Homeless Sapien”, ma è stato impossibile andar oltre “Endtyme” in termini di abissali profondità metalliche.
Sciolti nel 2013 dopo l’album finale “The Last Spire”, Dorrian ed il chitarrista Gaz Jennings hanno letteralmente cambiato pelle nei Septic Tank.
Discografia Essenziale:
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The Carnival Bizzarre (1995, Earache)
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Endtyme (2001, Earache)
Una delle più influenti formazioni stoner/doom britanniche, colonna portante dell’etichetta cult Rise Above, Electric Wizard provengono dalla “zona morta” del Dorset e sono specchio di un’esistenza da emarginati autentici, vissuta ai confini della legalità e a rischio di overdose, subendo l’influsso del satanismo.
Un mix allucinante, acuito dalle letture del maestro horror H.P. Lovecraft, che ha reso l’EP “Supercoven” la loro opera più agghiacciante e riuscita, una sorta di evocazione rituale, superiore a qualsiasi mefistofelica ipotesi black metal. In ogni manifestazione, il chitarrista Jus Oborn ed i suoi compagni di sventura (dal 2003 con una rinnovata line-up) hanno sempre tenuto fede al loro credo inoppugnabilmente heavy, fino ai giorni nostri.
Discografia Essenziale:
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Supercoven EP (1998, Bad Acid) / Supercoven-extended (2000, Southern Lord)
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Dopethrone (2000, Rise Above)
Nel gennaio 1995, dal circuito dei club londinesi emergono gli Our Haunted Kingdom: la leggenda vuole che Lee Dorrian li scritturi per la Rise Above dopo un solo show, da supporto ai futuri compagni di scuderia Electric Wizard.
Insieme a questi ultimi, i ribattezzati Orange Goblin si candidavano a punta di diamante dell’underground inglese con il debut-album “Frequencies From Planet Ten”: distillato da peculiari radici doom, psichedeliche ed early ‘70s, che come la Mandragora si trovano solo nel sottobosco incantato della profonda Inghilterra, è uno stupefacente ibrido fra Sabbath e Pink Floyd: un classico della Stoner Age. Raggiungono la maturità espressiva fra pachidermici riffs e sprazzi lisergici sulla scia dei Monster Magnet con il terzo album “The Big Black”.
In seguito il loro sound si consolida/irrigidisce sulla forza d’urto: “si tratta semplicemente di heavy metal, brit-style!”… Lo afferma il vocalist Ben Ward ed è così attualmente.
Discografia Essenziale:
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Frequencies From Planet Ten (1997, Rise Above)
- The Big Black (2000, Rise Above)
Fra i più emblematici artefici del contributo europeo alla causa stoner, ricordiamo gli olandesi 35007 (ruotando il numero di 90° in senso antiorario, si legge Loose, e Loose Conspiracy era il nome del nucleo iniziale). Abbagliarono tutti gli appassionati con il secondo, omonimo album per l’etichetta tedesca Stickman; uno sfavillante arcobaleno irradiato fra passato e futuro dello space rock, rendez-vous galattico fra Pink Floyd e Monster Magnet. Il continuo, spettacolare fronteggiarsi delle tastiere con la chitarra, che spesso confluisce nella turbolenza ritmica in un rapporto mai scontato, è grande motivo di attrazione di questo peculiare esperimento electro-stoner. Nel finale, “Locker” suona come un’onirica elaborazione del riff di “No Quarter” dei Led Zeppelin! Si sono dissolti nella luminescenza delle stelle, anno 2005, dopo la riconversione in gruppo strumentale per l’abbandono del cantante Eeuwout Baart.
Discografia Essenziale:
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35007 (1997, Stickman)
Gli svedesi Spiritual Beggars furono invece antesignani della svolta retro rock – e dunque proto-stoner – risolta in creativa musica heavy d’ispirazione Seventies. Fondati da Michael Ammott (anche negli Arch Enemy), ex-grinder con Carnage e Carcass, ma ansioso di recuperare il valore storico della chitarra solista come fonte di emozioni e feeling, rilanciavano la formula del power-trio nell’album per la Music For Nations, “Another Way To Shine” (1996). Il desiderio di rivivere musicalmente i tempi eroici delle origini hard rock li ha convertiti all’antico sortilegio del confronto fra chitarra ed organo Hammond, quando sembrava ormai riposto nei musei d’archeologia rock. Il dualismo fra lo stesso Amott ed il tastierista Per Wiberg (che suonerà pure negli Opeth) caratterizza il terzo “Ad Astra”, che a suo modo restaura il glorioso stile di Deep Purple, Uriah Heep ed Atomic Rooster, questi ultimi espressamente citati come influenza del gruppo, tuttora in vita.
Discografia Essenziale:
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Ad Astra (2000, Music For Nations)
L’omonimo debut-album, che oltre al chitarrista e vocalist Josh Homme include gli altri ex-Kyuss, Nick Oliveri (basso) e Alfredo Hernandez (batteria), esce per la Roadrunner nel ’98. Finalmente i loro piani sono scoperti, dal laboratorio dei Queens fuoriesce una sorta di suono garage futuristico, misto a trance rock dai fraseggi robotici; un po’ deviante rispetto alla fornace heavy-psych dei Kyuss.
Scritturati dalla Interscope, QOTSA realizzano nel 2000 il debutto major, “Rated R”, che diventa la pietra filosofale del rock alternativo proiettato nel Terzo Millennio, fra unanimi ovazioni. C’è sempre il produttore Chris Goss, ma l’”orchestra del deserto” si avvale di nuovi contributi: Mark Lanegan e Martin Barrett degli Screaming Trees, Dave Catching ed altri membri degli Earthlings?, addirittura Rob Halford (Judas Priest), ai cori nel trasgressivo inno agli stupefacenti, “Feel Good Hit Of The Summer”. Tenaci sedimenti di Velvet Underground e Devo cementano il nuovo corso.
QOTSA atto terzo, “Songs For The Deaf”, allestisce ancora volubili line-up attorno al duo Homme-Oliveri, e la più importante new entry è quella di Dave Grohl (Foo Fighters) alla batteria; con lui ritroviamo Lanegan e Chris Goss, così i mutanti QOTSA realizzano per acclamazione un altro “album dell’anno”. Nonostante l’immane riff della title-track, un inventivo omaggio alla scuola Black Sabbath, la loro peculiare formula robotica si arricchisce di nuovi stimoli, accentuando il taglio pop-pysch delle melodie, oblique e vellutate.
Siamo nel 2002, il passato è alle spalle, l’era POST-STONER è ufficialmente iniziata. Quindici anni dopo, é ancora incensato dalla critica l’ultimo album “Villains”.
Discografia Essenziale:
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Rated R (2000, Interscope)
- Song For The Deaf (2002, Interscope)
… e come dimenticare grandi gruppi come Core, Acrimony, Clutch, Fireball Ministry, Karma to Burn, Tumbleweed, Lowrider, Red Giant, Sheavy, Thumlock, Celestial Season, Mammoth Volume, Solarized, Atomic Bitchwax, Dozer e compagnia cantante. Tanta bella roba dei primi gloriosi anni del genere! Personalmente ero pure convinto che lo stoner rock potesse sostituire il grunge, che era al tramonto, nei favori del pubblico giovane e issarsi in cima alle classifiche, ma fui pessimo profeta, probabilmente non ci fu la vera rockstar da copertina, diciamo l’Eddie Vedder o il Kurt Cobain dello stoner, che potesse fare da traino a tutto un movimento. Ciao.
Ciao Ale, l’articolo che hai commentato era un po’ un compendio di vari scritti su Rockerilla anni ’90, perché lo stoner rock in quel decennio era il genere d’attualità che ho maggiormente trattato. Infatti il mensile era diventato un punto di riferimento per gli appassionati di quella tendenza. Penso di aver recensito tutti i nomi che hai citato e molti altri…Il problema a mio avviso è che a parte i Monster Magnet più accessibili, gli esponenti dello stoner non sono passati alla storia per canzoni memorabili, e per questo si fatica a ricordarli. Spunti musicali interessanti però ne hanno realizzati molti, riportando in auge certo retro-rock creativo stile Seventies, fra l’altro. Grazie.
Ciao Beppe
volevo un tuo giudizio sui VINUM SABBATUM, band finlandese con suoni VINTAGE dannatamente anni ’70, con tanto di Hammond al seguito.
io li ho scoperti per caso, e devo dire che se anche non possiedono il tocco di originalità, li trovo piacevoli.
insomma un tuffo nel passato a fianco di band come WITCHCRAFT, BLOOD CEREMONY, WOLVESPIRIT, WOLVESPIRIT, WUCAN ecc. ecc.
Ciao Lorenzo, essendo cresciuto con sonorità hard rock d’inizio ’70 mi piace il feeling dei Vinum Sabbatum (da non confondere con il gruppo stoner doom quasi omonimo, Vinnum Sabbathi). Chi invece non ama sonorità retro-rock (lo evinco anche dalle reazioni sul Blog) difficilmente ne resterà ammaliato. Peccato perché questo stile merita di resistere, almeno a livello cult-underground. Giusto dunque affiancarli alla truppa che citi. Grazie per il commento un po’ fuori dalla norma.
Ciao Beppe
purtroppo oggi il mercato stoner/doom ecc. è saturo di band mediocri che vanno a mischiarsi e a confondersi con chi merita davvero.
lo stoner mi ha incuriosito fin dagli albori con band come kyuss, qotsa ecc., però non mi ha mai entusiasmato più di tanto per via di quella zavorra pesante che si portano dietro, nonostante ci siano anche buone proposte.
penso che se i Nebula fossero stati meno “pesanti”, sarebbero potuti essere i Blue Cheer del terzo millenio.
per quanto riguarda il Doom, anche qui quando si mischia con lo stoner, il suono diventa abbastanza confuso.
penso che i Saint Vitus siano la band per eccellenza degli anni ’80, degni eredi dei Sabbath e dei Pentagram e Wino è il Guru che ha fatto la storia di questo genere negli ultimi 40 anni.
discorso a parte meritano i Monster Magnet, dove l’heavy fine anni ’60 si mischia con lo space rock degli Hawkwind, il tutto condito di psichedelia.
Ciao Lorenzo, purtroppo le ultime leve dello stoner/doom generalmente non brillano per originalità, mentre negli anni ’90 l’epoca era largamente più favorevole. Va detto che la regola vale un pò per tutti i generi…Difficile ricreare la scintilla creativa, la freschezza degli albori di ogni formula musicale, fatte le debite eccezioni. Si potrebbero fare esempi a ripetizione. Personalmente ho grande considerazione di Kyuss e Monster Magnet al top della forma. Fra le doom bands che si sono rinnovate nell’arco della carriera, meritano di esser ricordati i Trouble del cantante Eric Wagner, purtroppo deceduto l’anno scorso. Grazie di lettura/commento a posteriori, gli articoli “rimangono” anche per quello.
Come sempre articolo fantastico che tratta tra le mie bands preferite : Monster Magnet, Kyuss, Fu Manchu, gli incredibili Trouble, gli Spiritual Beggars, i grandissimi Down…. MERAVIGLIA!!!!
Si Giorgio, soprattutto negli anni 90 erano formazioni-top. Peccato che non tutti se ne siano accorti. Il loro contributo, in equilibrio fra retro-rock ed innovazione, è stato importante. Grazie, ciao
Ottimo articolo, Beppe..annoverei anche i Firebird, anche se sono più ” Heavy Blues ” con alcuni pezzi stoner
Grazie Armando; dei Firebird di Bill Steer, un “estremista” convertito alla classicità (del rock) ho parlato a più riprese negli ultimi anni di collaborazione con Rockerilla, e li ho apprezzati. Ma questa retrospettiva era dichiaratamente focalizzata sugli anni ’90, con i QOTSA quale terminale in chiusura e prima entità post-stoner; la discografia dei Firebird, come ben sai inizia nel 2000, ecco il motivo dell’esclusione. Inoltre, non c’era la pretesa di esaurire l’argomento, un articolo riepilogativo non può essere enciclopedico, bisogna operare delle scelte, motivandole. Ciao
Ciao Beppe, non sono un grande fan del cosiddetto stoner rock, ricordo comunque che il genere ebbe una sorta di sviluppo e – piccola – esplosione a livello di pooplarità nei primi anni 90, parallelamente al grunge. Per chi non ha mai digerito, o apertamente rifiutato il grunge (come nel mio caso), band come i Monster Magnet o i Down (grandissimi soprattutto nel primo disco) in qualche modo rappresentarono una boccata di ossigeno rispetto a gente come Nirvana o Pearl Jam (e adepti ancora peggiori).
Per quel poco che so, lo stoner mi pare un fenomeno più americano che europeo, di conseguenza gente come Cathedral, Spiritual Beggars e tutte le band europee le vedo più legate all’hard rock ed occasionalmente al metal. Infatti tu citi i Blue Cheer, americani, e mi sembra che l’origine del genere possa ricondursi indubbiamente a loro, oltre agli ovvi Black Sabbath.
Discorso a parte per i Trouble e gli Obsessed (e magari anche Saint Vitus); in loro io sento più che altro metal, di ispirazione doom , ma comunque metal.
Vista la varietà dei gruppi citati, è soprattutto questione di gusti (poi non è che sia una gara), ma secondo il mio modesto parere lo scettro dei migliori va ai Trouble.
Bell’articolo come al solito.
Lorenzo ciao, ovviamente “stoner” è un’etichetta come tante altre, che raggruppa artisti spesso di estrazione e radici musicali ben differenti. Tutte le componenti che citi sono ben presenti nel “genere”, come ho cercato di spiegare; Cathedral in prima battuta e loro affini inglesi hanno certamente un’ossatura metal, ma le trasformazioni psyche e progressive sono evidenti, variano anche da un disco all’altro degli stessi artisti. Rispetto ai gruppi metal più riconoscibili degli anni ’80, questi mutavano maggiormente la loro identità. Però il fattore “stoner” è a mio avviso ben presente in ognuno di essi. E consideriamo che a livello di influenza ricevuta, gli onnipresenti Sabbath battono largamente gli stessi Blue Cheer. Comunque sia, prendete posizione che è sempre positivo. Grazie
Ciao Beppe, Grande post!
Una piccola enciclopedia
Stoner. L’ultima (?) scintilla nel rock. Personalmente lo apprezzo molto . Oggi preferisco comparare un disco di una piccola derivativa band stoner, magari dell’ottima etichetta Small Stone, che l’ennesima ristampa celebrativa. Nn so se è peggio sentire i nuovi remix dell’ultimo presunto guru o le infinite alternative tracks (con Ozzy che rutta o Bill Ward che scoreggia prima di War Pigs). Se le versioni originali sono diventate delle pietre miliari ci sarà un motivo…
Grazie Ale, se non una “piccola enciclopedia” l’intento era quello di realizzare un’esauriente (certo non esaustiva!) guida all’ascolto, anche se ovviamente sono rimasti esclusi gruppi più che meritevoli di menzione. Presumo che nel tuo mirino sia finita l’imminente “de luxe edition” di “Vol.4” dei Sabbath. Sicuramente queste “infinite” tracce alternative sono proposte per ingolosire i fans che vogliono aver tutto il possibile dei loro amati gruppi; il fine commerciale è evidente, però è anche vero che i nuovi box sono spesso fatti con cura e ci riportano nostalgicamente ad epoche irripetibili della nostra grande musica preferita. Perfettamente legittimo operare le proprie scelte a riguardo. Ti saluto!
Ciao Beppe, sarò sincero ma tra le band che hai citato in questo post oltre ai Trouble conosco poco se non di nome per sentito dire… Penso che comunque se tu le reputi valide il loro merito sia indiscusso… Purtroppo sono dell’idea che ormai il Rock già da metà dei 90 abbia finito di essere interessante tranne qualche caso isolato ed il riciclo di quello che è stato veniva spacciato per innovazione da una nuova generazione di critica che non ha di sicuro il background e la cultura di chi ha vissuto gli albori di una scena come te ad esempio.
Non a caso ho letto spesso di gruppi e dischi che ai loro tempi non godevano di troppa stima rivalutati oltre misura da chi si improvvisa a recensore pur non avendo l’età anagrafica per aver vissuto gli anni di quando questi gruppi e dischi uscivano..
Lo stoner sicuramente è stato ed è un genere alternativo a quanti puntavano le luci su generi che avevano più risalto commerciale come il NU metal o peggio al riciclo inconcludente di Power metal e progressive ma in me non ha sortito effetti eclatanti come chi ha creato il suono originario ispiratore.
Roberto ciao, il tuo commento è davvero interessante perché riflette le perplessità di tanti appassionati sugli itinerari del rock dagli anni ’90 in poi. Giustamente punti il dito contro il riciclo del power metal (oppure prog) e sul nu-metal devo dirti che pur avendolo seguito, non mi ha mai entusiasmato. Invece ho amato lo stoner per le ragioni che ho cercato di spiegare ampiamente nell’articolo. Penso che fosse doveroso occuparmene e che gruppi quali Kyuss e Monster Magnet meritassero ampiamente l’attenzione dei fan “storici” dell’hard’n’heavy. Sono soddisfatto pertanto di aver ricapitolato questa Stoner Era, anche se capisco non sia tema di particolare risalto per i lettori. Chi ama i Black Sabbath dovrebbe assolutamente ascoltare molti di questi gruppi, hanno fatto del loro meglio per “attualizzarne” la lezione. Per chiunque sia interessato la discussione resta aperta. Grazie